PeyrefitteFrammenti, in ricordo dello scrittore che più di altri mi ha divertito, Roger Peyrefitte (“P”), 1907-2000. Una forbice d’oro di insuperabile, raffinatissima malignità e crudezza, tollerabili solo perché sempre ben documentate e abbinate ad una sincera, quasi spudorata ammissione di proprie debolezze.

C’è un altro scrittore Peyrefitte di buona fama, Alain (1925-1999), che è stato ministro nel governo Pompidou, sempre che la memoria non mi inganni, autore di romanzi e in particolare di saggi sulla Cina, che ha visitato a più riprese e a lungo. Ma qui mi voglio occupare solo di “P”.

Soldati“P” è scrittore di incredibile puntigliosità per la precisione dei termini e l’idiosincrasia per gli errori di stampa, praticamente assenti dai suoi libri. Ne ho però trovato uno in “Propos secrets”, editore Albin Michel, 1977, libro di 345 pagine, a pagina 185: “antisémiste” per “antisémite”. “P” inorridiva anche quando gli capitava di riscontrare la doppia presenza di uno stesso termine, in una qualsiasi pagina di qualsiasi scrittore. Sosteneva addirittura che termini di una certa ricercatezza fossero da usare con grande parsimonia in un intero libro. Ricordo però con assoluta certezza di aver trovato, molti anni fa, un “doppione” in una pagina di un suo volume, che però non sono più riuscito a ritrovare. A discolpa mia e della mia pignoleria il fatto che la produzione letteraria e teatrale di questo scrittore, mai prolisso, è monumentale.

Nel libro suddetto (“Propos secrets”) “P” evoca il principe Hubertus zu Loewenstein, discendente di Federico II e quindi della famiglia Hohenstaufen, ramo principesco della casa regnante di Baviera. Il 12.7.1930 il nobiluomo tedesco ha messo nero su bianco (“scripta manent”), quando Hitler si profilava appena all’orizzonte, un articolo divenuto famoso per una sola frase: “Se il nazismo arriva al potere scoppierà la seconda guerra mondiale”. Il principe da inconscio profeta diventò poi scrittore di professione e fondò l’Associazione degli scrittori tedeschi liberi, che fece suoi membri onorari, tra altri, Roger Peyrefitte, Alexander Solgenitsin e Salvador de Madariaga, tre autori a me particolarmente cari. Solgenitsin perché a mio giudizio è un autentico grandissimo, De Madariaga perché ha trascorso gli ultimi anni della sua vita a Muralto, dove è deceduto 92enne nel 1978. Alloggiò per parecchi anni, con la moglie Emilia, in una suite all’ultimo piano dell’albergo La Palma. E`stato mio carissimo paziente, gli davo l’ultimo appuntamento della giornata, per esser libero dalla pressione della sala d’aspetto, e così ho avuto il piacere della sua appassionante e nutriente conversazione senza costrizioni di tempo. Le sue biografie di Hernan Cortes e Francisco Pizarro sono testi fondamentali della storia della conquista spagnola delle Americhe. Ministro spagnolo dell’Educazione e della Cultura prima dell’avvento di Franco, si esiliò e insegnò poi a Oxford. Nel primo dopoguerra fu apprezzato collaboratore delle leggendaria “terza pagina” di quel che è stato il grande Corriere della Sera.

Andre_Malraux_019“P” disprezzava, addirittura odiava Andrè Malraux (“quelqu’un d’ignoble”), ministro della cultura e poi primo ministro. “De mortuis nihil nisi bonum”, ma “il est des morts qu’il faut qu’on tue”. Un suo impietoso, durissimo articolo contro lui fu pubblicato, per brutta coincidenza, proprio il giorno del funerale dell’ex presidente del consiglio. “P” ne fu dispiaciuto, non più di tanto: “on ne tire pas sur un corbillard. Mieux attendre qu’il soit passé”. E`più che naturale che il mondo politico ufficiale, “artisan d’imposture”, abbia onorato Malraux, re degli impostori, con la cerimonia funebre al Louvre. Un’osservazione, questa, valida per Malraux ai tempi di Giscard d’Estaing come per Charles de Gaulle (altra bestia nera di “P”) ai tempi di Georges Pompidou.

“P” non fu mai accademico di Francia. I membri sono 40 e solo 40. Lui occupò sempre la 41esima poltrona, in compagnia di illustri personaggi (tra molti, Molière, Diderot, Balzac, Stendhal, Flaubert, Gide, Baudelaire, Verlaine e Piron, un poeta poco conosciuto ricordato per un suo feroce epigramma: “Ils sont là quarante, qui ont de l’esprit comme quatre”.

Lo storico e accademico di Francia Pierre Gaxotte, fondamentalmente una delle poche voci critiche contro le rivoluzione del 1789, fu giudicato “méchant comme la gale”, cattivo come la bile. Caterina, nonna di Giampaolo Pansa, usava un’espressione ancora più forte: “cattivo come la merda dei carcerati”.

Maniaco della precisione semantica, linguistica e stilistica, “P” loda la scrittura sapiente di Marcel Jouhandeau. Nei suoi numerosi libri ha trovato un solo errore: “mettre à cuire”, mentre si deve dire “mettre cuire”. Io non lo sapevo, per l’italiano vale il contrario. Uno scrittore, Jouhandeau, che ha l’arte “de mêler le pénis et la pénitence”. Ho dovuto sudare un po’ per il riferimento agli “abbés de manécanteries” e ricorrere all’aiuto esterno per la traduzione. Le “manécanteries” sono scuole di canto liturgico e profano all’interno di monasteri.

Non si deve mai modificare un libro già pubblicato. La copia corretta non di rado è inferiore all’originale. E poi, ripeto, “scripta manent” ad ogni modo.

“P” è autore di più di 20 romanzi, elaborati minuziosamente, e 4 drammi, redatti con minor propensione e impegno. Constata che il piacere di scrivere le opere per il teatro non dipende da quello di vederle messe in scena. La scrittura delle opere teatrali gli veniva di getto, poche settimane, mentre per i romanzi gli occorrevano molti mesi e anche più di un anno per ognuno. Ne parla con Henry de Montherlant (un suo aforisma: “l’intelligenza è quella facoltà grazie alla quale ci si astiene”), suo compagno di avventure e disavventure pedofile. Risposta: “E`il motivo per cui adesso scrivo solo “pièces” teatrali”. “P” nota però che anche un libro si può scrivere in un mese. Simenon vi riesce, ma è Simenon. E Racine impiegava molto più di un mese per scrivere una delle sue tragedie!

Lo scrittore Paul Morand, di cui si dice che abbia scritto il discorso di Pierre Laval auspicante la vittoria della Germania nella seconda guerra mondiale, dopo aver sposato la vedova ricca di un principe Soutzo, rumeno, divenne ambasciatore di Francia a Bucarest e poi a Berna. Commenta “P”: ambasciatore in Romania per farne uscire i soldi della ricca vedova, poi in Svizzera per poterli mettere al sicuro.

“P” considera che la prima e più importante qualità di un vero scrittore (vero e non solo autoproclamatosi tale, preciso io) è quella di verificare puntigliosamente su buoni dizionarii il significato dei vocaboli che impiega. E allora, lo dico con orgoglio, sarei uno scrittore anch’io, perché sono solito ricercare con grande cura il termine che meglio configura il concetto che voglio esprimere. Ma poi ritorno con i piedi sulla terra, costretto purtroppo a constatare che non è con la paccottiglia giornalistica che produco in abbondanza che si può diventare scrittori. Personalmente considero che per diventarlo bisogna possedere una cultura fuori dal comune, di molto superiore a quella dei molti uomini pseudocolti e più ancora dei troppi pseudoscrittori in circolazione.

Gianfranco Soldati