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“Io non sono artista europeo. Ma non sono neanche un artista dell’Asia centrale. Ho un’educazione, una mentalità, una filosofia asiatica. E penso che come noi abbiamo studiato la cultura europea sin da piccoli, in questo momento di globalizzazione e di apertura mentale e di frontiere, anche la cultura europea dovrebbe aprirsi a questa nostra filosofia. Lo scambio culturale rende ricchi”. Nessun documento d’identità vale per Yerbolat Tolepbay, artista kazako tra i più interessanti della scena internazionale. Una sua opera, “Tornado nella steppa”, è stato il ponte ideale tra Expo Milano 2015 e la prossima Esposizione internazionale che si terrà nel 2017 ad Astana, in Kazakistan. Un ponte d’arte, come suggerisce l’intero pensiero alla base delle sue opere.

Tolepbay era tra i 40 artisti che all’Expo hanno realizzato le loro opere sotto gli occhi dei visitatori. “Arte in diretta” si chiamava l’evento organizzato dal Corriere della Sera e da Arminio Sciolli, curatore e direttore dell’attivissimo centro culturale di Locarno, il Rivellino. “Scelti tra gli artisti viventi con le più grandi capacità performative, i protagonisti degli eventi in diretta provenivano da tutto il mondo e dai più diversi mondi artistici – spiega l’avvocato Sciolli – Tra loro, Peter Greenaway, Mario Botta, Margherita Palli, Alice Pasquini, Matteo Guarnaccia, Gabriela C. Hess, Agim Sulaj, Pavel Ignatyev, Oksana Mas, Marta Mezynska, Giovanni Hoepli. Man mano che i giorni passavano, l’evento conquistava un pubblico fedele che nel fine settimana tornava ad assistere alle opere realizzate in diretta. Grandissimo successo ha avuto quella di Michele Lamassa, Hiroshima day, creata per celebrare il settantesimo anniversario dello scoppio della prima bomba atomica. In generale il tema offerto agli artisti era quello selezionato per la manifestazione “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, dunque legato all’alimentazione. Poi si è allargato alla Green economy”. Tutte le opere live, concepite nei sei mesi di Expo Milano, sono state poi in mostra al Rivellino. Dipinti, sculture, foto e schizzi degli artisti del mondo hanno animato le sale del centro culturale nato nel 2009. Una ricca testimonianza di quanta bellezza e forza possa nascere dall’incontro di più culture.

Di tanta bellezza ha fatto parte Yerbolat Tolepbay che il 24 ottobre ha offerto ai visitatori dell’Expo la possibilità di assistere in diretta alla realizzazione della sua opera “Tornado nella steppa”. Ecologista e attivista antinucleare, Tolepbay contribuisce a temi di urgenza mondiale grazie alla sua arte. La sua presenza a Milano è stata un grande segno di continuità con Expo 2017, che sarà allestita nella capitale kazaka dal 10 giugno al 10 settembre. Intitolata “Future Energy”, l’esposizione sarà dedicata al tema delle energie rinnovabili.

Con forza e poesia l’artista asiatico ha affrontato il tema con un’opera che nasce da un ricordo del passato: “Da piccolo correvo a piedi nudi nella steppa e spesso mi è capitato di osservare la nascita di un piccolo tornado. Il fenomeno mi stupiva ogni volta. Come faceva un tornado a nascere dal nulla della steppa?”. Dal racconto di Tolepbay l’opera viene al mondo come una suggestione improvvisa. Con un vortice che cattura e coinvolge e ipnotizza sulla sinistra, e una figura sulla destra che cerca di allontanarlo. Con le braccia alzate verso il cielo, a richiamare Dio. C’è tanta spiritualità nell’arte di Tolepbay che effonde in ogni opera il suo misticismo orientale. “Oggi da uomo maturo guardo a quel fenomeno con un parallelismo: arriva sempre all’improvviso una persona che si distingue per le sue idee nuove. E quando le esprime è come un tornado. Un tornado nella società”. Alzare le braccia al cielo è naturale, è importante, ma guai a chi del cambiamento ha paura. “Qualunque uomo che sia intelligente non lo teme, lo attende”. E questa aspettativa di cambiamento è anche in quel sole tagliato in due che domina l’opera dall’alto. Il dualismo, la contrapposizione, è in ogni opera dell’artista kazako che riconosce i contrasti del mondo e li mette insieme. Misticismo d’Oriente e psicanalisi d’Occidente, la steppa e le città moderne, la contemporaneità e lo spirito nazionale.

Membro onorario dell’Accademia d’arte della Russia e della Repubblica Ceca, Tolepbay ha ottenuto riconoscimenti internazionali di alto livello ed esposto in tutto il mondo dall’Austria all’Italia, dalla Cina all’Egitto, dalle Filippine alla Francia. A Parigi le sue opere sono state in mostra sotto il patronato dell’UNESCO e anche al fianco di Salvador Dalì. Il suo nome è doppiamente legato a quello del surrealista spagnolo: Tolepbay ha infatti ricevuto il premio mondiale dell’arte conferito dalla Alliance Salvador Dalì International. Nel suo girare il mondo, lo scorso 26 febbraio è stato a Lugano per l’inaugurazione della mostra di Aleksandr Rodchenko al Lac. “Oggi, tra Russia e Kazakistan, un grande pezzo di Asia è di casa in Svizzera” ha detto camminando tra le foto di Rodchenko. Non c’era orgoglio nel suo discorso, ma consapevolezza di quanto fertile cambiamento possa portare l’incontro e lo scambio fra culture.

ZimounDavanti all’opera di Zimoun esposta al LAC

“Di per sé l’artista non ha legame con la terra ma con l’anima. Arte e cultura si legano all’anima. Io nasco su questa terra e vivo il mio processo creativo che è legato alla persona, all’individuo. La gente sorride tutta allo stesso modo, piange allo stesso modo, lavora allo stesso modo. Prendiamo Leonardo da Vinci, io non lo considero italiano. È artista del mondo, dell’universo, che non ha barriere, non ha frontiere. Ogni artista vorrebbe essere universale come Leonardo”. Come l’artista raggiunge questa universalità è presto detto: “Ciascuno ha una batteria che dà la carica, e il grado della carica dipende da quanta energia attinge dal motore della terra. Se saprà alimentarsi da essa, sarà universale. E allora non si distinguerà più italiano, svizzero o kazako”.

Con quest’arte che mette insieme Oriente e Occidente, che crea un ponte da un versante all’altro del mondo, Tolepbay dichiara candidamente il suo obiettivo: “Voglio trasmettere l’importanza di imparare ad ascoltare l’altro, guardare dentro altre persone, svelare la simpatia, non superficialmente intesa, quella interiore”. Quel sentire che nasce da dentro e diventa comune. “Si potrebbe pensare che è un esercizio facile, non lo è per niente”. Non lo è davvero, ma l’arte è capace di grandi rivoluzioni. Così l’artista che affronta il mondo dell’uomo in tutta la sua complessità, parla dei suoi problemi ma offre anche soluzioni. “Il tema principale è la solitudine. Il nostro essere uno in mezzo a tanti, solitari nella folla. L’individuo può sciogliere questa difficoltà solo guardando se stesso, guardando all’arte. L’arte è il balsamo del cuore”. È lo strumento con cui “curare l’anima”. Per Tolepbay arte e religione sono strettamente connesse, hanno la stessa funzione. Per questo condanna quanti si sono allontanati dalle radici dell’arte: “Hanno fatto un grosso sbaglio. Si sono persi, in quanto il principale esercizio dell’arte è la natura e l’umanità”.

A detta del kazako c’è il rischio di perderla, questa umanità, in certe nuove visioni dell’arte. “Pop art, arte concettuale, hanno tutte diritto di esistere e proseguire. Nessuno può fermare un istinto creativo e allo stesso tempo la gente ha diritto ad avere ampia scelta. Ma l’ideologia deve rimanere l’essere umano. Non ci si può scostare da questo. Se il cuore non respira in questa direzione deve andare all’ospedale perché potrebbe contagiare l’osservatore e questo si ammalerebbe di malinconia verso la vita. L’umanità è la cosa più importante su questa terra. Ognuno deve sentire la bellezza e la felicità”. È questa la finalità della sua arte, contribuire alla nascita de “la nuova terra”, abitata dall’universalità dell’umano.

Perché ciò che è umano nel senso più intimo e profondo non conosce confini né di spazio né di tempo. “Il tempo non esiste. L’umanità è eterna. Passato, presente… è l’essere umano sulla terra che ha inventato il senso e la misurazione del tempo. Non esiste il giorno e la notte, come non esiste l’anno. Siamo noi che abbiamo inventato il principio della vita attorno al sole e i pianeti. La verità è che siamo come ospiti su questa terra. E ogni secondo, ogni giorno, che è il grande dono del creatore per ognuno di noi, dobbiamo rispettare, ammirare, ringraziare la vita, sentire questa felicità e bellezza”. Certo ognuno vive l’esistenza a suo modo, dalla nascita alla giovinezza, dall’età adulta alla morte, ma “la nostra vita cambia solo esternamente. Per il resto risponde sempre a un principio, che è lo stesso di milioni e milioni di anni fa”.

La vita è un dono, la vita è bellezza, ma questo non vuol dire negare ciò che bello non è. Il conflitto esiste ed è appunto per questo che l’artista deve esaltare l’umanità. Perché “il conflitto nasce proprio quando manca il desiderio di comprendere l’altro”. Ammette Tolepbay che “non dobbiamo escludere il nero, lo scuro, dalla nostra vita, ma luce e colori vivaci dovrebbero essere predominanti nell’esistenza come nelle opere”. Il colore è infatti lo strumento principe della sua arte. È la materia del suo lavoro manuale, il linguaggio della sua creatività. L’ha imparato da Leonardo, Van Gogh, Kandinsky. Le sue radici, la sua ispirazione. “Da una generazione all’altra i Maestri hanno trasmesso il principio dell’arte e questo si trasforma di volta in volta in un altro stile, ma la base è classica, sempre. La scuola classica europea è il fondamento di ogni pittore, io l’ho studiata dalle origini alle avanguardie. Poi, ho cercato il mio io in questo grande mondo dell’arte. Ho impostato il mio lavoro e ho iniziato a cantare con la mia voce”. La sua voce è fatta di toni vibranti e potentissimi. Tolepbay gioca con i colori e li armonizza. Bilancia chiari e scuri sulla tela come l’uomo deve bilanciare luci e ombre nella vita. Ecco perché “l’artista deve educare se stesso prima di educare gli altri. Dovrebbe mettere a posto la sua anima e il suo mondo interiore, la psicologia della propria vita”.

Da un’armonia di colori nasce un tornado di cambiamento, una carica per la nuova terra che dalla terra di sempre trae la sua energia. La steppa del passato, la città del futuro. L’umanità è ovunque e in ogni tempo. “La memoria è emozione che nasce nel cuore, non nella testa”. Nel cuore della memoria di Yerbolat Tolepbay, trovano posto le emozioni di quell’unico tempo possibile, il presente inteso come dono.

“L’arte di un pittore è come la musica, la poesia, come nel tempio, un richiamo all’universo. L’artista dovrebbe esaltare la bellezza, l’anima. Non ha il diritto di sopprimere, schiacciare, trasmettere violenza, brutalità. Questo non è giusto. L’artista dovrebbe far rinascere l’umanità, ciò che abbiamo dentro di noi. L’arte di per sé dovrebbe essere sottile, dolce, trasmettere alla gente l’idea di amare il prossimo, l’idea dell’umanità”. Che è cosa che non conosce barriere e ci vede vicini, kazaki, svizzeri, russi o italiani. Tutti sullo stesso ponte d’arte, sottile e dolce sì, ma anche solido ed eterno.

Nataliya Shtey Gilardoni