Il secondo dibattito fra Hillary e Donald, ieri sera, alla Washington University di St. Louis in Missouri, ha visto Hillary composta e presidenziale, e Trump all’attacco con toni taglienti.

Tra i due un gelido saluto, nessun accenno alla stretta di mano. Un’arma richiesta dal pubblico, soprattutto quello americano, è la sincerità. I due candidati, perlomeno, sinceri lo sono. Si odiano e non indugiano a mostralo.
La sincerità, per l’appunto, un’arma che Trump impugna contro la Clinton, per le trentaseimila mail ambiguamente – assai ambiguamente – cancellate. Mail che contenevano materiale segreto, violabile, inviate da Hillary all’allor presidente Obama, con molta indiscrezione e rischiosa nonchalance.

Galera. “Hillary non ha vinto le primarie in modo legittimo. Se sarò eletto nominerò un procuratore per indagare su di lei, che dovrebbe essere in prigione”. Questa la frase emblema del durissimo scontro, pronunciata dal candidato repubblicano. Quindi le e-mail piratate da Wikileaks. Il sito fondato dall’australiano Julian Assange aveva infatti rilasciato una serie di comunicazioni di Hillary Clinton, e fra queste anche il contenuto dei discorsi che la ex segretario di Sato aveva tenuto fra il 2013 e il 2015 a un gruppo di banchieri di Wall Street.

Sesso. E’ possibile che nella audience record che ha seguito il dibattito ci fossero anche tanti sandersisti, meno interessanti ai peccati a luci rosse di Trump e più ai peccati ideologici di Hillary.
Per quanto riguarda le colorite e calorose frasi sul sesso pronunciate dieci anni fa da Donald, l'”imputato” ha dichiarato di sentirsi imbarazzato per esse, ma di essersi già scusato con la propria famiglia. “Parole da maschio alfa” aveva dichiarato, sostenendolo, l’ex leader dell’UKIP, Nigel Farage, liquidando l’accusa per un “crimine” verbale. Sostegno anche da parte dell’ex sindaco Giuliani.
Sono peggio le azioni, ha dimostrato Trump, portando in prima fila le tre donne che accusarono Bill Clinton di stupro. Il marito incriminato della candidata democratica, sedeva anch’egli in prima fila, evidentemente imbarazzato. Molto più che Trump, si suppone.

Terrorismo. Trump ha definito l’ammissione nel Paese di migranti siriani, “un cavallo di Troia”.
Hillary invece ha cercato di spiegare che gli Usa non sono in guerra con l’Islam, e che tanti bambini e donne stanno soffrendo, e gli Usa devono “fare la loro parte”, anche se con tutti “i severi controlli del caso”. Non meno acceso il dibattito sulle tasse, quando Trump ha di fatto ammesso di non aver pagato le tasse federali per un sistema di sgravi che il fisco concede agli imprenditori che abbiano subito delle perdite finanziarie.

Audience. Da record, ancor più che il precedente dibattito.