Merkel 2Helmut Schmidt, scomparso verso la fine dell’anno scorso, è uno dei rarissimi uomini politici europei, ma potrei dire anche mondiali, che si siano guadagnati la stima quasi unanime della destra di mia appartenenza. Una “Zeit-Fragen” dello scorso gennaio mi ha fatto scoprire che è stato anche profeta, con un trafiletto dal titolo: “Fare della Germania un paese d’immigrazione è un’assurdità”. Traduco quindi l’intervista profetica accordata dal cancelliere il 12.9.1992 alla “Frankfurter Rundschau”:

Helmut-Schmidt-1976-2“L’idea che una moderna società civile debba essere in grado di trasformarsi in società multiculturale, con il più grande numero di differenti gruppi, la considero errata. Non si può fare della Germania, con la sua storia millenaria a partire da Ottone I, un crogiuolo di culture. Non è lecito farlo per la Francia, né per la Gran Bretagna, come non lo è per la Germania. Sono società che non lo sopportano se non a rischio di degenerare. L’idea, diffusa per anni da un Heiner Geissler (n.d.a.: uno dei tanti professoroni di scienze sociali e affini che ne sanno sempre una pagina più del libro), di una nostra capacità di far convivere fianco a fianco più culture l’ho sempre ritenuta assurda. Visto che viviamo in una democrazia, dobbiamo anche prestare un po’ di attenzione, per favore, alla volontà popolare, e non solo ai parti del pensiero professorale. Fare della Germania un paese di immigrazione è assurdo. Potrebbe capitare di finire sommersi”. Esattamente quello che sta capitando, grazie ad una folgorazione della Merkel sulla via da (“da”, quella di partenza dei rifugiati, non il “di” del cammino sul quale si trovava San Paolo) Damasco.

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soldatiDa ricordare agli amici, che sommersi da miliardi di notizie in buona parte manipolate e interessate, cercano disperatamente di dimenticare per non sovraccaricare le stanche meningi: il segretario di Stato John Kerry, un personaggio che suscita simpatia a prima vista anche a chi, come me, di simpatia per gli anglosassoni in genere, per gli americani in particolare, ne ha ben poca, il 30.8.2013

aveva proclamato di “sapere” che l’impiego di armi chimiche nei precedenti nove giorni della guerra in Siria era da addebitare al governo di Bashar al-Assad. Adesso sappiamo che era invece da addebitare ai ribelli e che del “sapere” di Kerry (e degli americani in genere) non ci si deve fidare.

La delegazione del dittatore siriano, che gli USA volevano assolutamente far fuori, prima che Putin lo prendesse sotto la sua protezione, sta adesso trattando da pari riconosciuto e indispensabile a Ginevra, in un disperato sforzo di conseguire una tregua più lontana che mai. Le trattative, dirette da Staffan de Mistura, si fanno sotto l’egida dell’ONU, ma con il consenso USA. La politica della capriole?

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L’estate scorsa il Senato americano ha autorizzato il presidente Obama a firmare trattati commerciali internazionali senza la preventiva discussione e decisione del parlamento. Si tratta dei TPP (Trans Pacific Partnership), TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) e TiSA (Trade in Services Agreement) con il loro corollario ISDS (Investor to State Dispute Settlement). Si tratta di sigle (o acronimi) che gravitano attorno ad un’altra sigla, USA, che tutti conoscono e riconoscono. Trattative di liberalizzazione, globalizzazione e privatizzazione dei rapporti economici, condotto da anni nella massima riservatezza, per non dire in segreto tra USA e paesi rivieraschi dell’Oceano Pacifico da una parte, tra USA e UE dall’altra. Sono negoziati che comportano di per sè grossi pericoli per i contraenti, vista le abituali tendenze e inclinazioni alla sopraffazione della politica estera statunitense. Se poi nella sigla compare il termine “Partnership”, c’è di che sentirsi tremare i polsi, forti dell’esperienza, da me ricordata innumerevoli volte, di Alexey Jendrichin-Wandam, che già più di un secolo fa sosteneva che di peggio dell’inimicizia degli anglosassoni c’è solo la loro amicizia.

Le trattative si urtano a grossi ostacoli, in particolare per quel che concerne l’agricoltura. Coltivare maïs in immense pianure o farlo su territori collinosi o addirittura montagnosi ha costi ben differenti, permettere o non permettere gli organismi geneticamente modificati o l’uso di ormoni e antibiotici per la produzione di carne ha conseguenze in chiara contrapposizione per quel che concerne la concorrenzialità.

L’opposizione più dura nell’UE si fa, a quanto pare (la condotta riservata con tendenza alla segretezza è la prima caratteristica di queste trattative, notizie sicure mancano), da parte della Germania, con il sostegno incerto, ma negli ultimi tempi più convinto, del presidente della Commissione, Jean Claude Junker. La renitenza da parte delle nazioni coinvolte è però quasi unanime per quel che concerne l’ISDS, un meccanismo-tranello che dovrebbe permettere alle multinazionali di chiedere i danni qualora leggi nazionali (per esempio un aumento di imposte o prescrizioni di natura ecologica o altra) dovessero indurre una diminuzione dei profitti.

Molti osservatori ritengono che i mutamenti previsti in queste trattative siano parte di un progetto più ampio, che si chiama NWO, New World Order. Potrebbe anche darsi che si tratti di dietrologia, ma personalmente ne sono convinto anch’io. E la concessione ad Obama della facoltà di firmare senza consultare il Senato può essere ritenuta una conferma di questa presunzione. Come convalida anche un altro sospetto: che gli ideatori di questi trattati vogliono metterci di fronte ad un fait accompli.

La Svizzera non è direttamente coinvolta nelle trattative, ma naturalmente non sarà mai in grado di sottrarsi alle conseguenze di quanto concordato sul piano mondiale (in pratica solo Cina e Russia restano e probabilmente resteranno per sempre fuori). Il nostro governo segue però attentamente, nei limiti del possibile, le trattative in corso. Se trepidante o no non lo so, ma lo spero.

Per quel che mi concerne ho passato una intera notte di insonnia a spremermi le meningi per immaginare quale potrà essere, nel quadro di questi trattati, il pretesto dei coltivatori di maïs e frumento americani, spalleggiati da un qualunque loro giudice monocratico, per spillare qualche milioncino all’associazione mantello dei contadini svizzeri. Non sono riuscito ad escogitare alcunchè, ma sono sicuro che i ricattatori delle banche svizzere non faticheranno a trovare imitatori diligenti nelle cerchie dei nostri migliori amici (gli americani) interessati a questi infidi TIP, TTIP et similia.

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Sull’abbattimento in Ucraina dell’aereo della Malaysia Airlines (17.7.2014, volo MH 17, 298 vittime) è caduto un silenzio di tomba. Segno inequivocabile che la commissione d’inchiesta subito convocata è giunta, dopo mesi di lavoro, a conclusioni “sconvenienti” per la propaganda della combriccola responsabile (USA, Nato e servitorelli del governo di Kiew). La commissione, composta di soli olandesi che suppongo accuratamente scelti, ha stabilito che l’aereo è stato abbattuto da un missile terra-aria Buk, di fabbricazione russa, ma si è guardata bene dal dire chi sia stato a lanciarlo. Questi missili sono ovviamente in possesso della Russia come lo erano dell’esercito ucraino ai tempi del presidente deposto Victor Janukowic, e secondo ogni logica sono rimasti anche in possesso dell’esercito del “governicchio” vassallo degli USA di Arsenij Jaseniuk. Che la Russia li abbia forniti ai “separatisti” ucraini filorussi è invece poco probabile per non dire inverosimile. Da tutte queste considerazioni si deduce che a lanciare il missile, sicuramente per sbaglio, siano state batterie dell’esercito di Kiew.

Negli USA opera un gruppo di ex membri della CIA , VIPS (Veteran Intelligence Professionals for Sanity) che lottano in favore di una politica ragionevole e aperta. Questo gruppo ha pubblicamente chiesto al presidente Obama, fin dal 29.7.2014, appena 12 giorni dopo la disgrazia, di pubblicare tutte le informazioni in possesso dei servizi segreti americani riguardanti il tragico abbattimento dell’aereo malese con i 298 innocenti a bordo. Una risposta l’aspettano ancora e non bisogna essere profeti per pensare che non la riceveranno mai.

Gianfranco Soldati