Daniele Contucci è un poliziotto italiano, dirigente sindacale Consap, appartenente alla Direzione Centrale Immigrazione e Polizia delle Frontiere. Già intervistato dalla redazione di Ticinolive sul blocco migranti assembrati alla linea Como-Chiasso, ci offre in quest’occasione un’indagine profonda e sociale alla radice della tragicità dell’immigrazione.

Daniele Contucci ci parlerebbe delle missioni sul Mediterraneo intraprese per contrastare il fenomeno immigrazione?
Le missioni in campo sono state due: Mare Nostrum e Triton.
Mare Nostrum nata il 13 ottobre 2013 dopo l’ecatombe di migranti nel mare di Lampedusa e terminata alla fine del 2014 aveva come competenza specifica il salvare il maggior numero di vite possibile nel Mediterraneo e di arrestare gli scafisti, arrivando sino a 10miglia dalle coste libiche. Di fatto è servita a riattivare e rifinanziare la logistica della Marina Militare. Rispetto alla successiva Triton arrivava molto più vicino alle coste libiche tant’è vero che gli scafisti, vedendo arrivare i militari italiani, lasciavano i migranti in mare, consapevoli che li avrebbero salvati.
Triton, attivata dall’inizio 2015 e tutt’ora in corso, sotto l’egida di Frontex, con costi decisamente inferiori a Mare Nostrum, arriva sino a 30miglia dalle coste libiche, con una funzione di controllo delle frontiere europee e ovviamente salvare il maggior numero possibile di vite umane, contrastando la tratta degli esseri umani, e con l’impiego di tutti gli stati europei.

E l’Unione Europea come si comporta?
Premesso che 100mila dei 320mila migranti giunti in Italia tra il 2014 e il 2015 non sono stati fotosegnalati, l’Europa ha dato disposizioni nella creazione hotspot, centri di smistamento e fotosegnalamento dei migranti giunti dal Mediterraneo. Vi sono 4 agenzie europee: EUROPOL, FRONTEX, EASO e EUROJUST che verificano l’effettivo fotosegnalamento in questi centri. L’Italia, è stata di fatto commissariata in quanto non credibile, visto i dati ricavati.
Il fotosegnalamento di fatto impone, per conto del Trattato di Dublino, che il migrante venga fotosegnalato al primo paese d’Europa, debba far richiesta di asilo politico. In caso contrario identificato e rimpatriato come migrante economico.
Visti gli innumerevoli migranti non fotosegnalati, si deve dedurre che in precedenza gli stessi migranti abbiano fanno perdere le proprie tracce, venendo così a costituire un pericolo di terrorismo per l’Europa intera.

In chi o in che cosa individua, quindi, la causa dell’inefficienza di queste procedure?
Senz’altro nel Trattato di Dublino, nato nel 1990 e rivisto nel 2003 e nel 2013 ma mai sulla parte che impone al primo paese in cui avviene lo sbarco di accogliere i migranti, dimostrando quindi la vacuità delle blande promesse del programma del Governo Renzi, nel semestre europeo. Ciò significa che se un migrante raggiunge la Germania ma risulta che è stato fotosegnalato in Italia, viene rispedito all’Italia stessa.

Il mancato fotosegnalamento a che cosa è dovuto?
Volontà o compiacenza delle Istituzioni, che visto l’elevato numero di sbarchi, preferiscono non affrontare seriamente questo fenomeno.

Cosa pensa del pericolo terrorismo negli sbarchi?
Ci sono arrivate più volte segnalazioni, da parte dei nostri Servizi e del Copasir, nelle quali si denunciava il pericolo di infiltrazioni terroristiche. Tra i migranti, su 100mila non fotosegnalati, anche solo 1 su 10mila ne passerebbe infiltrandosi come potenziale terrorista, rappresenterebbe un serio pericolo per l’Europa intera.
Bisogna riconoscere che la maggior parte de migranti proviene da zone che sono veri e propri focolai di integralismo islamico, come il Niger, il Togo, il Congo, il Mali, la Siria e la Nigeria. Quindi il pericolo terrorismo è effettivo e reale.

I migranti sono poi effettivamente profughi?
Nel 2014 si sono 172 mila migranti sbarcati in Italia, di cui solo 65mila sono risultati atti a chiedere l’asilo politico. Solo il 10% quindi ha ottenuto il titolo di rifugiato politico.
I titoli che concede lo Stato sono tre: 1) asilo politico, 2) protezione sussidiaria 3) motivi umanitari.
Su 172 mila persone hanno titolarità sul suolo europeo solo 36mila persone. L’alta percentuale di rimanenti sarebbero da rimpatriare. Questi rimpatri non avvengono per mancanza di accordi bilaterali con i paesi di provenienza dei migranti (e soprattutto con la Libia, impossibilitata dalla guerra in atto).

Ritiene che si potrebbe porre un freno o proporre una soluzione a questo fenomeno?
Anzitutto avviare le nostre diplomazie, affinché si possa fare richiesta d’asilo politico nelle varie ambasciate, consolati italiani o europei. Poi creare corridoi umanitari, come campi profughi di smistamento in Libia. Si raggiungerebbe il suddetto obiettivo creando una missione in Libia sotto l’egida dell’Onu e della NATO. Per agevolare i richiedenti asilo, come Europa Unita occorrerebbe presentare accordi bilaterali coi paesi di provenienza dei migranti stessi. La politica migratoria deve comunque essere intesa come europea, poiché è un problema europeo.
Bisognerebbe intercettare la partenza dei migranti. Da quando è stata interrotta la tratta balcanica, con i muri che hanno innalzato i paesi dell’est, e da quando nonostante l’accordo con la Turchia in essa i centri di trattazione migranti sono sempre meno, nel 2016 è stato dunque ripreso il percorso della tratta mediterranea, ovvero dal deserto del Sahara alla Libia, sino alla tratta coi traghettatori di umani, che fanno affari d’oro. Dalle interviste ai migranti emergerebbe che ogni persona trasportata dalla Libia alle coste italiane abbia pagato una cifra di circa 600 euro agli scafisti.

Che conclusioni trarrebbe dunque dal fenomeno immigrazione in Italia?
Ritengo fallimentare la gestione del fenomeno immigrazione in Italia con chiare responsabilità governative dei vertici che la gestiscono. Il paradosso consiste nel fatto che invece di rimuovere responsabili del settore immigrazione, alcuni hanno visto addirittura accreditarsi delle promozioni. Per questo motivo mi sono scontrato con un muro di gomma fatto di attacchi, insinuazioni e omertà in ambito lavorativo, ma invece di isolarmi e esasperarmi, ho trovato la forza per ricercare la verità e la giustizia.

Intervista a cura di Chantal Fantuzzi