Paolo Camillo Minotti, personalità molto apprezzata ed ascoltata nei quartieri della Destra, ha tradotto il libro “Il metodo Blocher. Manuale di direzione” del quale abbiamo già parlato. Francesco De Maria lo ha intervistato nella data fatidica di questo 9 dicembre.

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Blocher Brändli yFrancesco De Maria   Come si è giunti all’idea di pubblicare un’edizione italiana del libro di Christoph Blocher? Chi ha fornito i mezzi?

MinottiPaolo Camillo Minotti   L’iniziativa di pubblicare una traduzione italiana di questo libro è di Carlo Danzi, già editore de “Il Paese” e granconsigliere UDC. Egli ha fornito pure i mezzi, tramite la Fondazione Carlo Danzi che a lui fa capo.

Chi l’ha ingaggiata per la traduzione? Ha avuto un contatto diretto con il leader UDC? Solo epistolare? Telefonico?

PCM   No, il contatto l’ha avuto Carlo Danzi. Personalmente Blocher è da quasi 15 anni che non ho più avuto occasione di incontrarlo. L’avevo intervistato una volta nel 1993 e poi, negli anni seguenti, l’avevo incontrato fugacemente in occasione di assemblee dei delegati dell’UDC.

Il contenuto del libro è soprattutto “filosofico” o, al contrario, concretamente applicabile?

PCM   Si tratta di un libro abbastanza inusuale, fatto sotto forma di intervista. La prima parte è una specie di manuale di conduzione aziendale sui generis, non professorale. Blocher vi sintetizza i princìpi e i metodi cui si è sempre ispirato; sono concetti e metodi molto concreti e nell’esporli egli illustra alcuni aneddoti e esperienze della sua vita di imprenditore e dirigente d’azienda, con accenni occasionali anche alla politica. Sono metodi che a prima vista, a chi non è avvezzo a dirigere alcunché, possono sembrare un po’ troppo rigorosi; però se si riflette appaiono ragionevoli, perché sono il frutto dell’esperienza pratica. Alcuni consigli possono essere applicati da chiunque. Nella seconda parte del libro si affrontano invece alcuni aspetti particolari, come il modo di dirigere in famiglia, il modo di dirigere in politica (e qui è particolarmente interessante quanto egli racconta della sua esperienza di consigliere federale) e i rapporti con i collaboratori. Infine nella terza parte fa delle riflessioni più filosofiche: sulla morale, sulla fede che traspare dalle opere di artisti come Anker e Hodler, sulla religione e sulla Chiesa.

Le risulta che gli avversari politici di Blocher lo abbiano commentato? Oppure… solo silenzio?

PCM   Nel Ticino non mi pare, ma potrebbe essermi sfuggito. Oltre Gottardo, quando uscì la versione tedesca, ci furono alcune recensioni (anche se non moltissime). Al di là del mondo dell’ufficialità e dei massmedia, il libro è però a quanto pare abbastanza utilizzato nelle scuole superiori, nei seminari di economia aziendale, ecc.

Nel partito oggi pesa più il Vecchio leader… o Toni Brunner?

PCM   Da osservatore esterno direi: entrambi. Brunner è ormai un politico “ferrato”, per usare un’espressione del mondo rurale. Era già un giovane sveglio e intelligente al suo esordio in politica; ora – dopo 15 o 20 anni di esperienza politica e parlamentare – è diventato anche un politico di esperienza. Egli ha una grande comunicativa ed è di facile approccio, è volkstümlich come si dice in tedesco. E piace anche a parecchi avversari politici, ciò che non era il caso per esempio di Ueli Maurer (per quanto anch’egli fosse un buon presidente di partito, agli altri partiti non piaceva molto per la sua “Schlagfertigkeit”, la battuta pronta ma talora tagliente, senza la “bonomìa contadina” di Brunner).

Blocher si interessa al Ticino? Ha qualche progetto per il Ticino?

PCM   Non saprei dire con precisione, perché non faccio parte dei vertici del partito e nemmeno ho il piacere di essere tra i confidenti di Blocher. Però, da osservatore esterno, mi pare che i fatti parlino da sé. Per esempio: l’idea della candidatura Gobbi e del tricket trilingue per l’elezione del CF sono stati indubbiamente un’idea brillante, che sottendono anche una visione strategica di consolidamento e di espansione della forza UDC in Romandia e nel Ticino. Una visione strategica che è sicuramente nell’interesse dell’UDC svizzera, ma che non era per nulla scontato che passasse in seno al gruppo parlamentare, che non dimentichiamolo è in grande maggioranza svizzero‐tedesco. Il messaggio è quindi chiaro: se non oggi, sicuramente alla prossima occasione (cioè quando lascerà Maurer) il secondo consigliere federale UDC dovrà essere latino.

A Suo giudizio, come vede Blocher 1) la Lega dei Ticinesi 2) l’UDC Ticino 3) il rapporto tra Lega e UDC Ticino ?

PCM   Questo bisognerebbe chiederlo a lui. Ma in parte implicitamente le ho già risposto nella domanda precedente. Non so esattamente cosa l’UDC svizzera abbia in mente, rispettivamente che cosa si siano detti con i responsabili cantonali di Udc e Lega, ma anche qui – da osservatore esterno – mi sembra chiaro che si miri a una integrazione ancora più stretta con la Lega. D’altronde se non erro lo stesso Brunner ha utilizzato il termine di “fusione” come obiettivo da perseguire tra Lega e UDC, sia pure aggiungendo che non sarà forse per subito. Ma insomma, come obbiettivo mi sembra abbastanza chiaro. Se poi l’idea di Brunner potrà imporsi facilmente nella Lega e anche nell’UDC ticinese, non lo so. Certo che se, per ipotesi, Norman Gobbi fosse eletto [non è successo, ndR] nel Consiglio federale, diventerebbe molto più facile a medio termine far accettare a molti leghisti la prospettiva di un’unione. Con il proprio consigliere federale a Berna, che sicuramente potrebbe spiegare meglio la posizione e i problemi del Ticino su alcuni dossiers spinosi d’attualità, la confluenza definitiva nell’alveo UDC diventerebbe logica e quasi naturale.

Che idea si è fatta della personalità di Christoph Blocher?

PCM   Ho sempre avuto grande rispetto per la serietà del suo approccio. Già negli anni ’80 avevo avuto modo di leggere alcuni documenti e verbali del comitato e di gruppi di lavoro interni all’UDC svizzera (erano i tempi della contrapposizione tra la corrente bernese e quella zurighese, tra Ogi e Blocher), ed ero rimasto colpito dalla sua personalità: a Ogi che a un dato momento chiedeva alla direzione del partito di commissionare un sondaggio nella popolazione per conoscere quali fossero le idee della maggior parte dei cittadini, rispettivamente dell’elettorato UDC, per adeguare poi corrispondentemente la posizione del partito, egli rispose in modo sferzante che “se siamo un partito serio le idee le dobbiamo avere noi da proporre ai cittadini, non andare a chiederglielo a loro”. Mi colpì il fatto che avesse idee ben definite e che le esprimeva con chiarezza e con coerenza, anche a costo di perdere qualche consenso e di diventare inviso a qualche cerchia. Egli non ricercava i facili consensi, l’applauso effimero, o il voto di quel 3 percento di persone ondeggianti. Insomma egli non era come quel leader francese che diceva “Je suis votre chef et donc je vous suis”. Fece per esempio delle battaglie, come quella contro il nuovo diritto matrimoniale, che gli costarono la perdurante inimicizia di una parte dell’elettorato femminile; ma lo fece per convinzione, perché credeva sinceramente che fosse una legge deleteria soprattutto per le piccole e medie aziende (per i problemi in caso di divorzio o di successione), pur non essendo personalmente maschilista, come dimostra la sua biografia familiare, con tre figlie che gli sono succedute nelle attività imprenditoriali. Poi più tardi ebbi modo di seguire le sue prese di posizione contro l’adesione all’ONU, contro l’adesione allo Spazio economico europeo, come pure il suo memoriale sul tormentone degli “averi ebraici”, le prese di posizione sulla crisi della Swissair, sulle remunerazioni colossali dei manager che avevano gestito male la loro azienda, e su altri temi ancora. Sempre mi colpiva la chiarezza delle sue posizioni, le argomentazioni documentate e inoppugnabili, la logica stringente e non da ultimo anche il coraggio di dire le cose come stavano, senza riguardi “diplomatici” e senza calcoli di convenienza, con il rischio in qualche caso di perdere degli alleati o di farsi dei nemici (come fu il caso quando alla trasmissione “Arena” mise a nudo la pietosa gestione della Swissair denunciando l’incapacità del CdA che comprendeva alcuni notabili del PLR zurighese nominati per meriti puramente partitici). Per me è inconcepibile che una personalità della sua capacità, della sua dirittura, e che oltretutto diede nei 4 anni di presenza in Governo un’ottima prova di efficienza e di collegialità, sia stato sbattuto fuori come non era mai capitato a nessun consigliere federale prima di lui (nemmeno quando ci furono, in qualche caso, dimostrazioni palesi di incapacità e di inadeguatezza alla carica).

Blocher è… ? (valutazione da 1 a 10)

PCM
• Insostituibile (10)
• In ascesa (9)
• (stato) imprudente e causa della sua stessa caduta (5)
(“étant les hommes comme ils sont” ‐cioè spesso meschini e invidiosi‐ l’affermazione potrebbe valere 10, ma siccome gli uomini non dovrebbero essere tali, metto solo 5)
• Capitalista (9)
• Liberale (7)
(Si potrebbe mettere anche 9 o 10, ma siccome il termine “liberale” significa tante cose, per cui in definitiva non significa più niente, per prudenza metto solo 7)
• Reazionario (1)
• Sostenitore di Norman Gobbi (5 ?)
(La misura sarà data dallo scrutinio del 9.12.)
• Intenditore d’arte (7) (Non posso giudicare con piena cognizione, ma ad ogni modo solo 7 perché è una qualità per me non determinante)
• Umorista (8)
• Simpatico (9)
• Cordiale (7) (Solo 7 perché è una cordialità sobria di stampo zwingliano‐ alemannico, non affettata, senza smancerie)
• Cinico (1)

Per quanti anni Christoph Blocher potrà ancora occupare un ruolo di primo piano sulla scena politica nazionale?

PCM   Da un lato: finché si sentirà di farlo, finché avrà salute vigore e lucidità. D’altro lato: finché non ci saranno nell’UDC e nel Paese altre personalità di spessore paragonabile da rendere non più necessaria la sua presenza attiva. Infine, sotto un terzo aspetto: finché il Paese sarà minacciato dall’incamminarsi su una cattiva politica (vedi: omologazione all’UE, perdita delle specificità del modello svizzero in economia e in politica, perdita dell’identità del nostro paese). Quando fossero state superate queste minacce, non sarebbero più indispensabili grandi politici e ci si potrebbe accontentare dell’ordinaria amministrazione.

Dopo aver terminato il Suo impegnativo lavoro di traduzione, lei sente di aver imparato alcune (o molte) cose utili?

PCM   Sì, mi ha fatto riflettere su parecchie cose, sotto vari aspetti. Intanto mi ha fatto capire meglio la personalità di Blocher, la sua forza di volontà, il suo ottimismo fiducioso nella Provvidenza, la sua dedizione indefessa alla causa (queste caratteristiche emergono bene dal libro, in specie quando racconta del momento in cui si assunse il rischio di comprare la EMS‐CHEMIE: si sente che il racconto è sincero e quasi toccante, perciò non lascia indifferenti). Prima di leggere questo libro ne avevo un’idea più vaga: avevo già letto la biografia di Markus Somm, che però a mio avviso non “prende” così tanto, perché è una relazione scritta alla terza persona. Qui invece Blocher si racconta in prima persona, parlando anche di cose prosaiche e di aneddoti terre‐à‐terre, ma appunto perciò è più pregnante. Solo una persona che aveva già superato prove difficili come quella di diventare imprenditore in condizioni rischiose, poteva avere il coraggio per esempio di mettersi a combattere contro l’adesione allo SEE mettendosi contro l’intero establishment politico‐economico e mediatico del paese!

Ma ci sono tante considerazioni di Blocher nel libro, che mi hanno fatto riflettere e che possono essere utili non solo per chi deve dirigere un’azienda, ma anche per le persone comuni e per condurre la vita di tutti i giorni. Alcune sembrano magari banali, ma non per questo sono meno valide, come per esempio quando egli suggerisce di concentrarsi su poche cose e farle bene, anziché occuparsi di tante cose e non farne bene nemmeno una. Oppure quanto esorta a sopportare le disgrazie e ad affrontare/risolvere i problemi, e non viceversa.

L’elezione è fatta. I 6 uscenti sono stati confermati, UN nuovo UDC è stato eletto. Non è “troppo poco” per un vero cambiamento? Il nuovo governo quanto potrà essere diverso dal vecchio?

PCM   Certo, talvolta la stabilità elettorale e politico‐partitica della Svizzera è frustrante e provoca scoramento. Non è mai possibile dare una sterzata (e una sferzata) chiara alla politica. Le tradizioni partitiche familiari e cantonali, e non da ultimo anche l’esistenza del Consiglio degli Stati, rallentano e ammortizzano i cambiamenti. Non nascondo che, dopo aver visto lo stallo complessivo in conseguenza dei deludenti risultati al Consiglio degli Stati, ho pensato con ammirazione ai risultati delle ultime elezioni ungheresi, dove il partito di centro‐destra Fidesz ha raccolto quasi il 60 percento dei voti: quelli sono risultati tonificanti e che permettono di riorientare la politica di un paese!

Bisognerà vedere come lavoreranno le Camere nei prossimi mesi, stiamo a vedere se almeno su alcuni dossiers si correggerà un pochettino la situazione. Nel Consiglio Federale le posizioni non cambieranno radicalmente, ci sarà al massimo qualche lieve spostamento in materia di politica finanziaria‐fiscale (temi dove il PLR talvolta forse farà blocco con l’UDC, ma con liberali tipo Burkhalter non bisogna contarci molto). Speriamo che il Nazionale riesca a rendere un po’ più chiare le decisioni sui temi citati e anche sulla politica d’asilo. Se non sarà il caso, si dovrà continuare a fare ricorso agli strumenti della democrazia diretta (referendum e iniziative). Per gli appuntamenti che si approssimano riguardanti la politica europea, l’applicazione del 9 febbraio e il rinnovo dei bilaterali (rispettivamente l’eventuale disdetta di Schengen), si dovrà comunque concentrarsi sulle votazioni popolari, perché dal parlamento non ci si può attendere nulla su tali temi! Ci attendono mesi e anni di appassionate battaglie: cominciamo a prepararci!

Come vede l’Eletto…..e perché è stato eletto?

PCM   L’eletto è una degna persona, un viticoltore di Bursins, nella Côte vaudoise occidentale, un rappresentante della vecchia UDC rurale che si è adeguato in buona misura alla nuova linea impressa al partito da Christoph Blocher. È di una destra pragmatica, che traduce (cosa difficile) la nettezza di posizioni dell’UDC blocheriana svizzero-tedesca nel substrato borgognone-accomodante-internazionalista della Romandia. È stato preferito dalla maggioranza dei rappresentanti dei partiti di centro e di sinistra, perché pur avendo in linea di principio posizioni profilate, sarà sicuramente meno incisivo di un Blocher o di un Aeschi, perché non ha la preparazione e la dialettica di quest’ultimi. Era abbastanza prevedibile che andasse così. Aeschi era temuto dagli altri perchè troppo preparato e brillante e, oggettivamente, forse era anche un “pelino” troppo giovane e inesperto: egli può ancora avere delle carte da giocare fra 4 o 5 anni. Mi interrogo sulle motivazioni della sua candidatura da parte del partito: hanno ritenuto veramente auspicabile la sua elezione, oppure contavano sul fatto che l’Assemblea federale non eleggesse un romando perché ve ne sono già due in governo? In ogni caso avranno giudicato che potesse essere, “le cas échéant”, eleggibile (o in altre parole = che fosse il miglior candidato UDC romando possibile). E forse potrà diventare un buon consigliere federale, perché talvolta la solidità di princìpi e l’esperienza possono supplire alla carenza di formazione e di dottrina.

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