“I pittori ci hanno sempre mostrato cose e persone poste davanti a noi. Noi vorremmo lo spettatore nel centro del quadro”. Così prescriveva nel 1910 il Manifesto tecnico della pittura futurista firmato da Giacomo Balla.

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Al centro, in un vortice, ci si trova per merito di Velocità astratta + rumore, opera del 1913, ovvero l’anno in cui Balla sposta la sua ricerca dalla scomposizione della luce alla rappresentazione del movimento, e in particolare della velocità. Una delle caratteristiche del Futurismo, movimento di cui Balla è esponente di spicco, è la totale adesione alla vita moderna, al progresso, al mito della velocità e dell’automobile. Aerei e automobili sono infatti presi dai futuristi come simbolo della nuova società moderna. L’opera in oggetto viene comunemente considerata parte di un trittico tutto dedicato agli effetti del passaggio di un’auto in un ambiente naturale. Il verde del paesaggio e il cielo nella parte superiore lo confermano. Le linee rette che si incrociano frenetiche evocano il rumore del motore, quelle curve suggeriscono lo spostamento dell’aria. Le forme che si ripetono rappresentano il movimento.

Il dinamismo futurista, e in particolar modo di Balla, si ispira infatti alla cronofotografia e alle tecniche cinematografiche. Per rappresentare oggetti e figure in movimento l’artista dipinge una sorta di fotogrammi in successione. “Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente”. Se nel linguaggio futurista il colore deve al divisionismo e le forme devono al cubismo, tutto nuovo è lo spirito vitale, prorompente, senza limiti. Non è un caso che Balla vada oltre lo spazio e dipinga anche la cornice del quadro.

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Dello stesso periodo è Espansione dinamica + velocità. Anche qui il tema è quello delle automobili in corsa. Piccoli e grandi vortici richiamano il movimento delle ruote mentre una serie di triangoli penetra lo spazio in maniera prospettica. Da un lato all’altro una grande linea curva si ripete e si espande. Il colore viene meno in luogo di una bicromia carica di chiaroscuri atti ad accentuare maggiormente il dinamismo.

“La morale futurista difenderà l’uomo dalla decomposizione determinata dalla lentezza, dal ricordo, dall’analisi, dal riposo e dall’abitudine. L’energia umana, centuplicata dalla velocità, dominerà il Tempo e lo Spazio”. Marinetti e gli altri futuristi professano a tal punto il primato dell’uomo moderno da aderire alla politica interventista.

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Nel 1915 Balla dipinge Insidie di guerra, opera che fa riferimento alla dimostrazione del 9 maggio alla Stazione Termini contro Giolitti. Colori brillanti, forme semplificate ma spigolose e fagocitanti sottolineano una ferrea opposizione ai principi neutralisti. Nello stesso anno Balla è anche il creatore dell’abito antineutrale, di cui poco prima aveva redatto il manifesto. Il suo intento è sostituire il vecchio e cupo abbigliamento maschile in vista di uno più dinamico, asimmetrico e colorato. L’uomo deve mostrarsi aggressivo e bellicoso. Mai fermo e sempre spinto all’azione, un uomo non può certo restare neutrale.

Non esiste in Balla soggetto o cosa che sia ferma e rappresentata in un solo istante. Nulla è statico, tutto è dinamico, tutto corre. È questo che lo attrae, non l’oggetto in sé ma il suo movimento, la sua azione, la sua carica, l’energia. Un vortice che non è possibile stare a guardare. Tocca muoversi. Entrare nell’opera.

Alessandra Erriquez