Un film di poche parole, dove predomina il rosso porpora, presente con ineffabile passione in quasi tutte le scene sotto forma della più semplice quotidianità (un secchio, un panno, una tenda e il rosso si staglia sul grigiore dei paesaggi normanni.)

Due protagonisti estremamente naturali, Leo con un inquietante sguardo sognante, che lavora come pescatore la notte, nel canale della Manica, Milla rotonda, con i capelli tinti di biondo, una bambina truccata da donna, che aspetta un bambino.

Per ben due scene vi sono cinque minuti di canto. Una canzone popolare, dall’eco di Villon (ou sont touts mes amants?) e una canzone hollywoodiana, che i due giovani ascoltano e che Milla risente – sola e incinta – mentre fa la cameriera.

L’indugiare sulla preparazione della casa, spoglia e spettrale, sul mare in tempesta, sugli interni raramente popolati da altri personaggi e scuri, mostra un’abilità da parte della regista di raccontare con pochi tocchi la vita quotidiana, senza una narrazione esterna.

Alla stregua del modo di raccontare di Hemingway, in cui il narratore accoglie unicamente la visione dei protagonisti, senza mai intervenire, questo film d’essai che con lentezza e realismo racconta la vita che – nonostante tutto – continua, piacerà ai più riflessivi.

Introspettivo, racconta l’amore come una ciocca di capelli tagliata di nascosto e posta in una scatola da mostrare alla nuova vita divenuta viva.

CF