“Mario Draghi è matto da legare”

David-Stockman-Fed-Reagan

Un articolo del politico americano David Stockman, pubblicato l’11 marzo scorso sul portale DailyReckoning.com 

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Mario Draghi è matto da legare, così come lo è l’intera classe politica della Zona euro. La Banca centrale europea cerca di combattere la debole crescita e l’inflazione bassa con nitroglicerina monetaria. E’ solo una questione di tempo, prima che provocheranno l’esplosione del sistema finanziario. Non è il tasso di riferimento della BCE, a -0,3/–0,4 % che risolverà i problemi. La soluzione non è nemmeno un nuovo Quantitative easing da 80 miliardi di euro al mese invece di 60 miliardi.

Draghi+-+sgignazzaMario Draghi non capisce che, oberato dai debiti da oltre 10 anni, il settore privato europeo non vuole indebitarsi ulteriormente. Il problema della debole crescita in Europa è causato dagli eccessi di aiuti sociali, tasse e norme, non dalla debolezza del credito privato. Problemi che vanno risolti dalla politica fiscale dei politici eletti dal sistema della BCE.

Il settore privato della Zona euro ha avuto l’ultimo round di frenesia di prestiti tra l’adozione della moneta unica e il 2008. I debiti sono progrediti annualmente del 7,5 %. Negli ultimi 8 anni, gli importi dovuti si sono stabilizzati e questo malgrado le misure di repressione dei tassi da parte della BCE, che hanno portato i mercati nell’inferno dei tassi negativi.

Nemmeno gli acquisti obbligatori di circa 700 miliardi di euro dei QE hanno cambiato qualcosa. A fine gennaio, i crediti bancari del settore privato erano di 10,24 trilioni di euro, la stessa somma del marzo 2015, quando Draghi e il suo team di creatori di moneta avevano deciso di aumentare la dose.

E’ evidente che il problema non è nemmeno la bassa inflazione, che non è causata da un deficit di creazione monetaria o dai tassi ridotti dalla BCE. La tregua di cui beneficia la BCE rispetto al suo normale tasso annuale d’inflazione di 1-2 % si spiega con la congiunzione del calo del prezzo del petrolio, delle materie prime, dell’acciaio, ecc.

La deflazione mondiale è la conseguenza di pessimi e massicci investimenti nei settori minerario, energetico, industriale, dei trasporti e della distribuzione. Investimenti causati dalla frenesia del credito, resa possibile dalle politiche monetarie delle banche centrali. Un debito enorme che ha distrutto la capacità di investire e di creare una crescita organica.

L’eccesso di capacità comprime i prezzi, i margini e i profitti. La Cina e i mercati emergenti sono stati i paesi più colpiti. Soffrono anche le vendite di macchinari all’avanguardia, l’alta tecnologia e i prodotti di lusso, con un conseguente impatto sulla Germania e altri paesi europei.

Il nuovo round di QE della Banca centrale europea non avrà impatti positivi sulle importazioni di prodotti europei da parte della Cina e dei paesi emergenti. Mario Draghi non è riuscito a indebolire l’euro, ma il freno non è causato dal tasso di cambio. Il vero problema è la saturazione degli investimenti nei mercati esteri, che non sono più in grado di indebitarsi.

La Banca centrale europea e le altre banche centrali hanno perso ogni contatto con il buon senso. Si perdono dietro a decimali microscopici dei tassi d’inflazione, che nulla hanno a che vedere con la prosperità economica della Zona euro.