And now the good news
L’esposizione, inaugurata il 28 Maggio (e aperta fino al 15 agosto) presso il LAC, si focalizza su un linguaggio espressivo particolare, quello dei quotidiani che è oggigiorno in via di “rielaborazione” (qualcuno direbbe addirittura “estinzione”) a causa della nostra era di comunicazione istantanea e di social media.

Aymone smEcco, perciò, una mostra che vale la pena di vedere anche per la sua peculiarità intrinseca: la raccolta d’arte dell’avvocato zurighese Peter Nobel e di sua moglie Annette si basa, infatti, solo su opere che abbiano attinenza con giornali e riviste. Percorrendo tutto il Novecento e giungendo ai giorni nostri, la collezione di “press art”, come è stata battezzata dagli stessi Nobel, disegna due percorsi paralleli. Da un lato abbiamo un’importante raccolta, che parte dalle opere di esponenti del Cubismo, del Dadaismo e del Surrealismo, e prosegue con alcuni dei principali rappresentanti delle neoavanguardie degli anni Sessanta, giunge fino ai nostri giorni, includendo alcune delle figure di primo piano del panorama artistico contemporaneo. Allo stesso tempo però abbiamo anche un excursus storico che ripercorre i cambiamenti sociali e politici di più di un secolo di Storia. Il mondo dell’Arte si è così appropriato del linguaggio e delle forme del giornale proprio nel periodo in cui esso si faceva cronaca dei sommovimenti sociali e politici del Novecento (la Rivoluzione d’Ottobre, le guerre mondiali, ma anche i movimenti per i diritti civili, la Grande Depressione e l’evoluzione dei costumi e delle mode). 
Rientrano in questa press art lavori che includono pagine o frammenti di giornale come, per esempio, i collages storici di maestri come Kurt Schwitters e quelli contemporanei di Martha Rosler o dell’artista brasiliano Vik Muniz.Ay MUNIZ Troviamo, inoltre, l’azione concreta di dipinti realizzati su carta di giornale (si pensi a De Kooning o a Le Corbusier) o anche fotografie in cui sono presenti riviste o reinterpretazioni di esse (famosa, tra le tante, la rivisitazione di Sarah Charlesworth delle prime pagine dei giornali dove si trovavano le immagini di Moro relative al suo rapimento) oppure i tributi dove i giornali perdono il loro ruolo di supporto e diventano soggetto … e non mi riferisco solo agli esempi iconografici di Warhol o Boetti, passando dal sarcasmo di Olaf Breuning, mi piace infatti pensare anche alla “mitica” maglietta del New York Hearld Tribune indossata da Jean Seberg nel film di Jean-Luc Godard “à bout de souffle”. In particolare, fra tante opere, spicca il collage di Thomas Hirschhorn che è un’opera “disturbante” e che forse più di tutte ha centrato in pieno la problematica contemporanea dell’apparenza e dell’essenza della comunicazione e dei valori che noi -di riflesso- diamo alle cose o ai fatti.

Ay Thomas-HirschhornLe oltre 300 opere della collezione (che rappresentano solo una parte della collezione totale) dei coniugi Peter e Annette Nobel testimoniano la volontà di sperimentazione e di reinterpretazione del linguaggio della carta stampata da parte del mondo artistico, tra decostruzione e reinvenzione, dove, sia i contenuti sia il mezzo stesso, diventano protagonisti di un dialogo tra vera informazione e arte.

Il percorso espositivo (diviso in diverse sezioni tematiche) si snoda lungo i due livelli della sede del MASI al LAC, documentando lo stretto dialogo e la quasi inesorabile dipendenza tra arte e media, che caratterizzano l’arte del nostro tempo.

È una mostra molto ricca e non va vista di fretta o con superficialità. Davanti ad ogni lavoro, infatti, ci si deve soffermare per capire i doppi sensi, le profondità atemporali e i filtri riflessivi che vengono posti tra una realtà immediata e la sua essenza intrinseca.

All’esposizione è dedicata l’omonima pubblicazione Edizioni Casagrande, corredata da immagini a colori di tutte le opere in mostra, unitamente a contributi critici dei curatori Elio Schenini e Christoph Doswald, oltre ai testi del filosofo francese Jean Baudrillard, dell’artista svizzero Thomas Hirschhorn e alla prefazione del direttore del Museo Marco Franciolli.

And now the Good News ; Opere della collezione Annette e Peter Nobel
L’esposizione rimarrà aperta fino al 15 Agosto.

Orari : Ma – Me, Do: 10:30 – 18:00
Gi – Sa: 10:30 – 20:00
Chiuso il lunedì

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“Swiss Press Photo 16 – il 2015 nel mirino dei fotografi svizzeri”
Inoltre, sempre al Lac, e questa volta fino al 21 agosto, è possibile vedere la selezione di “Swiss Press Photo 16 – il 2015 nel mirino dei fotografi svizzeri”, esposizione dedicata ai migliori scatti dell’anno scorso, scelti da una giuria internazionale.

La mostra, ubicata nelle aree di percorso dello stabile, riassume attraverso una folta serie di fotografie gli eventi salienti dell’anno passato, volgendo un proprio sguardo individuale verso una realtà filtrata dall’obiettivo. Le immagini, all’incirca novanta scelte su ben oltre 3600, sono state suddivise nelle 6 categorie: attualità (vincitore di categoria: Pascal Mora – Zurigo), vita quotidiana (vincitore di categoria: Kaspar Thalmann – Uster), storie svizzere (vincitore di categoria: Daniel Rihs – Berna), ritratti (vincitore di categoria: Mara Truog – Zurigo), sport (vincitore di categoria: Arnd Wiegmann – Zurigo), estero (vincitore di categoria: Niels Ackermann – Conches).

Ay 2016-07-07_18Degni di nota i lavori di tutti i fotografi selezionati, presentati con un bellissimo sistema di retroilluminazione atto a mettere in risalto ogni peculiarità delle immagini. In particolare rimane impresso l’intenso ritratto eseguito da Mara Truog: si tratta di un piano ravvicinato di Claire Parker-Barfüss, una signora nata nel 1913, emigrata in Inghilterra e poi in Nuova Zelanda per poi tornare nella sua natia Emmental all’età di 99 anni. Un’opera che, per bellezza, semplicità e sensibilità, ci permette in ogni suo dettaglio di riflettere su un passato migratorio della Svizzera di cui si sta in gran parte perdendo la memoria.

Per concludere, oltre a primeggiare nella sua categoria, Niels Ackermann si è anche distinto per essere il Fotografo Swiss Press dell’Anno 2016 con il suo prezioso lavoro riguardante i giovani che vivono ai margini della zona proibita di Cernobyl. Il fotoreporter ha così commentato il suo lavoro : “Invece di fotografare la zona contaminata intorno alle rovine del reattore, giro il mio obiettivo di 180 gradi e metto a fuoco i giovani di Slawutytsch che vogliono guardare al futuro” a 30 anni dall’incidente nucleare di Pripyat. C’erano circa 50mila abitanti a Pripyat, Ucraina, prima del 26 aprile 1986, quando l’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl, poco distante, costrinse tutti quanti a scappare il più lontano possibile dalla città che fino a quel momento era stata vivace e moderna. Ora rimangono aree deserte, abbandonate e tante macerie.

Ay Niels-Ackermann-2

Ay Niels-AckermannDue opere di Ackermann

I suoi scatti trasmettono, fra gli alti e bassi dei suoi protagonisti, un desiderio di rinascita e un senso di ottimismo nonostante la triste situazione dell’epoca e la gravemente precaria realtà odierna … una reazione coraggiosa e forte da parte di persone che vogliono vivere normalmente e che dovrebbe essere di esempio per tutti. Buona Visita!

L’esposizione rimarrà aperta fino al 21 Agosto
Swiss Press Photo 16 – il 2015 nel mirino dei fotografi svizzeri
www.swisspressaward.ch
Orari : Ma – Me, Do: 10:30 – 18:00
Gi – Sa: 10:30 – 20:00
Chiuso il lunedì