SfaradiMichael Sfaradi fotografato a Lugano (22 maggio 2016)

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Essere politicamente scorretti, purtroppo, non è una scelta.

Lo si diventa quando senza guardare in faccia nessuno si cerca la verità dei fatti al fine di rimettere le cose al giusto posto. Lo si diventa per dare un senso alla propria onestà intellettuale e si agisce con tutta la buona fede possibile anche se poi ci si ritrova dalla ‘parte sbagliata della barricata’ con tutte le conseguenze che inesorabilmente colpiscono gli affetti, le amicizie e, come accade troppo spesso, la vita professionale.

Inutile girarci intorno, viviamo in un mondo dove leggi, usanze e buon senso, si piegano ad uso e consumo degli interessi di coloro che pur di avere ragione, o dare ragione agli ideali con i quali sono cresciuti e davanti ai quali perdono sia il senso critico che la ragione,  sono oggi capaci di sostenere tutto e il contrario di tutto.

Poi, se il gioco vale la candela, gli stessi si svegliano una mattina, anche a brevissima distanza di tempo dai fatti e, con una nonchalance che farebbe invidia a un parigino D.O.C., riescono a sostenere l’esatto contrario smentendo se stessi e mentendo sapendo di mentire.

Insomma cercare di far ragionare chi pur di avere ragione inizia le sue risposte a domande precise con il ‘sì ma pure…’ o con ‘ma anche…’ con l’intenzione di dribblare la questione scomoda portandola da qualche altra parte, o quando viene messo davanti alle sue responsabilità chiude le discussioni con un laconico ‘mah’, è un’inutile perdita di tempo.

Un capitolo a parte tocca poi a quelli che inserendo un ‘ma su…’ all’interno di un qualsiasi commento o ragionamento credono di essersi assicurati la ragione a ogni costo.

herzogVi chiederete il perché di questa mia non breve introduzione, è molto semplice, si tratta di un leggero sfogo dopo aver letto le polemiche del popolo duro e puro della ‘sinistra’ italica, ma presumo che polemiche simili siano scaturite da tutte le sinistre europee, alle critiche, questa volta interne allo stato di Israele e al suo mondo politico, relative all’incontro che il leader laburista Yitzhak Herzog ha avuto con il presidente dell’A.N.P. Abu Mazen prima delle ultime elezioni politiche israeliane.

La critica principale che è stata posta a Herzog sta nel fatto che in uno stato democratico incontri politici di quel livello sono compito del Primo Ministro che, sempre in uno stato democratico propriamente detto, rappresenta la nazione intera.

Se invece lo fa il leader dell’opposizione, che rappresenta solo il suo partito o la sua area politica, la sua azione oltre a sconfinare in territori che non gli competono può solo creare danno e confusione soprattutto quando si ha a che fare con il mondo arabo dove le trattative sono un’arte.

Troppe volte siamo stati testimoni che proposte in fase di trattativa da parte palestinese sono state selezionate e vivisezionate con il fine di lasciare in vita ciò conveniva facendola diventare di fatto un vantaggio acquisito e mettendo nel dimenticatoio ciò che poteva loro ritorcersi contro.

Ma le anime belle della sinistra israeliana e non, rispondono alle critiche che il leader laburista Yitzhak Herzog, al contrario di Netanyahu, con Abu Mazen ci si è incontrato e che ha portato avanti delle trattative su una base non lontana alle proposte avanzata da Bill Clinton a Camp David nel luglio 2000, proposte accettate dal premier israeliano Ehud Barak ma respinte da Arafat.

Fermo restando, in questi casi a scanso di equivoci vale sempre la pena di ricordarlo visto che questo particolare fondamentale in molti a sinistra fa comodo dimenticarlo o nasconderlo, che Herzog non aveva nessun mandato per parlare a nome della nazione, che se Netanyahu non ha incontrato il Presidente palestinese, nonostante diversi inviti senza precondizioni è solo perché quest’ultimo non ha accettato gli incontri, che senso avrebbe avuto incontrare Abu Mazen per parlare con lui su di una base di trattativa che da parte palestinese è già stata rifiutata? Bisogna essere dei geni per capire che si trattava d’inutile perdita di tempo oppure si voleva dimostrare che Abu Mazen con le sinistre israeliane si incontra e con gli altri no? E anche ammesso: sono forse i palestinesi che gestiscono l’agenda politica israeliana decidendo a priori chi deve o no rappresentare lo Stato Ebraico? A questo punto la domanda nasce spontanea: Ma la ‘sinistra’ in genere, non solo quella israeliana, che con lo sfrontato supporto della stragrande maggioranza dei media è bravissima a tenere gli avversari politici sotto stretto controllo, guardando ogni loro mossa con la lente di ingrandimento, e che è sempre pronta ad alzare gli scudi quando gli altri escono dal seminato, lo sa che se esistono delle regole le stesse valgono anche per loro? Se non lo sanno è giunto il momento che vadano a studiare, se invece fanno finta di non saperlo è giunto il momento di cambiare atteggiamento anche perché alla lunga la corda può spezzarsi e le conseguenze sono sempre imprevedibili.

Per aumentare la benzina sul fuoco è uscita anche la notizia, impossibile averne però conferma, che l’ispiratore di queste trattative illegali sia stato addirittura l’ex presidente Shimon Peres.

Se questo dovesse essere confermato la faccenda diventerebbe ancora più grave di quello che è perché una vecchia volpe politica come lui non può non sapere che a certa azioni ci sono poi delle reazioni contrarie, e quando si tratta di politica non sono mai della stessa forza e potenza.

Qualcuno ha chiamato traditori sia Herzog che Peres, e sicuramente questo è esagerato, ma così facendo oltre ad aver detto delle castronerie hanno dato modo ai difensori ad oltranza del ‘sinistro’ pensiero di usare quest’esagerazione per dare vita a una polemica sulla polemica cercando una cortina di fumo che copra l’incontro fra Herzog e Abu Mazen, vicenda che rischia di scoppiare loro fra le mani.

Ma c’è un ma, il popolo ebraico, da sempre, è abituato a discutere su tutto anche sulle leggi divine, e se le leggi divine da più di cinquemila anni sono oggetto di discussione figuriamoci se un personaggio politico, anche il più rappresentativo, può sentirsi al sicuro da critiche e commenti.

Per questo tutte le ‘belle anime’ sempre loro, quelle di sinistra, possono solo mettersi l’anima in pace anche perché Peres, inutile girarci intorno, è più amato all’estero che in patria.

Nella sua lunga carriera infatti l’ex Presidente non ha mai vinto un’elezione e la sua carriera si è sviluppata al seguito di altri politici, a cominciare da Ben Gurion per finire con Rabin passando per Levi Eshkol e Golda Meir.

Non si fa un grande regalo alla storia se si vuole dimenticare o nascondere che Shimon Peres, icona vivente di tutte le sinistre, era odiato da Rabin, altra icona storica delle sinistre, che male sopportava questa presenza obbligata come ministro nei suoi governi.

Un commento che ho recentemente letto sui ‘social network’ diceva: “Prima di esprimersi con leggerezza nei confronti di Shimon Peres molte persone dovrebbero mordersi la lingua e ripensare al suo ruolo nella costruzione e nella difesa dello Stato d’Israele”. Non credo di essermi espresso con leggerezza e posso assicurare i lettori che non mi morderò mai la lingua perché se sono convinto che il ruolo di Peres nella costruzione e nella difesa di Israele merita uno studio approfondito da parte di storici non di parte perché nella sua opera di chiaroscuro, come in ogni politico che si rispetti, ce n’è molto.

Non è giusto, e questo vale per tutti da destra a sinistra, metterne in risalto le cose positive nascondendo per partito preso quelle negative o fare l’esatto contrario quando si valuta un avversario politico.

Tutto questo perché in Israele un Presidente o un ex Presidente non è mai al di sopra di critiche, considerazioni e della legge, e Israele, nella sua alta democraticità che non ha pari, è l’unica nazione al mondo che quando si è trovata davanti al dilemma se aprire o no le porte del carcere a un altro ex Presidente (Moshe Katzav) ha deciso che le regole vanno rispettate e che quando si cade nella rete della giustizia i debiti vanno pagati… da tutti.

Michael Sfaradi