“È indispensabile tentare il raccordo con le forze critiche, trovare soluzioni alle richieste di equilibrio e rappresentanze di pluralità di voci, …”

Ben detto, Avvocato, parole sante! Ma saranno ascoltate? Temiamo di no. Se in quarant’anni – ai nostri occhi la deriva è incominciata negli anni Settanta – non si è ottenuto nulla, ci vorrebbe un “miracolo del Terzo millennio” per far sì che la musica cambi. La RSI resterà quello che è diventata, una cittadella inespugnabile, quanto all’ideologia e al culto del “politicamente corretto”, e quanto alla gestione del potere. Poco vale privilegiare il direttore rispetto al presidente (il socialista rispetto al democristiano). Poco vale sperare in un mutamento, interpretando in un’ottica positiva certe “predisposizioni all’ascolto”. Come ha osservato Fabio Pontiggia nel corso di un evento all’USI, “lui” sarà sempre un tribuno, per l’eccesso di zelo del gaglioffetto di turno, o per un preciso ordine dall’alto.

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Pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso dell’Autore
tettamantiTra settembre e ottobre il «Corriere del Ticino» ha ospitato più interventi centrati sulla CORSI. Dapprima il presidente, avvocato Luigi Pedrazzini, poi il deputato Franco Celio che afferma sulla base di esperienze personali la CORSI essere un ente del tutto inutile. In modo particolare – e non si può dargli torto – lamenta l’infelice ristrutturazione di qualche anno fa eseguita con criteri accentratori degni della più aridamente aziendalistica delle ditte, ma in netta contraddizione con chi (SRG) ogni tre parole si vanta d’essere un indispensabile pilastro del nostro federalismo. La signora Biscossa, vicepresidente della CORSI, ha sostenuto rispondendo a Celio il necessario ruolo della CORSI quale rappresentante della cultura e lingua italiana.

Data l’autorevolezza della fonte, due affermazioni del presidente Pedrazzini meritano un commento. Dice che la CORSI non ha più le responsabilità del passato: vero, ma ciò non deve portare a concludere che non ha più alcuna responsabilità o potere. L’opera buffa della nomina con due concorsi e cambiamenti di limiti di età del nuovo direttore(-ice) regionale è stata condotta, anche se in modo fantozziano, dalla CORSI. De Weck aveva già scelto la direttrice, il concorso dovendo essere solo una pura formalità. Il presidente Pedrazzini lo ha assecondato. I non edificanti dettagli con eliminazione di candidati esterni sono noti a tutti e dal cilindro è uscito (absit iniuria verbis) il coniglio Canetta. La vicenda permette di affermare che la CORSI ha un’importante influenza, fosse solo nell’assecondare o meno i voleri del capo di Berna. Grazie alla schiacciante maggioranza del Consiglio CORSI di allora l’operazione de Weck-Pedrazzini non è riuscita. Questo è potere e responsabilità (che si oppone allo strapotere). Non solo, ma la CORSI propone pure la nomina dei grandi capi, dei funzionari di alto livello (art. 29c) ed è incaricata di suddividere le risorse tra le reti e le aree di programma (art. 29b). Tutto ciò va sotto la rubrica «non responsabilità»? Anche la modestia di chi per tattica preferisce affermare di non aver potere ha un limite nei fatti e nella volontà degli interessati.

Pedrazzini e Biscossa incorrono poi a mio avviso in un errore concettuale. Vedono la CORSI come un club di ultrà, mansueti nei modi ma pur sempre impegnati a fare un tifo scatenato per la squadra del proprio cuore: la RSI. Tifo anche per i pluriquotidiani interventi in riunioni e media di de Weck. Ammirevole l’impegno di quest’ultimo che non si risparmia, coadiuvato in Ticino da un Canetta ormai «senza filtri». L’azione di marketing e di immagine per il direttore è anche comprensibile ma ha un modesto impatto sul problema di fondo: la frattura esistente nel Paese a proposito di RSI. Nel caso di grave inefficienza dell’informazione della RSI dimostrata all’occasione degli attentati terroristici di Parigi e Nizza la CORSI è intervenuta in rappresentanza degli utenti? Se sì, questo è un caso dove la trasparenza senza alcun filtro è utile. La CORSI, abbandonando il ruolo del «fan», dovrebbe attivarsi nel contatto anche in forma privata con i rappresentanti di quelle larghe fasce della popolazione che si trovano in posizione critica, cercare di non aprioristicamente contestare l’esistenza di un malessere che sostanzialmente si concreta nello squilibrio ideologico tra RSI e Paese reale, ma di capirne le ragioni. De Weck, più sottile, ha incontrato ad esempio i rappresentanti della Lega, incontro al quale non presenziavano né Canetta né esponenti della CORSI. Come mai? Perché queste iniziative anche per risanare la spaccatura esistente non le prende anche la CORSI?

La frattura nel Paese esiste e non verrà risanata mettendo al bando chi critica sospettandolo di secondi fini o di partito preso. Addurre quale scusa che tanto ci sarà sempre qualcuno a cui la RSI non piacerà è poco dignitoso. La vicepresidente Biscossa a giusta ragione ritiene che quello che può fare la CORSI è importante. Ma dovrebbe uscire da una visione «propagandistica» e di organizzazione di conferenze che ormai hanno perso molto in attrazione (non solo quelle CORSI). È indispensabile tentare il raccordo con le forze critiche, trovare soluzioni alle richieste di equilibrio e rappresentanze di pluralità di voci, tranquillizzare su eccessi burocratici e su costi, cercare di capire e di costituire un fronte unico (ma non a senso unico) per la difesa degli interessi culturali del Ticino (e del contributo economico dovutoci) anche tramite RSI. Funzione importantissima, a condizione di volerne assumere la responsabilità.

Tito Tettamanti