Oggi un tribunale israeliano ha condannato per omicidio un sergente dell’esercito per aver ucciso un palestinese ferito e inerme, che aveva attaccato i militari all’arma bianca.

Pubblichiamo integralmente il commento alla sentenza firmato dal giornalista di Tel Aviv Michael Sfaradi. Lo pubblichiamo come documento, senza esprimere un giudizio (ma è chiaro che alle argomentazioni dell’autore qualcuno potrebbe replicare).

In coda all’articolo pubblichiamo anche il filmato (con link al Corriere della Sera) che mostra il momento dell’uccisione.

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elor-azariaQuesta mattina la corte marziale militare dell’I.D.F. Israel Difence Force, ha ritenuto il sergente Elor Azaria colpevole dell’omicidio di Abd Fatah al Sharif. Anche se l’ufficialità della condanna porta la data odierna Elor Azaria non è stato condannato oggi ma il 24 marzo 2016 a distanza di pochi istanti dal fatto. È stato condannato dal Primo Ministro Benjamin Netanyahu e dal suo Ministro della Difesa Moshe Ya’alon che, appena ricevuta la notizia dell’attentato e del successivo scontro a fuoco, sono corsi dai giornalisti e anziché difendere un loro soldato, o almeno attendere i risultati della commissione di inchiesta, hanno subito fatto dichiarazioni di colpevolezza che in quel momento non erano giustificate e che, sicuramente, hanno influenzato i risultati di chi si è poi ritrovato a indagare sapendo quali fossero state le esternazioni del capo del governo e del suo ministro. Difficile dire a posteriore che il capo si era sbagliato, non tutti hanno le palle per farlo e poi quasi tutti tengono famiglia.

Elor Azaria è stato condannato dalla sempre presente B’Teselem che tiene fisse le sue telecamere sull’operato dei militari israeliani ma che mai, ripeto mai, ha mandato in onda una foto o una semplice immagine di uno qualsiasi degli attentati, e in questi anni ce ne sono stati a centinaia, che la popolazione israeliana ha dovuto subire. Classico esempio di forma grave della sindrome di Stoccolma. Elor Azaria è stato condannato dagli occhi del mondo che tengono Israele sotto il microscopio e da un tribunale e da un governo che hanno preferito sacrificare l’anello più debole della catena pur di continuare ad alimentare, inutilmente, la vana illusione che il mondo riconosca l’etica israeliana. Lo hanno fatto ignorando, volutamente e colpevolmente, pur sapendo che Israele perché Stato Ebraico sarà sempre colpevole, a prescindere.

Bastava ascoltare i commenti dei giornalisti, anche e soprattutto israeliani, sempre schierati dalla parte dei giusti e puri, che già affermavano con certezza che il ricorso in appello degli avvocati di Elor Azaria non avrebbe portato a nessun risultato perché il tribunale, mai come in questo caso, aveva blindato la sentenza avendo seguito alla lettera tutte le procedure previste dal codice militare proprio per evitare che la corte suprema potesse annullare la sentenza per qualche vizio di forma. Questo significa che qualcosa di legalmente perfetto è stato cucito addosso a un ragazzo che all’epoca dei fatti aveva 19 anni, un trattamento particolare che magari a qualcuno prima di lui non era stato riservato.

Serviva un colpevole e un colpevole è stato servito e senza attenuanti. Come attenuante non è servita la giovane età dell’imputato in servizio di leva messo in una situazione di ordine pubblico che sarebbe stato invece compito della polizia.Come non è servito che il suo gruppo era stato colpito pochi istanti prima da un attentato dove due militari, suoi amici, erano stati feriti gravemente da diverse coltellate ed erano in quel momento in fin di vita.

Non è servito che lui fosse ancora sporco del sangue dei suoi commilitoni come non è servito, e chi ha visto e ascoltato l’intera ripresa del fatto, che a Abd Fatah al Sharif prima dello sparo era stato intimato più volte di non muoversi e che aveva addosso un giubbotto pesante al cui interno poteva esserci qualche giubbetto esplosivo. Poi, solo dopo lo sparo, gli artificieri si sono avvicinati al corpo e hanno constatato che esplosivo non c’era. Lo hanno constato dopo e lo hanno potuto fare perché il terrorista non poteva più azionare l’eventuale minaccia.

Tutti bravi a giudicare a bocce ferme, tutti bravi a condannare dalle comode poltrone della giuria o da dietro uno schermo di computer. Troppo comodo giudicare con calma fra un caffè e un biscotto la decisione che qualcun altro ha preso e che l’ha presa avendo a disposizioni solo pochi secondi, temendo per la propria incolumità e per quella di chi gli era vicino. Decisione se tirare o no il grilletto non nei confronti di chi si trovava lì per caso, ma di chi pochi istanti prima si era reso responsabile di un doppio accoltellamento.

A tutti coloro che oggi inneggiano al fatto che la giustizia ha trionfato e che Israele ne esce pulita io dico, e lo dico da uomo che per Israele darebbe la vita, che per Israele oggi è un giorno triste, triste perché l’Esercito Israeliano, il mio esercito, anziché spiegare a un mondo che non vuole capire, e che mai capirà finché anche lui non si troverà nella stessa situazione, le immense difficoltà in cui si trovano ad operare i suoi soldati, ha preferito la via più facile e cioè sacrificare un suo figlio.

Israele non ne uscirà comunque pulita perché il mondo la vuole sporca, l’esercito israeliano non ne uscirà etico perché il mondo continuerà ad infamarlo anche perché Elor Azaria il 24 marzo scorso era ad Hebron perché chiamato a fare il proprio dovere. Da oggi, giorno della sentenza scritta, i soldati che continueranno a servire lo faranno con la paura di questo precedente che passerà nella loro mente ogni volta che si troveranno davanti alla decisione se fare o no fuoco contro un potenziale pericolo. E quest’ultimo particolare, lasciatemelo dire, fra tutti quelli elencati è sicuramente il più grave.

Michael Sfaradi

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