2016

(fdm) Ho incontrato il professor Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa a Mosca, agli inizi di giugno, nella bellissima casa di Pura “grondante arte” dell’amico Arminio Sciolli. Una serata gradevolissima, ricca di contatto umano ed intellettuale, con molti ospiti di rilievo: da Norman Gobbi a Marcello Foa, all’editore Sandro Teti, a Nataliya Shtey Gilardoni, all’avvocato Mascetti di Varese (ecc.)

Il testo che segue è la rielaborazione (ad opera di Costanza Naguib) di una notevole intervista realizzata da Marcello Foa e pubblicata nel Corriere del Ticino.

fallico yzDalla dissoluzione dell’URSS nei primi anni Novanta al default del 1998, senza dubbio quella che oggi prende il nome di Federazione Russa ha conosciuto momenti politici ed economici difficili. Oggi, pur godendo di una posizione di rilievo nel consesso internazionale, la Russia deve ancora definire quali saranno gli elementi fondanti della sua strategia futura per la crescita. Abbiamo parlato di questi temi con Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia ed esperto della situazione economica e finanziaria del paese.

Marcello Foa  Per iniziare parliamo di due paesi molto diversi: la Svizzera e la Russia. Quali rapporti esistono tra di essi?

Antonio Fallico  La Svizzera non ha aderito alle sanzioni decise dall’Unione Europea in seguito alla crisi della Crimea; questo fatto ha senza dubbio favorito gli scambi commerciali russo-elvetici. Tra i settori maggiormente interessati si annoverano quello della finanza, della tecnologia, dell’industria farmaceutica e agroalimentare. Mosca sa, tuttavia, che benché la Svizzera sia un piccolo paese relativamente indipendente, è incuneata nell’Europa; di conseguenza, le posizioni di Berna in tema di politica internazionale sono solitamente allineate con quelle europee e statunitensi.

Le sanzioni che Lei ha menzionato, in che misura hanno influito negativamente sull’economia russa?

AF Queste misure restrittive degli scambi commerciali impediscono alle imprese straniere di effettuare investimenti esteri diretti, vale a dire investimenti dettati da un’ottica di medio-lungo periodo. Tuttavia, è importante menzionare il fatto che le sanzioni non abbiano avuto alcun impatto negativo sulle operazioni delle imprese straniere che nel 2014 erano già presenti sul mercato russo.

Inoltre, è opportuno relativizzare: l’impatto negativo delle sanzioni è stato pari allo 0.5% del PIL russo, mentre quello dovuto al crollo del prezzo del petrolio è stato pari a circa il 3.2% del PIL.

Qual è il suo giudizio sullo stato di salute delle finanze pubbliche? Un default come quello del 1998 potrebbe ripetersi oggi?

AF  Nonostante le difficoltà degli ultimi due anni, la situazione oggi è radicalmente diversa da quella che era alla fine degli anni Novanta. Il rischio di un nuovo fallimento è a mio parere inesistente, in quanto gli indicatori macroeconomici sono positivi e il debito estero del paese non arriva neanche al 20% del PIL. Inoltre, sebbene nei mesi scorsi si sia reso necessario l’intervento della banca centrale a sostegno del sistema bancario domestico, essa dispone ancora di riserve auree pari a 380 milioni di dollari. La situazione finanziaria appare dunque del tutto stabile.

Alcuni, tuttavia, sostengono che il paese sia in ginocchio, dove risiedono i problemi allora?

AF   Non si può negare che il 2015 sia stato un anno da dimenticare per l’economia russa. Il PIL ha registrato una flessione del 3.7%. Nel 2016, tuttavia, il paese ha già iniziato a recuperare terreno. Certo, la crescita del PIL al momento appare ancora negativa, ma solo dello 0.5-0.6%, mostrando dunque le premesse per una ripresa.

Come accennato in precedenza, un problema non trascurabile è dato dall’elevata dipendenza dai settori dell’energia e delle materie prime, dai quali derivano il 50% del gettito fiscale e i tre quarti delle esportazioni. Di conseguenza, l’andamento del PIL è fortemente influenzato, ad esempio, dalla dinamica del prezzo del petrolio. Infatti, se questo prezzo aumentasse ulteriormente di qui alla fine dell’anno, la crescita del PIL russo nel 2016 potrebbe addirittura risultare positiva. Un simile dato, tuttavia, finirebbe per mascherare il vero problema, vale a dire l’urgente necessità di una diversificazione del tessuto economico russo.

Diversificare, si, ma in che modo?

AF   Il processo è in realtà già in atto, ma deve accelerare. Sono già stati effettuati importanti investimenti per incrementare la produzione agroindustriale, che infatti nel 2015 ha registrato un aumento del 2.8%. Altri settori interessati sono quelli della meccanica, della meccatronica, delle biotecnologie e dell’ingegneria aerospaziale.