Galleria “La Colomba”, via al Lido 9, Lugano

Sabato 9 aprile 2016, a partire dalle ore 17.30, sarà inaugurata la mostra

INFORMALI

Nel vasto panorama artistico informale, la Galleria ha scelto di proporre:

Mario Bionda; Arturo Carmassi; Alfredo Chighine; Carlo Cotti; Gianfranco Fasce; Pinot Gallizio; Piero Giunni; Costantino Guenzi; Pierluigi Lavagnino; Pompilio Mandelli; Umberto Milano; Bruno Pulga; Tino Repetto; Piero Ruggeri; Ruggero Savinio; Domenico Spinosa; Luiso Sturla.

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Sp Giunni minA seguito delle profonde devastazioni e sofferenze causate dalla seconda guerra mondiale, anche gli artisti, emigrati per lo più in America, faticano ad avere certezze. La pittura diventa informale, sottraendosi al figurativo, alla geometria e al rigore matematico che caratterizzano l’Astrattismo.

Parliamo generalmente d’Informale per indicare tutta una serie di esperienze pittoriche comprese tra la seconda guerra mondiale e gli anni Sessanta, accademicamente distinte in gestuale, segnico e materico. La diversità di espressioni pittoriche, presenti in America come in Europa, fa sì che il termine acquisisca una valenza riassuntiva, di cui i contorni non risultano sempre evidenti.

È tuttavia giustificato parlare d’Informale poiché nella sostanziale diversità delle pitture, sono stati messi in luce alcuni elementi comuni a tutti i pittori.

Se l’Informale si muove inizialmente nel solco del rifiuto della storia, esso ben presto si schiera a favore della vita, di una nuova vita, da vivere e da (ri)costruire. Già a partire dalla fine degli anni ’50, la spinta di ribellione e di polemica, all’insegna della quale l’Informale era nato, si stemperò a favore dell’emozione, della sensazione, pur mantenendo una costruzione artistica controllata. Se si può leggere l’Informale come espressione di crisi, di cattiva coscienza ereditata dalla guerra, di disagio esistenziale, in esso germoglia e cresce spontaneamente un élan vital, prima deboli istanti di emozione, affermazione, poi slanci veri e propri, esplosioni di vita.Sp Giunni 3 mini

L’Informale si ricongiunge però con la storia almeno nella scelta del materiale, apparentemente tradizionale, quale è la tela, abbandonando così l’assemblage e i collage delle Avanguardie Storiche. La tela è spazio reale, privato di profondità prospettica e il disegno, quando compare, è struttura di segni. I colori non riempiono figure, poiché sarebbe necessario ammettere una premeditazione che nell’Informale non c’è, ma sono abilmente sovrapposti o accostati, innervando una tela che diventa così disegno. Il gesto pittorico diventa testimonianza dell’esistere, attività autobiografica, scrittura privata del pittore che con il suo slancio artistico vive.

Riproporre l’Informale a più di sessant’anni dagli albori di questa corrente risulta interessante, è un gesto storico e al contempo esplicativo. Significa ritornare al passato che però rimane vivo e presente nella pittura contemporanea, all’interno dell’artisticità di pittori che di esso si sono nutriti e formati. Significa dunque percorrere qualche passo indietro, nel tentativo di comprendere l’attualità artistica.

Come dice molto bene Renzo Ferrari a questo proposito, “ogni linguaggio si manifesta in un tempo storico preciso e può mantenere, trascorso questo tempo storico, un tramando di vitalità sotterranea”. Ciò è possibile solamente “attraverso una reinvenzione dei moventi espressivi che ne hanno determinato la nascita”. Ecco perché un ritorno agli anni d’oro dell’Informale si può prefiggere lo scopo specifico di riscoprire un passato vicino di cui la pittura contemporanea è interprete e debitrice.

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