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FedGli esperti finanziari sono preoccupati dalla corsa ai tassi d’interesse negativi che le banche centrali hanno iniziato a praticare a livello globale. Dopo la Banca del Giappone e la Banca centrale europea, ora ci pensa anche la Federal Reserve americana.

A metà febbraio, diverse grandi banche, tra cui Deutsche Bank, Credit Suisse, Standard Chartered, Bank of America Merill Lynch e Morgan Stanley, hanno visto crollare il corso delle loro azioni. Jamie Dimon, presidente di JP Morgan, ha deciso di usare 26,6 milioni di dollari del suo salario per riacquistare azioni della banca. Se da un lato questa decisione ha contribuito a fermare la caduta libera del titolo di JP Morgan, dall’altro è anche la prova della fragilità dei colossi bancari.

Per spiegare la sfiducia nei titoli delle grandi banche si è parlato della stagnazione in Cina, della debole crescita economica mondiale, del basso prezzo del dollaro, di una crisi di panico che avrebbe colpito i mercati. Senza dimenticare i tassi d’interesse negativi.

Le banche avevano preso l’abitudine di fare benefici prendendo a prestito soldi a tassi negativi o molto bassi per piazzarli in attivi stabili, come le obbligazioni sovrane di paesi sicuri, che potevano offrire un rendimentointeressante. Ma anche i tassi d’interesse delle obbligazioni sono crollati, a breve e a lungo termine. Si stima che i governi abbiano emesso obbligazioni a tassi negativi per migliaia di miliardi di dollari, principalmente in Europa e in Giappone.

Axel Weber, banchiere del colosso svizzero UBS, descrive il problema in questo modo :

“Gli effetti secondari della medicina diventano sempre più forti, gli effetti positivi sempre più deboli.”

L’aumento dei tassi d’interesse negativi porta un rischio di deflazione, legato alla disoccupazione persistente, ai salari in calo, alla debolezza del prezzo delle materie prime, al calo dei prezzi in generale, indotto dalla numerizzazione dell’economia.