Quelli che, col sedere al caldo, fanno finta di voler risolvere i problemi di chi ce l’ha al freddo.

(fdm) Questo articolo, audace e anticonformista, è stato scritto in esclusiva per Ticinolive. Ma può essere ripreso da altre testate, previa citazione della fonte.

Rivo Cortonesi_I LIBERISTI_aggiornata 1Intendo, l’avrete capito dal titolo, togliermi qualche sassolino dalla scarpa. C’è una cosa che in questi giorni di campagna elettorale mi risulta particolarmente odiosa. I molti candidati alle federali di ottobre, che stanno sparando ad alzo zero contro gli imprenditori accusandoli di essere privi di “etica sociale”, perché approfitterebbero delle opportunità loro offerte dalla libera circolazione per lasciare a casa i residenti, preferendo i frontalieri. Le persone in assistenza, la disoccupazione, quella dei giovani e quella dei meno giovani, quella taroccata delle statistiche ufficiali e quella denunciata come vera da chi alle statistiche ufficiali non crede, sarebbero la conseguenza del comportamento cinico e perverso degli imprenditori ticinesi, piccoli e grandi.

Quindi l’uovo di Colombo consisterebbe nell’obbligare i datori di lavoro ad assumere i residenti a partire da un salario minimo di 4’000 franchi al mese, perché con meno, qui in Svizzera, pare non si viva. Fa niente se, al netto di tasse affatto esose, 4’000 franchi al mese sono lo stipendio medio mensile di un ingegnere tedesco, cioè di un “piccolo paese”, nostro concorrente, di nome Germania, dove un operaio generico riceve, sempre al netto tasse, uno stipendio medio di 22’000 franchi all’anno (sono euro, ma per semplificare ho tradotto in franchi con il cambio 1 a 1) e riesce a vivere dignitosamente perché il costo della vita in Germania glielo consente. Al contrario c’è tutto un affannarsi per dimostrare che “la crisi non esiste”; che quella del “franco forte” è già stata superata e messa via; che bisogna controllare, contingentare, coartare d’ufficio, perché gli imprenditori che non riescono a pagare “stipendi svizzeri” possono trasferirsi altrove, ed altre amenità del genere.

Coerente con il mio credo liberista di riconoscere i Comuni come massimo livello istituzionale tollerabile, appartengo al manipolo dei 35 candidati ticinesi alle federali di ottobre, che senza esitazione ha firmato contro l’accordo quadro sulla ripresa “dinamica” del diritto UE. Ho collaborato alla stesura della proposta di riforma costituzionale, a titolo CODEX HELVETICUS, che fa parte del nostro programma elettorale e che ha come obiettivo quello di riportare i Comuni al centro della vita istituzionale del nostro paese, la quale, alla raccomandazione R6.2.5, così recita: «La circolazione, per motivi di lavoro, di persone provenienti da paesi stranieri, è consentita nell’ambito della LEGGE COMUNALE dove la prestazione ha luogo. Il soggiorno, per motivi di studio o per turismo, è regolato dalla LEGGE GENERALE».

Altro che iniziativa del 9 febbraio 2014! Nel nuovo ordinamento proposto sono i cittadini di ogni singolo Comune, proprietari “conclamati” (non virtuali, come vorrebbero trasformarli gli accordi tra entità istituzionali superiori, come la Confederazione, gli altri Stati esteri e la UE) del territorio dove risiedono, a decidere, secondo i propri specifici bisogni e le proprie specifiche necessità, chi può venire a svolgere un’attività lavorativa (e che tipo di attività lavorativa) nel proprio Comune! E trovo dunque legittimo che siano i cittadini del Comune a mettere in campo tutto il loro armamentario di relazioni civiche per cercare di conseguire il pieno impiego dei cittadini residenti alle migliori condizioni economiche possibili. Ma questo deve avvenire con un rapporto stretto e collaborativo con i datori di lavoro, perché le ragioni degli uni e degli altri possano essere vagliate, discusse e infine sintetizzate in un rinnovato contesto di concordia civica.

Fotografiamo invece la situazione odierna: – da un lato una casta di cittadini, protetti per mano pubblica, inossidabili ad ogni tipo di crisi, impermeabili ad ogni condizionamento proveniente dalla congiuntura economica, abituati a vivere sotto l’ala protettrice dello Stato e del para-Stato, dal quale ricevono stipendi, spesso anche immeritati, che possiamo definire “fuori di testa” se rapportati a quelli di economie concorrenti, come ad esempio la Germania (non parliamo poi di quelle di altri paesi), dall’altro salariati esposti ad ogni starnuto dei mercati internazionali, agli effetti perversi delle svalutazioni monetarie competitive, alla fragilità e aleatorietà della congiuntura economica; -da un lato professionisti e aziende protette da cartelli e da sbarramenti doganali, abilitati (come è il caso del settore medico-farmaceutico) a depredare i propri concittadini come meglio pare a loro, dall’altro imprenditori che giocano tutta la loro azienda, il loro lavoro, i loro sacrifici, “senza rete”, come trapezisti incoscienti in perenne pericolo di cadere e di farsi male.

Quando la metà di un paese vive di protezionismo istituzionale e doganale e l’altra metà è cimentata ogni giorno con battaglie stile Marignano, bisogna sederci a un tavolo e cominciare a ragionare. Perché non è tollerabile che chi si trova a combattere al fronte contro un nemico esterno, potente e agguerrito, riceva ogni giorno cannonate nella schiena da chi se ne sta racchiuso nel ridotto del privilegio interno. E ancor meno tollerabile è che certi fighetti dai colletti inamidati, vengano ad atteggiarsi come angeli custodi dei soldati in trincea, blaterando dei massimi sistemi dai loro rifugi ovattati e volgendo contro chi combatte al fronte i suoi sicari, i suoi ispettori, la nuova “polizia militare”, che colpisce indiscriminatamente, in modo spesso arrogante e assurdo, ditte estere e ditte ticinesi insieme (so quel che dico e posso documentarlo).

Parlano di etica: ma è forse etico ricevere ogni mese stipendi fuori da ogni contesto di mercato senza il pudore di sentire “quanto sa di sale” il pane messo insieme da altri con il sudore della fronte? In realtà a questi signori di chi si trova al fronte, con il sedere al freddo, e dei suoi caduti non interessa un fico secco. Se interessasse loro qualcosa si renderebbero conto che i responsabili dell’elevato costo della vita in Ticino sono proprio loro e rinuncerebbero di buon grado almeno ad una parte dei propri privilegi. Per loro è solo un’occasione per piazzare altro personale ispettivo, ovviamente a “stipendio svizzero”, come si usa dire, tanto lo pagano quelli in trincea. Cito da uno scritto di Gianfranco Soldati apparso su Ticinolive: «Florian Schwab, competente redattore economico della “Weltwoche, scrive a proposito di vantaggi e svantaggi della libera circolazione: “Da anni si dibatte tra specialisti il problema a sapere se i trattati bilaterali siano vantaggiosi o no. Come di regola per l’economia accanto a dati favorevoli si hanno elementi sfavorevoli, in genere più facili da individuare dei primi”.

Il bilancio complessivo viene peggiorato dalle cosiddette “misure di accompagnamento” che teoricamente dovrebbero bastare per impedire il dumping salariale. Ma, come i ticinesi stanno sperimentando sulla loro pelle, tra la teoria e la pratica sta quel che sta tra il dire e il fare. Per verificare il rispetto delle misure di accompagnamento messe in atto occorre tutto un apparato sindacal-burocratico che ha i suoi costi. Nel solo 2014 in tutta la Svizzera sono state controllate più di 40’000 imprese. Ogni controllo costa mediamente qualcosa in più di 500 franchi, per un totale di oltre 20 mio. I cosiddetti GAV, contratti collettivi resi obbligatori dal CF, con contributi suddivisi tra datori a assuntori di lavoro, fanno la gioia dei sindacati e delle loro casse, ma all’economia svizzera costano circa 150 mio».

Insomma l’accanimento terapeutico con misure di accompagnamento ossessive è ipocrita, irritante, costoso e inconcludente. Gi effetti negativi della libera circolazione si combattono in due modi: riportando il pallino al centro del villaggio, cioè nei Comuni, e concertando con gli imprenditori le possibili soluzioni. Poi bisogna fare ogni sforzo per liberalizzare a tappeto là dove sono asserragliate categorie professionali e aziende protette e per eliminare i privilegi salariali degli ipocriti con il sedere al caldo.

Rivo Cortonesi, candidato al Consiglio nazionale per I LIBERISTI