Un lettore ci scrive   Riceviamo da un nostro lettore, che tra l’altro ha avuto l’occasione di conoscere il compianto dottor Soldati, questo articolo denso di considerazioni sul fatto del giorno: il tentato e fallito golpe in Turchia.

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erdoganIl fallito colpo di stato in Turchia sollecita tre considerazioni, due delle quali banali e già recitate a mantra nei vari commenti apparsi a cura di giornalisti e politici, perciò possiamo limitarci a citarle.

Erdogan é saldamente in controllo del potere in Turchia e lo é in una maniera che é inequivocabilmente totalitaria e dispotica, prova ne sia, ultima tra tante, la constatazione che la Polizia laggiù ha più potere ed é più temuta dell’esercito: modello Gestapo o Stasi, poco conta perché quel che significa é che la Turchia é uno ‘Stato di Polizia’ nel suo significato pieno e puntuale.

Erdogan é oggi ancor più onnipotente di quanto non lo fosse ieri; il fallimento del colpo di stato gli offre il destro indisputabile per completare quell’epurazione del dissenso che per ragioni di credibilità ed immagine internazionale, si era sino ad adesso trattenuto dal portare a termine.

Ma la terza é la considerazione più importante e pregnante di tutte, quella che muove dall’osservazione della circostanza che il colpo di stato é fallito perché non tutto l’esercito ha seguito i ribelli ed anche – e si direbbe soprattutto – perché il popolo lo ha disinnescato scendendo in piazza in massa su invito del ‘Sovrano’.

Questa circostanza, al di là di confluire in quel rafforzamento appena citato del potere di Erdogan il quale un’investitura più ampia ed incontestabile non poteva sperarla, significa che ai turchi Erdogan sta bene, con buona pace degli ‘esperti’ che, viste le percentuali di consenso elevatissime, indussero il dubbio che le più recenti elezioni turche fossero state pilotate ad arte. Se il potere non esita a fare brogli in un paese civilissimo quale è l’Austria, non mettiamo in dubbio che questo accada regolarmente in un paese come la Turchia, ma questa ammissione non sposta che il favore elettorale raccolto da Erdogan è coerente con il favore sostanziale che egli raccoglie tra i suoi concittadini, a prescindere dalle percentuali attuali rilevate ai seggi: i turchi vogliono Erdogan.

Ma questa osservazione é di vasta e profonda portata e destinata ad incidere direttamente sull’Europa con quella sua politica, naïve e fantasiosa di ‘appeasement’ sull’immigrazione, e cito deliberatamente il termine con cui ci si riferisce all’inetto e passivo pacifismo che permise a Hitler di annettersi interi paesi senza che alcuno alzasse un dito per evitarlo, salvo poi accorgersi che a furia di lasciarlo fare, per fermarlo serebbe servita la più tragica guerra mai vissuta dall’umanità.

Se i turchi vogliono Erdogan, significa che ad essi valori quali la libertà di pensiero ed espressione, la democrazia (almeno quella indiretta), la prevalenza del diritto, la separazione dei poteri, il diritto alla vita, alla salute ed al patrimonio, tutti questi valori ad essi non interessano o comunque interessano grandemente meno di quello che Erdogan dà loro. Ma cosa dà Erdogan ai turchi? I due fondamenti della sua politica di governo sono, con ogni evidenza e come convenuto ormai diffusamente a livello mondiale, il riposizionamento della Turchia come erede dell’Impero Ottomano, con relative pretese territoriali e di ruolo in Medio Oriente ed Europa Sud-Orientale e, conseguenza e causa del primo elemento, la conversione della Turchia da stato laico a confessionale islamico.

D’altronde la penisola anatolica conta oggi non meno di 150’000 bambine-mogli mal contate e ciò da solo rende l’idea dell’islamizzazione dell’apparato di potere che evidentemente nulla ha da eccepire a quella che é una prassi sociale radicata peraltro nel credo religioso.

Ma se questo é il messaggio che non più tardi di ieri i turchi han comunicato al mondo, da esso possiamo e dobbiamo trarne una ed una sola conclusione: gli USA in testa e, con essi, gli stati vassalli europei hanno sbagliato tutto e persistono nell’errore. Quale? Di assumere che il nostro modello, la società costruita sul Rinascimento e sull’Illuminismo, quella che ha prodotto la secolarizzazione dei precetti religiosi cristiani, quella che ha inventato il capitalismo inteso come libertà d’impresa, quella che ha fatto della responsabilità individuale il paradigma di sé stessa, di assumere che tutto questo sia un bene assoluto e tanto contagioso che, a diffonderlo, sia da sé solo capace di fare del mondo un luogo illuminato di pace ed armonia tra le genti. Non si porti il pane a chi non ha denti, non si dia un orologio a chi non sa leggere i numeri.

Il messaggio dei turchi è forte e chiaro e qualora ci fosse ancora chi – stordito ed inebetito dalla affascinante fantasia della pace e convivenza multiculturale, multireligiosa e, diciamolo alla faccia del politicamente corretto, multirazziale – chi creda sia possibile fare un buon cittadino da un islamico, dopo l’altra notte non può, buon senso alla mano, che finalmente vedere ciò che è e non ciò che vorrebbe fosse: gli islamici non aderiscono, neppure comprendono i nostri valori, quelli per i quali noi europei abbiamo versato il sangue di milioni dei nostri progenitori ed avi.

Ora, l’errore é grave – e per lo più l’han commesso gli americani – quando si pensi di andare in Iraq, in Afghanistan, in Siria, in Libia, in Egitto o altrove e quivi impiantare la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, il Congresso Federale, la Corte Costituzionale, le Elezioni dirette (insieme a Mc Donalds, Ford, Colt ecc) ed alla gravità dell’errore segue quel che osserviamo, guerre, guerricciole e terrorismi più o meno permanenti, più o meno sparsi qui e lí sul pianeta.

turchia-golpeMa l’errore diventa suicidio e pure cruento, quando si pensasse – come da parte della stragrande maggioranza dei governi europei e della UE si pensa e conclama con arroganza sol pari alla di essi ignoranza e stupidità – che questi turchi (o chi per essi, analoghi ed affini), incapaci a casa loro di concepire diritti quale quello di espressione, una volta venuti da noi, nelle nostre case, nei nostri cortili, nelle nostre strade, vengano colpiti dalla folgorazione sulla via di, guarda caso, Damasco, ed in massa d’improvviso vedano, capiscano, comprendano, valorizzino ed infine accolgano i nostri canoni di convivenza sociale.

Questo é il vero clou del golpe fallito per merito della popolazione turca scesa in piazza in massa a rivendicare il diritto – non democratico, non illuminato, non assoluto, ma loro, solo loro e legittimamente loro – di viver vassalli del despota islamico Erdogan.

Non dobbiamo censurare i nostri comici perché canzonano il Sultano Erdogan e neppure pretendere che il turco di Rotterdam comprenda che non é bene sposare una bambina di dodici anni e vi rinunci.

Piuttosto dobbiamo noi, dall’alto della nostra cultura, ampiezza di vedute e vera tolleranza (in opposizione a quella pelosa di chi tollera lo stupro perché ‘a casa loro si fa cosí’) accogliere l’idea che esistono al mondo decine, centinaia, forse migliaia di differenti modi di convivere e che nessuno é di per sé sbagliato o giusto ma piuttosto ciascuno è consono o meno, efficace o meno rispetto ad una specifica società in un momento storico determinato.

E dall’accoglienza di quest’idea (l’unica accoglienza veramente produttiva e di vantaggi per tutti), dedurne le logiche ed univoche conseguenze a corollario; prima fra tutte che, siccome un sistema sociale funziona solo se i suoi elementi sono omogenei, noi la smettiamo di andare a casa dei turchi o chi per essi ad imporgli l’hamburger (imbottito di democrazia e qualche foglia di libertà civili) ed al contempo però la smettiamo pure di accogliere ospiti in casa nostra che non comprendono – e dunque non rispettano – i nostri standard sociali, violentando le donne perché per essi é normale considerarle alla stregua di un animale da allevamento da usare a piacimento (e non ci saranno corsi capaci di cambiare questo stato di cose proprio per le ragioni sin qui addotte).

Chiunque, per scelta o incapacità personale, non accetti i nostri valori a casa nostra, è benvenuto ospite in vacanza e per lavoro ma non è idoneo a metter radici poiché, lo sanno bene gli agricoltori, un’erba matta cresce rapida e manda a ramengo l’orto intero.

Nessuna ideologia, nessuna religione, semplice e piano buon senso e l’altra notte i turchi ce lo hanno ricordato con chiara determinazione e senza che vi possano essere dubbi.

Ai nostri governi spetta (o spetterebbe) di ascoltare la voce del popolo; quello turco ha parlato, ascoltiamolo, rispettiamolo e deduciamone le conclusioni necessarie.

Avv Marco G Bonalanza