Traduzione di Paolo Camillo Minotti

Minotti ha anche tradotto “Il metodo Blocher. Manuale di direzione”, pubblicato in italiano ad opera della Fondazione Carlo Danzi, Prato Leventina.

* * *

(fdm) Si metta a confronto questo pacato, lucido articolo con la tristemente dilagante isteria (la parola deriva da hýsteron, utero), allorché un voto democratico sembra preludere… alla fine del mondo.

Roger_Köppel_Weltwoche (1)La campagna sull’iniziativa per l’attuazione è impressionante. La Svizzera è forse l’unico paese al mondo in cui si svolgono delle discussioni pubbliche così schiette e differenziate su questioni giuridiche fondamentali. Certamente è l’unico Paese in cui la popolazione può esprimere in modo vincolante nell’urna il suo sentimento e il suo parere sulle leggi.

MinottiSe il dibattito ha fatto emergere finora una possibile conclusione, essa è questa: C’è un profondo fossato tra il sentire di alcuni esperti di diritto e il sentire della gente. Gli esperti di diritto affermano che gli inasprimenti voluti da alcune iniziative accettate dal popolo nel diritto degli stranieri non sarebbero conciliabili con i princìpi del nostro Stato di diritto. Gli studiosi del diritto si presentano come i difensori dello Stato di diritto contro il popolo e la democrazia.

A torto: il tentativo di mettere uno contro l’altro lo Stato di diritto e la democrazia in Svizzera è sbagliato e fuorviante. Fuorviante perché la Confederazione sin dai suoi albori si definì come una comunità basata sul diritto. La tipica caratteristica della nostra forma di Stato sta proprio nel fatto che essa associò il pensiero democratico con l’autodeterminazione in uno Stato di diritto. I cittadini stabiliscono le leggi, i giudici e le autorità le applicano. Democrazia e Stato di diritto non sono dei valori contrapposti, ma devono stare assieme. I diretti interessati (i cittadini) votano su tutto ciò che li concerne direttamente: questa è la straordinaria particolarità della Svizzera.

Naturalmente il popolo non ha sempre ragione. Ovviamente sono teoricamente pensabili delle situazioni in cui la maggioranza potrebbe prendere delle decisioni astruse, come per esempio: l’espulsione di tutti i portatori di occhiali; l’espropriazione di tutti quegli stranieri che sono nati di mercoledì; una guerra d’aggressione contro il Belgio.

È però un fatto incontrovertibile che gli Svizzeri realmente esistenti non hanno mai deciso nella democrazia diretta delle simili assurdità, ma al contrario hanno sempre esercitato il loro diritto di voto in modo ammirevolmente saggio e intelligente, con senso della misura e proporzionalità. Il grande studioso di diritto zurighese Zaccaria Giacometti parlava della «maturità democratica» degli Svizzeri. Egli definiva inoltre la democrazia nel nostro Paese come una eccellente «custode dei diritti umani», ovvero come la miglior garanzia che essi venissero sempre salvaguardati.

L’esperienza storica, soprattutto fuori dalla Svizzera, lo dimostra: Non la democrazia, ma la dittatura é il più grande rischio per i diritti dell’uomo e per lo Stato di diritto. Le catastrofi in Europa sono sempre e solo avvenute quando un manipolo di potenti – senza nessun controllo da parte del popolo – poterono prendere decisioni gravide di pesanti conseguenze.

La prima guerra mondiale la scatenarono, per incapacità, due dozzine di statisti. Hitler non andò al potere attraverso libere elezioni. Fu fatto nominare cancelliere da una piccola cricca élitaria che ruotava attorno al vecchio presidente Hindenburg, mentre quasi il 70 percento dei tedeschi non aveva votato per il partito nazista. E in seguito: guerra e sterminio di massa non vennero decisi tramite referendum, ma vennero imposti dall’alto in modo dittatoriale-criminale.

Non la democrazia, ma la dittatura ha distrutto nell’Europa del ventesimo secolo lo Stato di diritto e poi la vita dei suoi cittadini.

Guardiamoci quindi dalle élites, che pretendono di voler difendere lo stato di diritto dalla democrazia. In Svizzera la democrazia diretta, popolo e Cantoni, hanno spesso dovuto difendere lo Stato di diritto contro le proprie autorità.

Prima della seconda guerra mondiale essi respinsero la proposta, corrispondente alla moda politica di quei tempi, di modificare la Costituzione federale in senso più autoritario. Dopo la guerra furono popolo e Cantoni che abolirono il «regime dei pieni poteri» del Consiglio federale – una conseguenza dello stato d’eccezione del tempo di guerra – per reintrodurre la democrazia diretta. Tutti i partiti, ad eccezione del partito degli indipendenti di Duttweiler, erano allora per la prosecuzione dei pieni poteri e contro maggior democrazia diretta (Incluso peraltro l’allora partito agrario BGB, predecessore dell’odierna UDC).

Stato di diritto significa che ci si attiene al diritto, e in Svizzera il diritto lo stabiliscono popolo e Cantoni. Può magari non funzionare in Paesi senza una lunga tradizione democratica, ma noi svizzeri siamo finora andati molto bene con questo sistema. Non abbiamo nessuna autorità politica o tribunale costituzionale, che in modo elitario determinino le regole dello Stato di diritto avocando a sè la competenza esclusiva di dichiarare accettabile o no questa o quella legge.

Al contrario. La Svizzera si è distinta, storicamente parlando, per aver assunto il rischio di dare in mano ai propri cittadini tramite la democrazia diretta il compito di essere essi stessi i guardiani del proprio ordinamento liberale e dello Stato di diritto. Persino i paletti invalicabili della propria democrazia, il «diritto internazionale imperativo», i cittadini svizzeri se li sono imposti da sè. La parola chiave è «fare da sè». Non il risultato (il testo di legge o la Costituzione vigente), ma il processo di presa di decisione tramite la democrazia diretta è il tratto distintivo dello Stato di diritto in Svizzera.

Questa dimensione politico-filosofica traspare sempre nella discussione sull’iniziativa per l’attuazione dell’espulsione degli stranieri. Chi fa le leggi in Svizzera? Chi è il sovrano costituente? La diffidenza diffusa da giudici, consiglieri federali e politici riguardo alla maturità del popolo in materia di leggi, è pericolosa. Dietro di essa si nasconde una volontà di potere antidemocratica, un piano per l’esclusione dei cittadini come suprema istanza dello Stato democratico.

In linea generale in Europa sta diventando di nuovo di moda il mettere dittatorialmente fuori corso ordinamenti giuridici e leggi, con decisioni prese disinvoltamente dall’alto e sopra la testa dei cittadini. Si pensi solo alla messa fuori corso delle leggi sull’asilo politico, dei trattati di Schengen e di Dublino, oppure alla gestione della crisi dell’euro. Questa tendenza a intaccare le strutture dello Stato di diritto si fa strada anche negli esponenti del governo e dell’establishment svizzeri sensibili al richiamo di Bruxelles.

Ancora una volta popolo e Cantoni devono dar prova di sè come gli efficaci guardiani della nostra democrazia e del nostro Stato di diritto.

Roger Köppel
(direttore della Weltwoche e consigliere nazionale UDC)