UEAndreas Thiel è uno scrittore e cabarettista satirico di sopraffina qualità. Da anni conduce su un noto settimanale (il mio preferito) una rubrica di satira politica che sempre riesce a sorprendermi per l’altissima qualità. Una sapiente mistura di raffinata ironia con la giusta dose di sarcasmo graffiante ma mai offensivo. Da quando è apparsa la sua prima colonna, mi sembra circa tre anni fa (ma il tempo passa in fretta, mi accorgo sempre più che il tempo trascorso lo giudico per difetto), non ne ho mancata una sola. L’inventiva di cui da prova Thiel, la satira mordente e la finezza dei giochi di parole sono semplicemente meravigliose. Per dirla in poche parole, l’esatto contrario di quei poveretti del nostro (faccio per dire) “Diavolo”.

soldatiTradurre la satira è come tradurre la poesia. Per quanto colti o anche eruditi siano i traduttori, qualcosa va sempre perso. Corro ugualmente il rischio di tradurre per i miei amici lettori un paio di battute dall’ultimo piccolo capolavoro di Thiel, sulla Weltwoche del 28 gennaio. Si tratta di un dialogo tra due signore di non meglio precisata identità, Simonetta e Doris.

Doris: hai visto che hanno introdotto una nuova iniziativa?
Simonetta: Sì. Non si può proprio governare in pace.
Doris: credo che vogliano che noi applichiamo un’altra iniziativa già approvata dal popolo.
Simonetta: ma sono impazziti? Il popolo deve smetterla di credersi parte del governo. In fin dei conti noi del governo non crediamo mica di essere parte del popolo.
Doris: sembrerebbe che il popolo svizzero non abbia ancora capito cosa sia la democrazia.
Simonetta: mi sto domandando se non si possa denunciare il popolo al Tribunale europeo dei Diritti dell’Uomo. A mio modo di vedere, con le sue iniziative il popolo discrimina il Consiglio federale.

E poi, la conclusione serafica della Simonetta che tanto buona e gentile appare, ma non è:
“Il popolo può ritenersi veramente fortunato di averci elette”.

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British rats flea the sinking EU
British rats flea the sinking EU

Le trattative con l’UE per la messa in pratica della decisione popolare del 9 febbraio 2014 dipendevano fino all’estate scorsa da tre dipartimenti: quello di Giustizia e Polizia (Simonetta Sommaruga, quello dell’Economia (Johann Schneider-Amman) e quello degli Esteri (Didier Burkhalter). Lo scorso 24 giugno alla conferenza stampa indetta per informare i giornalisti (e di conseguenze anche il popolo) sullo stato delle trattative comparve solo il neocastellano. Il CF aveva deciso di delegare al solo Dipartimento degli Esteri l’ulteriore condotta delle trattative. Ad un personaggio cioè che fortissimamente vuole, senza esitare a ricorrere a stratagemmi e sotterfugi, quell’adesione all’UE che il popolo ha più volte recisamente respinto. Adesso le eccezioni alla libera circolazione delle persone le sta ottenendo la Gran Bretagna, e non escludo che presto le ottengano anche altri stati di quell’artificiosa costruzione che è l’attuale UE. Schengen e Dublino, altre “scoperte” dell’UE con valore di assioma, sono oramai carta straccia. Il rischio che, con un Burkhalter alla guida delle trattative con Bruxelles, la Svizzera rimanga il solo stato in Europa a dover lasciare circolare a loro piacimento e convenienza tutti i quasi 500 mio di cittadini europei incombe su di noi come una nuvolaccia nera, foriera di tempesta.

Il CF ha lasciato inutilmente trascorrere 2 anni nel vano tentativo di convincerci che l’UE non può discutere pincìpi che per lei hanno valore di dogma (ma adesso con la GB li ha discussi). Di quel tempo (i 2 anni già trascorsi) e delll’anno presidenziale nel 2015 ha approfittato la Signora Simonetta che tanto gentile e buona appare ma non è, sempre felice di potersi recare a Bruxelles per farsi riverire e baciare sulla guancia da un “grande” della statura di Jean Claude Juncker. Secondo la procedura accelerata promessa da Burkhalter nella conferenza stampa di giugno, nei prossimi giorni dovrebbe giungere in Parlamento un nuovo rapporto sullo stato ultimo delle trattative, rapporto già elaborato dal CF nello scorso autunno. L’intero 2016 sarà poi a disposizione dei deputati per lo studio e la discussione del “dossier”, come lo sarà per un’adeguata informazione del popolo. Ma tutto resta bloccato fino al prossimo 23 giugno dalla decisione della Commissione UE di attendere il risultato del referendum inglese sull’eventuale uscita dall’UE. L’8 febbraio 2017 scadrà il termine di 3 anni previsto dal nuovo articolo costituzionale per la messa in pratica di quanto deciso dal popolo il 9 febbraio 2014. In un senso o nell’altro si giungerà ad una conclusione. Sarà quella l’occasione per me di rivedere, sempre che la Parca non corra in mio soccorso prima, la pessima opinione che ho di Burkhalter? Anche la speme, ultima dea, fugge i …..

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L’economia senza confini, in altre parole quella “globale”, mostra chiaramente le sue due facce. Creatrice di grande benessere per una piccola fascia, trappola apportatrice di povertà e disoccupazione per una grande fascia della popolazione. In mezzo a queste due fasce un ceto medio semidistrutto che si barcamena come meglio può.
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Sul fatto che la Svizzera sia lo stato che più di tutti si è inerpicato sul sentiero ripido e sassoso che conduce alla vetta del monte Democrazia non ho il minimo dubbio, anzi ne vado particolarmente fiero. Conquiste democratiche, passo dopo passo, che ci hanno permesso di far convivere religioni (impresa tutt’altro che facile, nei tempi storici come nell’attualità, quando guardo al resto del mondo) e etnie (la Jugoslavia di Tito, per fare un esempio, si è risolta in un cruento fallimento). Anche i differenti idiomi possono porre problemi di convivenza, risolti da noi, grazie alla composizione federalista del Paese, a livello cantonale e poi confermati nella Costituzione e in una legge federale.

Adesso si discute dell’introduzione precoce nelle nostre scuole di una quinta lingua avviata alla conquista del mondo intero, Russia, Cina e Giappone compresi: l’inglese. Una lingua che ha oramai raggiunto uno stadio di diffusione internazionale motu proprio che sembra inarrestabile. Nelle nostre università romande e svizzero-tedesche l’insegnamento si fa oramai, per più di una metà dei corsi, nella lingua di Shakespeare o, più modestamente, della regina Elisabetta. Diffusione per forza propria, sto dicendo. Ma non è stato sempre così. Fin dai tempi coloniali e post-coloniali gli stati anglosassoni hanno investito ingenti capitali nei sistemi educativi dei paesi sottomessi per far sì che la loro lingua venisse adottata come linguaggio ufficiale, accanto a quella delle rispettive nazionalità. Avevano capito, prima di spagnoli e francesi (potrei aggiungervi anche quei ritardatari del 21esimo secolo che in questo campo sono i cinesi), che l’adozione mondiale del proprio linguaggio assicurava vantaggi commerciali e potenza politica, sul piano regionale come su quello globale. Il crollo del gigante dai piedi d’argilla che era l’impero sovietico ha permesso agli anglo-sassoni di estendere il loro (pre)dominio all’unico territorio politicamente rilevante che era, sino a quel momento, riuscito a sottrasi all’invasione idiomatica. Adesso è in pieno corso la conquista (pacifica?) della Cina.

I miei vicini di casa inglesi di Tenerife, residenti sull’isola da anni se non da decenni, non spiaccicano una parola di spagnolo che sia una, e si rivolgono con grande naturalezza a noi e ai canarios autoctoni in inglese. Noi che parliamo italiano, tedesco e francese ci sentiamo intimoriti nel dover constatare la nostra pratica ignoranza e ci arrabattiamo disperatamente (colpa dell’età avanzata) nel tentativo di acquisire quelle conoscenze di spagnolo che ci permettano qualche contatto con la popolazione autoctona. Agli inglesi sono diventato allergico, ed è un peccato, perché una grande cultura l’hanno anche loro. Avrò occasione di rimediare grazie alla metempsicosi, sempre che non mi faccia lo scherzo di farmi rinascere muto.

Gianfranco Soldati