Freghieri 2yLa Polizia cantonale comunica che oggi attorno alle 15 è scattato l’allarme per un incidente speleosubacqueo nella sorgente Bossi in territorio di Arogno. Tre esperti sub speleologi, uno svizzero e due italiani, si sono immersi nelle sue acque ma al momento del rientro solo due di loro sono riemersi dalla sorgente. Il terzo, un 39enne della provincia di Alessandria, si trova ancora all’interno e per le sue ricerche sono presenti sul posto gli agenti del Gruppo sub della Polizia lacuale e giungeranno pure in aiuto degli speleosub del Soccorso Speleologico Svizzero.Sul posto pure i pompieri di Melide . La strada tra Arogno e Rovio è stata chiusa al traffico per facilitare le operazioni di ricerca e soccorso.

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Abbiamo trovato sul sito win.cristina.freghieri.it questa avvincente descrizione di una esplorazione della grotta Bossi, che vi proponiamo.

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FreghieriLa strada sulla collina che conduce alla grotta Bossi, è immersa nel verde scuro della valle in un effetto quasi cromato. Superato il paese di Arogno sul lato sinistro a ridosso della montagna, si trova una specie di vasca sassosa dove, da un foro sul pavimento, fuoriesce l’acqua della sorgente Bossi. Dalla vasca dalla metratura di tre o quattro metri in lunghezza e poco più in larghezza, l’acqua s’incanala lungo la scarpata formando un piccolo fiumiciattolo che scende a valle. Protetta da un recinto metallico, l’ingresso è nascosto agli occhi dei passanti.

Parcheggiata l’auto e indossata la muta stagna per camminare nei pochi centimetri d’acqua che ricoprono il piatto sassoso, ci avviciniamo, Gianni ed io, all’imboccatura della grotta. Il foro scuro, sommerso dall’acqua cristallina largo non più di un metro, appare inquietante. Gianni si è già immerso in questo luogo e notando la mia titubanza, spiega che oltrepassati i primi diciotto metri dall’ingresso, il percorso si allarga in un “comodo” condotto. Adagiate nell’acqua vicino al foro d’ingresso le decompressive e le stage con la miscela di fondo, ci dedichiamo ad un dettagliato breafing sull’immersione e alla tipologia della grotta. L’obiettivo di oggi sarà la “freccia”, un grosso masso a forma di triangolo rovesciato incastrato tra le pareti del condotto verso i -56 metri. La miscela che utilizzeremo, sono: 15/55, (15 frazione di ossigeno, 55 frazione di elio, 30 frazione di azoto). Ora non mi resta che pensare a come trasportare la macchina fotografica nel tratto più stretto. Penetrerò per prima. Gianni trasporterà, oltre alle sue, anche le mie decompressive, agevolandomi nel primo tratto dove indosserò oltre all’obiettivo fotografico, il bibombola Mentalmente mi preparo alla penetrazione cercando di acquisire confidenza psicologica con quel foro scuro.

Freghieri 2Indossata l’attrezzatura, raggiungiamo l’entrata della grotta movendoci con attenzione nel piatto di sassi ricoperti da un muschio scivoloso, per poi inginocchiarci nell’acqua. La tensione pre-immersione non manca specie in questo frangente: una grotta per me ancora sconosciuta. Il momento è avvolto nella giusta dose di adrenalina, emozione, un sorta di leggera tensione e perché no, un leggero stress latente rivolto all’incognita di una penetrazione. Siamo pronti. Accese le luci sul casco, afferro la mia macchina fotografica e scivolo adagio nell’imboccatura scura. Il passaggio iniziale è meno problematico del previsto, lo spazio tra i grossi sassi è di circa un metro per un metro. Pochi istanti e la superficie è già scomparsa. Niente più rumori o voci, solo l’acqua e l’oscurità. Devo prestare attenzione all’obiettivo fotografico perché non urti contro speroni rocciosi. Sul pavimento parecchi sassi di crollo, a causa della loro instabilità, rendono la mia progressione lenta.

Freghieri 5Verso i dodici metri il soffitto si abbassa creando una strettoia alta circa cinquanta centimetri e larga quasi tre. Il percorso ha un’inclinazione di 45°. Superati i diciotto metri il soffitto si alza creando uno spazio triangolare di circa tre metri per tre. Ora riesco a muovermi in modo spedito. Sono già trascorsi tre minuti, tra poco entrerà in grotta anche il compagno. Raggiunti i venti metri una comoda nicchia è il luogo adatto dove posizionarmi per i primi scatti fotografici. Ecco in lontananza le luci del compagno. A ventuno metri lasciamo le decompressive che serviranno al ritorno, proseguendo lungo la galleria che mantiene la sua ampiezza sino a circa quaranta metri. In questo punto ci accoglie una camera con il fondo a –52 metri. Sulla destra la galleria prosegue in un passaggio stretto e basso. Siamo costretti a sfiorare il pavimento sassoso per superare la strettoia. Oltre il passaggio la galleria si trasforma in una decina di metri di altezza ed un paio in larghezza.

Freghieri 3Quell’imboccatura scura da cui siamo penetrati, la sento lontana. Di fronte solo il buio interrotto dai fasci delle nostre luci. Procediamo sino alla quota dei –57 metri, dove un grande masso ellittico a forma di triangolo rovesciato è incastrato tra le due pareti del condotto come fosse una lancia caduta: siamo arrivati alla cosiddetta “freccia”. La sua immagine è disorientante, tanto è spettacolare. Ricco di venature di minerali che variano dal verde al viola e al giallo, è alto circa cinque metri, nella parte rivolta verso il soffitto raggiunge i tre metri di larghezza. Rammenta una lancia caduta dall’alto. L’effetto visivo è irreale. Ora i passaggi sono due, uno sotto la punta del triangolo e un altro sopra. Gianni oltrepassa la “freccia” nella parte bassa per poi riapparire verso l’alto dove il soffitto della galleria si alza di parecchi metri. Cerco di catturare il magnetismo di questa immagine sassosa posizionandomi sul fondo verso la parete di sinistra. Non ho molto tempo poiché le nostre bolle potrebbero muovere il limo attaccato al soffitto trasportato dall’acqua e, la sua limpidezza scomparirebbe all’istante. Raggiungo Gianni sopra la “freccia” poi scivolo sul fondo dall’altro lato del masso sperando in altre immagini.

Purtroppo il limo si sta spargendo nell’acqua, le immagini per oggi sono terminate. Proseguiamo verso i -65 metri dove il condotto si divide in due diramazioni, una scende verso il laminatoio e l’altra risale verso sinistra. Controllo del tempo e dei gas prima di iniziare la risalita. Superato il grande masso incastrato mi volto ad osservare ancora questo trofeo naturale, poi i nostri deep stop ci obbligano a non distrarci. Alle ultime soste decompressive la luce di questa giornata luminosa arriva sino a noi, accompagnandoci in un ritorno alla superficie ricco di gratificazione.

Cristina Freghieri, speleologa