I migranti: amici o nemici? (titolo originale)

Roic è in assoluto il più veloce. Al suo cospetto Speedy Gonzales non era che un misero dilettante. Stamani ero impegolato (non ho impegni sino alle 18, se ce n’è uno che non ha niente da fare, quello sono io) in una spiacevolissima disputa su Facebook con Fabio Pontiggia a proposito del “caso Aylan” ed ecco che Roic si intromette. Oh benvenuto. Gli scrivo: “Mi fai un pezzo sui migranti? Ma che sia FUORI DI TESTA, sennò non mi serve”. Il tempo di bere il caffè e di scendere a comprare il giornale… Facciamo un confronto. Con un noto politico avevo concordato un’intervista in forma scritta. Aspetta, aspetta: un giorno, due giorni, tre giorni, una settimana… Allora gli mando una mail: “Onorevole, guardi che la Divina Commedia è già stata scritta. Se n’è occupato Dante Alighieri!”

La frase cruciale di Roic è quella al punto 10), l’ho evidenziata in rosso fuoco. Parla del numero dei migranti. Io preciserei il concetto: numero indeterminato e indeterminabile. Centomila? Un milione? Dieci milioni? Anghela ha detto: “Non ci sono limiti” ma io mi (vi) domando: non è una dichiarazione folle?

Viviamo giorni tremendi, pervasi da una violenta isteria e costellati di zuffe indecorose, dove poche (troppo poche) sono le persone che sanno tenere a posto i nervi e il cervello.

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Roic 123 (2)Allora, Francesco De Maria mi chiede di scrivere un pezzo “fuori di testa” sui migranti su Ticinolive. Lo accontento: il pezzo esce interamente dalla mia testa e per alcuni sarà estremdi o, per altri condivisibile e razionale. Succede così con i temi caldi.

1) Scrivo un romanzo: delle genti provenienti dall’Africa, guidati da un ragazzo albino che memorizza il percorso compiuto e in questo modo crea il linguaggio, arrivano in un’Europa spopolata. Vi trovano gli ultimi abitanti autoctoni, rossi di capeli, bianchi di pelle. L’albino, essendo bianchissimo, non dispiace agli autoctoni, che lo accolgono come fosse uno di loro. Dall’unione dell’ultima rossa con il primo degli arrivati (un albino della razza dei neri) nasce la nuova umanità, la nostra (oggi come oggi dal 2 al 4% del nostro DNA è neanderthaliano – il DNA dei “rossi” originari; noi, a parte l’albino, quarantamila anni fa eravamo i neri “invasori”).

2) Esco in strada, nel centro di Lugano: vedo dei neri che parlottano all’angolo. Che cosa pensano LORO di noi? Ci vedono come dei neanderthaliani, pronti a farsi da parte per lasciare loro il posto e le opportunità che presenta, oppure sono esseri umani come noi, piuttosto contenti di trovarsi in un posto pacifico dove nessuno ti spara o ti butta le bombe addosso?

3) L’immagine del bambino Aylan sulla spiaggia dell’isola greca. Un vecchio detto ebraico dice: chi salva una vita, salva il mondo intero. Il bambino è morto. Oggi è il simbolo di molte, moltissime morti (per mare, per terra, sotto le bombe). Io dico: chi prova pietà per un bambino morto così, prova pietà per il mondo intero.

4) Che cos’è la pietà? È incoscienza, follia o il sentimento che unisce gli uomini fin dai tempi di quel primo immaginario incontro? Io immagino che sia avvenuto in una di quelle grotte croate celanti gli ossari dei sapiens e dei neanderthal, mischiati.

5) Un tempo, gli incontri tra esseri umani diversi erano rari, molto più rari, c’era spazio, molto spazio, per tutti quanti. Oggi non è più così, il modo si è ristretto, le città si sono ingrossate, alcuni non vogliono che quelli un po’ diversi da loro passeggino fra le aiuole e i palazzi del benessere. È giusto, è sbagliato, è folle, è razionale? Ma l’umanità è come la natura, trova sempre una via, non la puoi escludere.

6) Ed allora, provateci voi, che siete determinati a separare le genti, ad escludere coloro che sono determinati (a costo della morte) a venire fra le vostre aiuole e i vostri palazzi. Mission impossible.

7) Quindi, si pone il problema di regolare gli arrivi. C’è chi dice che la cosiddetta “invasione” sia stata prodotta a tavolino per far arrivare da noi dei “nuovi schiavi” e che ci sia un disegno mefistofelico dietro alle migrazioni, che sarebbero in realtà indotte. Se fosse davvero così, come mai quei duri di cuore degli australiani proteggono così pervicacemente le loro coste nonostante un paese immenso (un continente) dove poter sistemare tutti quei nuovi schiavi che potrebbero trasformare il deserto in un giardino?

8) Se l’ipotesi del complotto schiavista non regge, che cosa ci rimane? Forse la consapevolezza che in un mondo rimpicciolito dalle comunicazioni l’aiuola e il bel palazzo sono visibili a migliaia di chilometri di distanza, e le genti si muovono per raggiungerli, a costo della vita.

9) Arrivano a costo della vita. Ma spesso sono giovani e forti. Quando si ambientano da noi sono quasi sempre ottimi lavoratori e la seconda generazione dei loro figli ambisce a far parte interamente del paese che ha accolto i genitori. Pagano le tasse anche per noi vecchi autoctoni, ci tengon su le assicurazioni sociali, affinchè non vadano in tilt, lavorano e spesso stanno zitti a viversi le loro vite strane (per noi) e sorprendenti (una volta che ci capita di conoscerle). Che male ci fanno?

10) Il “male” è dato dal numero, dicono alcuni. Si dice: ci invadono, cambiano i nostri costumi, alla fine diventeremo come loro. Tutti questi discorsi sono proiettati al futuro. Ma analizziamo un attimo il passato: la Svizzera, il nostro amato paese dove abbiamo la fortuna di vivere in pace, è stata invasa negli ultimi decenni da popolazioni barbare, rissose, scalmanate? La globalizzazione non è una cosa di ieri, eppure la Svizzera se la cava benissimo nonostante tutte queste presunte invasioni. Forse, chissà, abbiamo davvero la capacità di assorbire e di valorizzare la gente che arriva da noi. E i nostri costumi e i nostri valori sono esattamente, o quasi, quelli di ieri e di ieri l’altro. Senza dimenticare che i costumi e i valori non sono fissi, evolvono, pian piano, come quei neri del passato (noi) che, vivendo in Europa, sono diventati bianchi.

11) La questione si può porre anche in questi termini: il ricco Occidente, dedito al moderno lusso del vivere, sprovvisto di figli e gente che vuol fare figli, incontra il povero Oriente o Sud del mondo che, per tradizione, i figli li fa, eccome, e in questo modo dona all’Occidente nuova linfa e nuove opportunità per una società in grado di autoregolarsi tra assicurazioni sociali e speranza di vita sempre più lunga.

12) Dove sta il problema? In due facce nere all’angolo della mia strada? E se uno di loro fosse un albino, magari quello dell’inizio di questa storia?

Ps. Senza dimenticare che le nostre, le NOSTRE leggi svizzere sull’immigrazione, ci sono invidiate persino dalla potente Germania. Le leggi sono queste, l’accoglienza (r)esiste, di invasioni neanche l’ombra, quella santa donna accoglitrice della Merkel ci fa i complimenti: dove, ma dove sta la parte paurosa di questa storia?

Sergio Roic