Artista, letterato e corrispondente di diverse testate di cultura russa, Corrado Facchinetti (Lovere, classe ’72) è pittore e traduttore; dal realismo trae uno slancio che giunge sino alla metafisica luminosa dell’introspezione; traduce dal russo all’italiano le poesie di Sergej Esenin. Dal realismo del ‘900 europeo, russo e americano, trae un ponte di dialogo tra stili ed epoche, creando un’intertestualità artistica e culturale tra mondi unificati dalla sua arte.

Mosca-Petushki (omaggio a Venedikt Erofeev)  Mosca-Petushki – omaggio a Venedikt Erofeev (scrittore russo-sovietico dissidente degli anni ’60-70) <<il romanzo>> racconta Facchinetti <<è stato tradotto in italiano con il titolo, a mio avviso non prettamente confacente di “Mosca sulla Vodka”>>

Sig. Corrado Facchinetti, si ritiene un pittore che rientra negli schemi prefissati dell’arte contemporanea, oppure un artista che sa compiere un compendio tra vari stili e vari livelli?
Direi che la base della mia pittura possa rientrare nei canoni del realismo europeo e americano del secolo scorso. Certo, poi su questa base si inseriscono richiami eterogenei a stilemi artistici e a suggestioni personali legati all’esperienza e al proprio vissuto culturale. Altri tratti peculiari della mia pittura, oltre al realismo nei soggetti, sono il protagonismo della luce (in contrasto con le ombre, che di fatto la creano) e una sorta di “sospensione temporale” che voglio creare nei miei dipinti; in essi vi compaiono spesso una o poche figure umane, colte in una dimensione isolata, caratterizzate da profonda estraneità e drammatica incomunicabilità. La direzione dei loro sguardi o i loro atteggiamenti tendono a “fuoriuscire dal confine del quadro”, quasi a rivolgersi a qualcuno o qualcosa che lo spettatore non vede, come se la porzione di spazio riprodotta non fosse sufficiente a raccontare la scena ritratta. In questo modo le banalità del quotidiano possono assumere aspetti assolutamente inattesi e a volte inquietanti. Reminiscenze un po’ metafisiche, quasi da “realismo magico.”

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Corrado Facchinetti, classe ’72  dopo il diploma di Maestro d’Arte a Bergamo ha studiato Lettere Moderne a indirizzo artistico. Ha vissuto per alcuni mesi in Russia. Pittore e traduttore, crea un filo artistico-culturale con la Russia

Russia ed Europa. Pensa che la sua approfondita conoscenza della cultura e della lingua russa, e anche quella europea, si rifletta nel suo stile artistico?
Tra le esperienze formative più importanti, oltre al corso dei miei studi scolastici ed universitari, vi sono certamente alcuni soggiorni in Russia (a Mosca e a Kazan) che mi hanno permesso di conoscere meglio ed ammirare i capolavori dell’arte russa: dal realismo classico ( Brjullov, Repin, Surykov, ecc), passando per le avanguardie (Rodshenko, Stepanova), fino al realismo degli anni 20-30 (Deyneka, Petrov Vodkin). Ma alla Russia sono soprattutto debitore di alcune suggestioni ambientali e visive che non di rado fanno germogliare in me l’idea di un soggetto: la luce radente delle serate estive, una luce che allunga le ombre fino a creare un effetto assolutamente scenografico, le visioni del treno, le distanze infinite, il tema del “viaggio”, la vista poliedrica dei grandi palazzi nei quartieri cittadini, le cui finestre illuminate offrono uno spaccato di umanità e di vite quotidiane: è una scacchiera di “vite parallele” di cui non siamo partecipi, di cui nulla sappiamo, ma restiamo solo occasionali spettatori. La finestra (a volte anche la porta) è un elemento continuamente presente nel mio immaginario: essa marca un confine tra un mondo interiore, il microcosmo di ciascuno, e il mondo esterno, la città, la natura, l’universo; è un ponte tra ciò che pensiamo di conoscere e dominare e ciò che guardiamo con meraviglia, ma anche con terrore e smarrimento.

Ritiene che nella sua pittura ci sia un influsso dell’arte sovietica?
In parte sì. Se escludiamo le suggestioni visive di cui ho accennato, stilisticamente accanto al realismo (non solo sovietico, ma anche quello Italiano e americano del ‘900) potrei indicare ad alcuni accenni minimalisti nella costruzione dell’ambiente (certi dettagli ambientali volutamente lasciati come abbozzo geometrico, la stessa luce che crea geometrie nello spazio), sono certamente un’eco, sia pure lontana, di certe soluzioni del costruttivismo sovietico.

Il dipinto Verso Kazan mi ricorda- non per la società ritratta, ma per l’atmosfera estraniata- il vagone di Terza classe di Honorè Daumier. Confuterebbe il paragone?
Io non confuto mai l’opinione di un osservatore, ma personalmente credo che questo sia un paragone improponibile (per la grandezza di Daumier, naturalmente). Le rispondo francamente che, a parte una certa somiglianza nel soggetto, non trovo la stessa atmosfera nei due quadri. Non mi pare che l’atmosfera del “Vagone di terza classe” possa definirsi estraniata. Quella del mio dipinto, sì!

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Verso Kazan’

La Sua tecnica ha analogie con l’impressionismo?
No, assolutamente. Ma la domanda mi permette di fare un utile paragone: anche per l’Impressionismo erano importanti la luce e la presa dell’istante, ma il contesto era fortemente naturalistico e atmosferico nel senso più pieno (si era negli anni delle prime produzioni fotografiche su larga scala). Qui, invece. la scelta della luce è un atto scenografico, intellettivo; la luminosità non è del tutto naturale (anche se mai anti-naturalistica). Le analogie le vedrei più con la metafisica che non con l’impressionismo. Anche se questi paragoni vanno presi con le pinze.

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Modella al mattino

Una curiosità. Dipinge dal vivo o i suoi modelli (e le sue modelle, soprattutto) sono ideali del mondo delle Idee, potremmo dire, che lei tramuta in pittura? Penso, per esempio a Judita, a Modella al mattino, e a il fiore del meriggio.
Alcuni modelli sono ritratti dal vivo, penso a Judita, altri sono frutto di una fugace impressione (che può nascere dai più svariati motivi). Ma credo che la questione non sia poi così importante. A parte il ritratto su commissione, dove devo comunque mantenermi su livelli di verosimiglianza accettabili, il mio obiettivo non si concentra tanto sul soggetto, ma sull’atmosfera, sull’intero contesto, sugli aspetti psicologici della visione complessiva, e non sulla singola figura e sui particolari. Anche nelle modelle cerco di rendere lo stesso straniamento che voglio trovare nell’ambiente dipinto. Certo, la bellezza femminile, la sinuosità e sensualità dei corpi mi attirano, artisticamente parlando, come rimando all’eterno femminino.

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Judita e Il fiore del Meriggio

Il suo dipinto La Vetrata ha anche il titolo alternativo di Tristesse de la Lune. Lo stesso titolo di un sonetto di Baudelaire nei Fiori del Male. Analogia consapevole o reminiscenza letteraria?
Questa è una cosa strana… non saprei come definirla. A volte accade che il sottotitolo, o il titolo alternativo, stia all’origine dell’opera stessa: la lettura di una poesia o una musica possono far scaturire in me un’immagine che poi realizzo dipingendola: dall’ascolto del “Pierrot lunaire” ne è nato un quadro cui ho messo la didascalia “Il vino che si beve con gli occhi / a flutti versa di notte la luna” (che è un verso del noto testo di Schonberg ). Altre volte, come nel caso citato, avviene l’opposto: alla vista dell’opera conclusa mi sovviene un collegamento immediato ad una citazione letta o a un brano ascoltato. Sono direi suggestioni incrociate.

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La Vetrata – Tristesse de la Lune

All’improvviso riflette l’oraziano carpe diem? Potremmo interpretarlo come una visione improvvisa di bellezza?
Acuta osservazione. Certo, questo oraziano è un assunto sempre presente nelle mie opere, anche se in un senso un po’ diverso di quello che intendeva il noto poeta latino: più che “cogli l’attimo” per me vale “ferma l’istante”. A fermare l’istante è una luce fredda, radente, che isola le figure e ne coglie, con la fissità, un istante di vita quotidiana. Soggetti e situazioni si staccano dalla quotidianità per rimanere come “pietrificati” in un fluido eterno e si lasciano analizzare dall’occhio indagatore di chi osserva. In questo caso, nel quadro citato, il tema della bellezza è pertinente, visti i soggetti femminili presentati, ma non è sempre basilare.

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All’improvviso

Ritrarre la perfezione dell’Ideale e donarlo al mondo, questa è la pittura, secondo lei?
No, più modestamente per me è ritrarre una sensazione interiore di sospensione e attesa (quindi tutt’altro che ideale) che, magari, qualcuno nel mondo potrà osservare e giudicare.

Ritiene che la modernità abbia abolito la concezione di “bello” inteso come la perfezione presente soltanto nella physis, la natura estranea al mondo reale, con le avanguardie che, anziché alla bellezza, mirano all’emozione?
La modernità mira principalmente all’emozione, ma anche la bellezza (non in senso platonico, ovviamente) suscita emozione; dunque le due cose possono coesistere nel linguaggio visivo moderno, questa è la vera novità che esso ci porta. La modernità (le avanguardie, pur avendola preparata, erano altra cosa – lì contava la destrutturazione del linguaggio visivo tout court, e la sua riformulazione su nuove basi ) unisce la bellezza al pathos, cosa che nell’antichità era impensabile. Pensiamo alla pubblicità, che è a suo modo un’eredità delle avanguardie, o alla fotografia a partire dagli anni 60: in esse si mira alle emozioni dello spettatore proprio sfruttando la bellezza, spesso del corpo femminile, in situazioni non importa quanto grottesche o paradossali, tali comunque da lasciare un segno nella psiche di chi osserva. Questo può valere anche nell’arte moderna contemporanea. Non è un caso che il post-moderno sia invece totalmente iconoclasta, composto da concetti che si esprimono non con le immagini, ma con rappresentazioni visive di se stessi .

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Il creatore d’illusioni

Per la bellezza e la sinuosità delle sue figure, si ritiene di base classicista?
Una base di classicismo o buon manierismo ci vuole sempre…. poi ognuno può declinare la propria arte secondo la propria sensibilità.

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Mattino d’estate

Il realismo e la bellezza. Sono due realtà che si scontrano o che si compendiano?
Sono come due amanti: possono fare alcuni passi insieme, separarsi per un po’ e poi ritornare appaiati sullo stesso percorso.

Lei è anche traduttore e collabora con diverse testate online russe. Come procede la sua traduzione del poeta russo Sergej Esenin?
Sì, collaboro con alcune testate on line come traduttore e redattore di testi che riguardano la cultura e la letteratura sia italiana sia russa. La mia traduzione dell’opera del poeta russo Esenin, invece, è un lavoro che mi tiene impegnato oramai da alcuni anni: tradurre la poesia, a mio avviso, non è come tradurre un testo in prosa. Nella poesia oltre all’aspetto contenutistico, ci sono la musicalità e l’armonia delle parole e dei versi. Pur ritenendo che ogni opera poetica andrebbe letta nella lingua originale, tento la via di una traduzione più poetica e meno scientifica (pur rispettosa della terminologia originale).

Spiegherebbe brevissimamente com’è la lingua russa, ad un lettore “profano”?
E’ come la Russia, affascinante e ostica al tempo stesso (parlo dal punto di vista occidentale). Però la sua conoscenza piò aprire un altro universo mentale e culturale che, seppur non così lontano da nostro, ha le sue peculiarità che sono unicamente russe (euroasiatiche).

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Sera d’Inverno

Collaborando con traduzioni dal russo all’italiano, crea un ponte da queste due culture solo apparentemente distanti?
Assolutamente. Mi piace pensare di poter mettere in comunicazione il lettore italiano medio con la ricchezza culturale e storica della Russia (il compito è a dire il vero agevolato dal fatto che negli ultimi anni la conoscenza degli italiani sui fatti russi è andata in crescendo). Così pure, viceversa, mettere a disposizione dei lettori russi o russofoni materiale per approfondire la loro curiosità o conoscenza sull’Italia e il suo immenso patrimonio. I russi, come tutti i popoli dell’area ex-sovietica, sono molto attratti da tutto ciò che si richiama all’Italia e sempre ben disposti verso la cultura, la cucina e l’artigianato del Belpaese.

Per concludere. Dedicherebbe (se possibile) gentilmente qualche poesia di Esenin alla redazione di Ticinolive?
Certamente, volentieri.

Intervista a cura di Chantal Fantuzzi.

La slitta scorre – scorre la slitta, senti?
È bello con l’amata smarrirsi per i campi.

E’ dolce e gentile l’allegro venticello.
Per la nuda pianura squilla un campanello.

Ehi tu, slitta, slitta! Tu mio cavallo ramato!
Da qualche parte un acero volteggia ubriaco.

Da lui ce ne andremo e chiederemo – “Cosa c’è?”
E al suono dell’armonica danzeremo tutti e tre.

Ottobre 1925

Слышишь – мчатся сани, слышишь – сани мчатся.
Хорошо с любимой в поле затеряться.

Ветерок веселый робок и застенчив,
По равнине голой катится бубенчик.

Эх вы, сани, сани! Конь ты мой буланый!
Где-то на поляне клен танцует пьяный.

Мы к нему подъедем, спросим – что такое?
И станцуем вместе под тальянку трое.

Октябрь 1925

Paludi e fossati,
Azzurro fazzoletto celeste.
Di mille aghi dorati
Tintinnan le foreste.

La cincia tra i ricci dal bosco
Manda i suoi versi canori.
Gli abeti sognan nel fosco
Il chiasso dei falciatori.

Alcuni carri si trascinano
Cigolando per il prato –
Le loro ruote profumano
Di tiglio essiccato.

Il fischio del vento
I salici sanno ascoltare.
Tu, mia paese negletto
Tu, mia contrada natale…

(1914)

Топи да болота,
Синий плат небес.
Хвойной позолотой
Взвенивает лес.

Тенькает синица
Меж лесных кудрей,
Темным елям снится
Гомон косарей.

По лугу со скрипом
Тянется обоз –
Суховатой липой
Пахнет от колес.

Слухают ракиты
Посвист ветряной…
Край ты мой забытый,
Край ты мой родной!..

1914

Sulla prima neve conduco nel cuore
I mughetti di forze inesplose.
Come una candela sul mio sentiero
Una stella turchina la sera mi ha acceso.

E non so se vi siano luce o tenebre,
Se nel bosco il vento o un gallo canti.
Forse sono cigni appollaiati sull’erbe
E non è l’inverno che giace sui campi.

Lievemente il gelo mi scalda nel corpo,
Come sei bella, mia distesa di tulle!
Ho così voglia di stringermi forte
Ai seni denudati delle betulle!

O nevosa ebbrezza dei campi di biade!
O torbidi sedimenti selvatici…
Ah quanta voglia ho di abbracciare
I fianchi legnosi dei salici.

(1917-1918)

Я по первому снегу бреду,
В сердце ландыши вспыхнувших сил.
Вечер синею свечкой звезду
Над дорогой моей засветил.

Я не знаю, то свет или мрак?
В чаще ветер поет иль петух?
Может, вместо зимы на полях
Это лебеди сели на луг.

Хороша ты, о белая гладь!
Греет кровь мою легкий мороз!
Так и хочется к телу прижать
Обнаженные груди берез.

О лесная, дремучая муть!
О веселье оснеженных нив!…
Так и хочется руки сомкнуть
Над древесными бедрами ив.

(1917-1918)

Alcune Opere:

L’appartamento di via Krapotkinskaja

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Sui treni mattinali

13

      Judita

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All’improvviso

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Il fiore del Meriggio

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Delusione dopo la prova

delusione

A pochi passi dal Sole

a pochi

Sera d’Inverno

06

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