OTAF 1I DISCORSI DEI CANDIDATI

Durata: 5 minuti con qualche tolleranza. Ambrosini tiene un discorso puramente critico. Condanna senza appello l’alleanza elettorale “la Destra” (aprile 2015), condanna la rinuncia al nome UDC sulla lista, giudica negativo il risultato del voto. In sostanza: alle cantonali è andata buca (tre soli UDC eletti) mentre alle federali di ottobre il successo dev’essere attribuito al grande slancio dell’UDC svizzera. Condanna poi l’accettazione della candidatura dell’avvocato Tuto Rossi al Gran Consiglio (sponsorizzata da tutti i principali dirigenti, incominciando dal presidente Pinoja). Poiché usa tutti i suoi minuti per criticare (ed è suo pieno diritto anche se la scelta è discutibile)… non ha più il tempo materiale per proporre. Si potrà fare “dopo”.

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Marchesi parla per secondo e il suo compito è obiettivamente più facile e più gradevole. Sicuro vincitore (non c’è una sola persona in sala che non lo pensi) si mostra positivo, ottimista e conciliante. Ha un bel modo di fare; è giovane, solido, serio, modesto. È il nuovo presidente sul quale converge il sostegno dei principali dirigenti del partito e di tutti quelli che pensano che, tutto sommato, l’UDC non vada poi così male. Marchesi elogia i due eletti in Gran Consiglio non UDC, che sicuramente stima, e li invita ad entrare nel partito (in un certo senso Morisoli vi è atteso sin dalla lontana primavera del 2011…). Dice che bisogna essere più vicini alla gente (questo è in verità un po’ banale, ormai lo dicono tutti, lo dice persino Igor Righini) e che bisogna migliorare la comunicazione. Sante parole, ma come?

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FACCIAMO QUATTRO CHIACCHIERE

  • Quella che segue è l’opinione di Novella 2000 – o forsanche di Chi?, altro rotocalco molto quotato – ma nella moderna società democratica TUTTI hanno diritto di parola. Può non piacere, naturalmente.
  • Con il buon congresso di Sorengo si è raggiunta una sorta di “normalizzazione” che soddisfa la maggioranza del partito. Ma la strada che ipoteticamente possa portare la sezione ticinese del primo partito svizzero al pieno successo politico rimane terribilmente in salita.
  • Infatti i loro “alleati” – in un certo senso veramente alleati – sono in realtà concorrenti spietati, al confronto dei quali i temibili democentristi hanno l’aria di placidi paciocconi. Se voi leggete “Festa mobile” di Hemingway, che racconta la Parigi bohémienne degli anni Venti, vi imbattete in questa frase, riferita a Zelda Fitzgerald, la moglie pazza del famoso scrittore: “I falchi non fanno a metà con nessuno”. Ecco, appunto. I leghisti non fanno a metà con nessuno. E oggi NON sono di buon umore. Se andate sul Mattinonline a cercare la notizia dell’elezione di Piero Marchesi, il loro “presidente alleato”, cercherete a lungo e cercherete invano. Voglio proprio telefonare al Mattia, chissà che non mi risponda.
  • Ieri Gobbi è venuto, voluminoso e cordiale, leggermente barbuto, perfettamente a suo agio, accolto con simpatia. E ha votato (come ha tenuto a osservare Ticinolibero).
  • Non è venuto invece Pierre Rusconi, che dopo la (sofferta) disavventura persiste nel suo indignato Aventino. L’opinione diffusa e prevalente è che egli si sia messo nei pasticci da solo, con l’aiuto di una buona dose di passività. Sarebbe un politico da intervistare, sì, potrebbe essere interessante.
  • Le dichiarazioni discutibili.  1) «Ritengo deplorevoli gli atteggiamenti e dichiarazioni di quel candidato alla presidenza che si è apertamente distanziato dalle posizioni espresse dal partito» (Pinoja). Ma scusa, presidente Gabriele, adesso anche la censura? Ti ricordi di chi teorizzava e praticava il “centralismo democratico”?  2) «Serve un partito capace di fare lavoro di squadra, che sappia avere un approccio propositivo; evidentemente ci sarà sempre chi, con creatività sopraffina, si metterà di traverso ma non lasciamoci influenzare da questioni di lana caprina» (Del Don). L’ormai felicemente eletto vice presidente del Sopraceneri, soddisfatto e pienamente re-istituzionalizzato, ci piace adesso, ma ci piaceva anche prima, al naturale della sua ribellione e della sua “colorita” ira.

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