Bombardamenti aerei contro una scuola, utilizzo di armi chimiche : in mancanza di prove sufficienti, la Russia non vuole essere ritenuta colpevole.

Mercoledì 26 ottobre, 22 bambini e 6 insegnanti sono morti tra le macerie della loro scuola, bombardata durante un raid aereo su Hass, nel nord-ovest della Siria. Dopo questo dramma, gli occhi dell’Occidente si sono voltati verso la Russia, la quale nega ogni responsabilità. Così come respinge il rapporto delle Nazioni Unite che accusa il governo di Damasco di attacchi chimici contro la popolazione civile.

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Da settimane le accuse di crimini di guerra si moltiplicano contro la Russia. Il presidente Putin le spazza via evocando la “retorica politica” e ritiene responsabili gli eserciti agli ordini della coalizione occidentale.
Dal 30 settembre 2015, la Russia ha fatto intervenire le sue forze aeree per sostenere il presidente sirian Bachar Al-Assad, e ha sempre affermato di colpire unicamente obiettivi terroristi. I piloti russi sono stati accusati di aver spesso e volentieri preso di mira i “ribelli moderati”, sostenuti dall’Occidente nella loro lotta contro Al-Assad.

Dopo la distruzione della scuola di Hass, il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha chiesto l’apertura di un’indagine “immediata e imparziale”. Il suo portavoce ha aggiunto che vi sono altre opzioni possibili, come il Consiglio di sicurezza o il ricorso alla Corte penale internazionale.

Per quanto riguarda gli attacchi con armi chimiche contro i civili siriani, il governo russo respinge le conclusioni del recente rapporto delle Nazioni Unite sui tre attacchi del 2014 e 2015, dai quali emerge che il responsabile è il presidente siriano Al-Assad.
Le conclusioni degli inquirenti sono “piene di contraddizioni e dunque non convincono – ha dichiarato l’ambasciatore russo alle Nazioni Unite, Vitali Tchourkine.

Dal canto suo, l’Unione europea ha sanzionato dieci alti responsabili siriani, accusati di aver preso parte alla violenta repressione contro la popolazione civile. Questo porta a 217 il numero dei responsabili siriani per i quali vige il divieto di accesso sul territorio dell’UE e i cui averi nelle banche europee sono stati bloccati.