Vivaldi-Forti-1x1 yDa tempo si dibatte, in Italia, su cosa sia una cultura di destra e se tale definizione abbia ancora senso, nel contesto della società contemporanea. L’interpretazione attenta del seguente brano, di cui soltanto alla fine  svelerò l’autore, può aiutarci a fornire una risposta:

“Oggi, il modo di pensare dialettico è estraneo all’intero nostro universo di termini e azioni. Esso sembra appartenere al passato ed essere respinto dalle conquiste della civiltà tecnica. La realtà di fatto  sembra abbastanza promettente e produttiva per respingere o assorbire in sé ogni alternativa. L’accettazione,  e anche l’affermazione di tale realtà appare pertanto  coma l’unico principio metodologico ragionevole. Inoltre,  un tale atteggiamento  non impedisce né la critica né il mutamento: al contrario, l’insistenza sul carattere dinamico dello status quo  e sulle sue  perenni “rivoluzioni” costituisce  uno tra i suoi più validi sostegni. Una tale  dinamica, tuttavia, sembra operare perennemente  entro lo stesso schema di vita: rendere più facile  il dominio sull’uomo  da parte dell’uomo  e dei prodotti del suo lavoro,  anziché abolirlo. Il progresso diviene  quantitativo  e tende a rimandare all’infinito  il passaggio dalla quantità alla qualità, cioè l’affermazione di nuovi modi di esistenza con nuove forme di ragione e di libertà”.

Al contrario di quanto  sarebbe avvenuto  nel mitico Sessantotto, difficilmente  il lettore ignaro di storia  della filosofia  potrebbe riconoscerne l’estensore, ossia quell’Herbert Marcuse  che all’epoca della grande contestazione  era universalmente considerato uno dei suoi massimi ispiratori  (Herbert Marcuse, Ragione e rivoluzione: Hegel e il sorgere della teoria sociale, New York 1954). L’analisi che contiene, infatti, con i suoi attacchi alla razionalità tecnologica moderna intrinsecamente repressiva e i vibranti richiami agli aspetti  qualitativi dell’esistenza, lo fa apparire assai vicino alle posizioni non soltanto della destra  classica, da Gentile in poi, ma anche del cattolicesimo tradizionalista d’ispirazione sociale, come appare nelle lettere encicliche dell’ultimo secolo, in particolare dei Sommi Pontefici più intransigenti e antimodernisti quali Leone XIII, Pio X, Pio XII e Giovanni Paolo II.

Il cittadino non particolarmente informato nel campo delle scienze sociali potrebbe restare in un  primo momento  smarrito: com’è possibile, si potrebbe chiedere, che il pensiero una volta definito di destra scopra oggi molte convergenze con quello da sempre  ritenuto di sinistra?

Ciò non deve meravigliare. Ad essere radicalmente cambiato, infatti, non è l’universo filosofico in quanto tale, ma la realtà socio-economica sottostante, la cui interpretazione richiede strumenti conoscitivi ben diversi dal passato. Solamente così si può spiegare il fatto che un sociologo d’ispirazione marxista come Luciano Gallino sia oggi letto con attenzione e interesse anche da un pubblico che affonda le proprie radici nell’idealismo, ovvero che certi movimenti di popolo come il Lepenismo  in Francia  o Alba Dorata in Grecia  si trovino spesso fianco a fianco con gli Indignados, Podemos o Syriza. Il fenomeno che provoca queste apparenti contraddizioni potremmo definirlo di convergenza al centro e divergenza delle estreme. In altri termini , quella razionalità tecnologica, appoggiata su presunte leggi scientifiche e perciò teoricamente inattaccabili, contro cui si scagliava la Scuola di Francoforte fin da settant’anni or sono, con accenti allora incompresi  ma che oggi appaiono profetici, si è trasformata in un centro di potere mondiale tirannico, intollerante  di ogni forma di  dissenso, in paragone al quale i totalitarismi del  XX secolo sembrano regimi liberali.

La grande forza di questo sistema  consiste nell’enorme concentrazione di ricchezza in poche mani, mediane la quale alcune migliaia d’ individui che siedono nella stanza planetaria  dei bottoni si sono comprata la fedeltà delle classi politiche ad ogni livello: locale, regionale, nazionale, internazionale. Le recenti vicende italiane ne costituiscono una prova inequivocabile: prima i poteri forti globali, che già occupavano le istituzioni europee facendo leva su governi fantoccio, hanno inscenato la tragicommedia dello spread e della crisi finanziaria per cacciare Berlusconi, ultimo Presidente  del Consiglio legittimo, con la complicità di alcune  delle massime cariche dello Stato; poi, hanno imposto due scialbi Gauleiter nelle persone di Mario Monti ed Enrico Letta, entrambi emanazioni della Troika , e infine  il ragazzotto di Rignano sull’Arno, piccolo provinciale ambizioso, ammanigliato alle combriccole del potere bancario come  gli ultimi  fatti hanno rivelato.

La sua intrinseca debolezza, che adesso sta emergendo in maniera drammatica, proviene dalla sua attuale incapacità di garantire quella base minima di benessere  collettivo che , come sottolineano gli esponenti della Scuola di Francoforte , e quindi di sinistra, è la moneta di scambio atta a garantirsi la pace sociale di cui ha bisogno per condurre i propri loschi affari in  modo tranquillo e indisturbato. Tutti i più illustri  autori di quella corrente (Horkheimer , Adorno, Marcuse, Fromm) pur non distinguendosi certo per il loro ottimismo, sono concordi  nell’affermare che il sistema  crollerà quando l’ordine, offerto in cambio della libertà  dei popoli e della dignità umana, non potrà essere mantenuto, per il deflagrare delle sue stesse contraddizioni. La sua apparente e illusoria razionalità, che ne consente l’esistenza, si trasformerà allora nel contrario: i costi delle status quo diverranno così elevati da fargli preferire il disordine e l’anarchia  rivoluzionaria, per quanto scomodi possano essere.

Il momento di rottura coinciderà con l’esasperazione dei metodi usati dalla cupola malavitosa mondiale  per mantenersi al potere: la crisi, raggiunto l’apice, obbligherà la mafia ad abbandonare ogni residua parvenza di umanità e tolleranza, rivelando il suo autentico volto di spietata tirannide del denaro, cresciuta  nell’ambiente criminale  del peggiore  gangsterismo d’oltre Atlantico. Ormai ci troviamo in questa fase. I poteri forti esercitano da tempo, dall’inizio della spaventosa recessione da loro stessi voluta, pressioni  sempre più pesanti sulle forze politiche  che da loro emanano, affinché adottino tutti i provvedimenti  legislativi necessari alla spogliazione dei sudditi, estrema risorsa di questa banda di ladri prima dell’inevitabile fine. Di fronte a questa tragica realtà, di cui la devastazione ecologica in atto è soltanto una delle molte conseguenze, non ha più senso parlare di cultura  di destra e di sinistra fra loro contrapposte. L’unica alternativa alla catastrofe è la rivoluzione della gente per bene contro l’orda di delinquenti che quasi dappertutto occupa le posizioni di comando. Scrive Wolfgang Fritz Haug  a proposito del pensiero marcusiano:

L’ideologia non si contrappone più al processo di produzione, come in Marx, ma vi s’incarna pienamente. Potere, amministrazione, ideologia, tecnologia creano un contesto unico e inscindibile nel quale tutto il resto, specie  la ragione, la realtà  e l’estetica, si trova fatalmente irretito  e ‘oscenamente mescolato’ . Il processo di produzione coincide ormai con il Tutto. La società industriale moderna  si regge  sulla profonda identità degli opposti; ormai è il Tutto  a essere in questione. Per non cadere nella ‘fatale integrazione’, la teoria critica dovrà quindi tradursi nello ‘affatto diverso’ dalla realtà attuale. Su questa strada essa arriva necessariamente, pensa Marcuse, a una regressione  dalla critica dell’economia  alla filosofia”  ( Wolfang Fritz Haug , Risposte a Marcuse, Bari 1969).

La sottolineatura è nostra, in quanto il virgolettato affronta un tema cruciale per la definizione di una cultura alternativa. Infatti, da quando nel mondo industrializzato  ha prevalso il pensiero  unico, lo slogan con cui il sistema  ha perpetuato se stesso è l’esaltazione  del  pragmatismo. Basta, una buona volta, con la speculazione intellettuale, la meditazione  e la ricerca filosofica!  Cancelliamo dalla nuova società dell’economia  e della finanza, del profitto e della sopraffazione, ogni traccia di pensiero  astratto, metafisico, o semplicemente  qualsiasi idea originale! Tale brama di potere segna la fine di ogni autentica forma d’arte , ridotta a un puro rispecchiamento della squallida realtà contemporanea.

La lotta contro la malavita imperante  passa perciò attraverso la negazione del pragmatismo, vero e proprio instrumentum  regni, e dalla riscoperta dell’utopia. Bisogna restituire alla filosofia e all’arte la loro funzione specifica  di guide  verso modelli sociali, etici, estetici alternativi, la sola condizione che le fa grandi, come testimonia l’intero nostro passato. E’ da questo punto di vista , conclude Haug, che la Scuola di Francoforte riceve le norme per la sua teoria critica. Essa dovrà tradursi nell’affatto diverso rispetto alla situazione esistente: la contestazione deve uscire dal Tutto, poiché soltanto così non ne rimarrà fagocitata.  I concetti non devono più guardare a ciò che esiste ma a ciò che è possibile. A tale orientamento  Marcuse  dà il nome di trascendenza. La trascendenza rivoluzionaria si dovrà armare di concetti olistici: tutto, sempre, nulla, mai, mai più. Come ben si vede, qualcosa di assolutamente diverso dal relativismo  odierno, diffuso dalla mafia globale  al fine di perpetuare il proprio dominio.

Queste, in sintesi, le sfide che la nostra epoca pone alla cultura  alternativa. La destra possiede oggi le energie  e l’intelligenza per affrontarle? Il dubbio  è d’obbligo,  ma se così non fosse  il futuro si presenterebbe  per lei irrevocabilmente  segnato, e se si trattasse soltanto di questo potremmo farcene una ragione, ma il peggio è che nessun avvenire degno di tal nome  si aprirebbe  per l’Italia  e per l’Europa.

Carlo Vivaldi-Forti