Si è spento a novant’anni l’ultimo poeta-giullare, premio Nobel per la letteratura nel ’97, ultimo bagliore osannato e discusso del nostro secolo. Era ricoverato da quasi due settimane, per complicazioni polmonari, all’ospedale di Sacco. E’ morto tre anni dopo la moglie Franca Rame.

E’ un secolo, il nostro, che sta perdendo gli esponenti veri della cultura e si mostra incapace di generarne di nuovi. Negli ultimi due anni se ne sono andati Sebastiano Vassalli, Jacques le Goff, Umberto Eco, e oggi anche Dario Fo. Sotto l’egida del renzismo in Italia e dell’Austerity bancaria in Europa, se ne vanno, quasi in punta di piedi, gli ultimi intellettuali indipendenti, esponenti di una tradizione libera e letteraria e, di essa, ultimi fuochi del tempo nostro.

Un intellettuale dalle posizioni scomode e discutibili, ma dall’indiscutibile grandezza. La divisa da repubblichino nella sua gioventù (in seguito sempre poi nascosta), le posizioni antileghiste, la vicinanza al movimento cinque stelle, il suo ostentato “populismo”.

E poi ciò che lo ha reso grande e immortale: una letteratura medioevaleggiante, satirica, smaliziata, nel segno della tradizione e al contempo innovativa, provocante, che riuscì nello scardinare la perseverante e grigia quiete dei suoi detrattori.

Infine, la sua coerenza, per quanto riguarda il Referendum Costituzionale.

Il 2 giugno 2016, all’Huffington Post, alle seguenti domande rispose:

– …In realtà molti intellettuali si stanno schierando a favore del ddl Boschi.

Questo non è vero. Io incontro molte persone alla fine dei miei spettacoli, amici che mi vengono a trovare, molti intellettuali che dimostrano la loro coerenza e linearità e voteranno no.

– Ci sono anche 250 esponenti del mondo della cultura che hanno appoggiato la riforma. Quelli non vanno calcolati?

E’ una farsa, basta vedere la loro provenienza, come spiega Marco Travaglio nel suo editoriale di oggi. Di cosa è pratica questa gente? Non voglio dire che sono il peggio, ma il meno degno della classe degli intellettuali.