SerpieriMUST GALLERY presenta Fulgor in signis. Inganni di senso, la mostra personale dell’artista bolognese Beatrice M. Serpieri – vernissage 7 aprile – che approda a Lugano con due cicli avvincenti della sua recente produzione.

Concentrandosi sull’immagine scultorea già in essere, Beatrice M. Serpieri osserva in profondità la figura per poi scomporla e ricomporla, appropriandosi di ogni singolo dettaglio ed esaltandone la forma per restituirgli una nuova dimensione visiva e una diversa definizione compositiva.

Come scrive Jadranka Bentini sul catalogo della mostra, “all’artista non interessa la sapienza mimetica delle forme del naturale che i grandi della scultura hanno saputo interpretare; il suo è un processo ricreativo su testi famosi per coglierne nuove suggestioni con la modernità dei mezzi tecnologici attraverso una specifica ricerca da lei stessa messa a punto, ma senza stravolgimenti o artificiose rappresentazioni che ne alterino il senso”.

L’artista, rinvigorita dalla sua lunga esperienza maturata nell’ambito della fotografia, non si ferma dinanzi all’obiettivo con il semplice scatto fotografico. Il suo infatti, è un processo che inizia subito dopo, fatto di sguardi e di riflessioni, e tende ad esaltare il senso dell’osservazione del manufatto artistico proveniente dalla storia dell’arte e a sublimarne il valore del dettaglio, dando vita a una nuova composizione sotto forma di fotografie scultoree, “vestite” di una diversa e inedita tridimensionalità. Antonio D’Amico in catalogo, sottolinea che “Serpieri affida la costruzione delle sue visioni autentiche e indefinite alla luce, la quale è la protagonista assoluta di ogni suo elaborato. La luce rileva e definisce, esalta e nasconde, “non ripete le cose visibili”, come direbbe l’artista svizzero Paul Klee, “ma rende visibile” ciò che era celato dalla realtà figurativa tradizionale. Infatti, Beatrice M. Serpieri mette in discussione il pensiero sul visibile, sulla produzione incardinata nel reale, per ribaltarne la visione e attivare uno scambio simbolico, un cortocircuito, ridefinendo una rilettura delle immagini”.

Si tratta di 11 scatti fotografici ricchi di suggestioni, realizzati nel Museo delle Cere Anatomiche “Luigi Cattaneo”, in accordo con l’Ateneo Bolognese, che danno vita al progetto De Corporis Fabrica e di altrettanti 11 scatti dedicati allo straordinario, quanto misterioso, scultore del Novecento, Adolfo Wildt, del quale di recente si sono potute ammirare una serie di sculture nella mostra temporanea organizzata al LAC di Lugano.

Il lavoro fotografico dell’artista è allo stesso tempo scultoreo, in quanto nella scelta dei masselli di metacrilato traslucente, sul quale sono montate molte delle sue opere, si ritrova la tridimensionalità della scultura e questa per Serpieri, come ribadisce Jadranka Bentini che ormai da diverso tempo segue il lavoro dell’artista, “è una scelta precisa: senza ombra di dubbio, è un omaggio a grandissimi maestri del passato che ella sente nel profondo, rispettati e rivissuti in chiave di motori capaci di innestare nuove dinamiche di senso dietro le forme algide e perfette del marmo, come dietro quelle verisimili della cera.

Le sollecitazioni verso interpretazioni altre, senza tradimenti o alienazioni, rispondono a partiture e configurazioni sapientemente dosate su assi compositivi in equilibrio, tra iperboli e armonie classiciste, come fili che si dipanano in un illusorio labirinto di cui l’artista non perde mai il filo.

Serpieri non vincola l’osservatore a precise letture interpretative, piuttosto consegna al suo pubblico continui suggerimenti a leggere oltre il visibile, in una gamma estesa di ripercussioni metamorfiche e di senso di cui ella stessa si fa garante”.

L’invito di Beatrice M. Serpieri è dunque quello di riscoprire lo straordinario mondo invisibile che è nascosto dietro l’immagine, per dirla con le parole di Federico Zeri, e a non fermarsi mai dinanzi alle apparenze, perché l’altrove è metamorfosi dell’esistenza, veicolo di coscienza e conoscenza.

Antonio D’Amico