Pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso dell’Autore

tettamanti-3yL’UE si trova confrontata con la più grave delle crisi sin qui vissute. Una crisi articolata in una serie di problemi che non riesce ad affrontare e risolvere. Gli squilibri creati dall’euro, il flagello della disoccupazione, specie giovanile e con punte del 40%, l’indebitamento pubblico, per molti Stati dal 100% al 150%, la fragilità del sistema bancario, i pesanti oneri fiscali, la mancata ripresa economica malgrado l’immissione di liquidità nell’ordine di migliaia di miliardi, i punitivi tassi negativi, l’angoscioso problema dell’immigrazione di massa da Paesi prevalentemente mussulmani, e come reazione a tutto ciò lo sviluppo di partiti anti- sistema e quasi sempre anche anti-UE e antieuro.

Più che il mondo politico – distratto dall’impegno quotidiano ma anche condizionato dal desiderio di mantenere status e potere – il mondo intellettuale da qualche tempo è preoccupato e si interroga sul futuro, sui rimedi, su possibili alternative istituzionali. Dai dibattiti, pubblicazioni, analisi di scienza politica, tre sembrano le ipotesi che godono oggi di maggior autorevolezza: l’implosione, una nuova (diversa) costruzione europea, la decadenza.

L’implosione è la tesi di chi considerando gli squilibri creati dall’euro, quelli connessi con la libera circolazione tra sistemi (nazioni) con diversi gradi di rete sociale, la crisi economica e fragilità delle banche di alcune nazioni vede l’UE dissolversi.

Autorevoli giornali finanziari valutano ad esempio l’Italia quale pericoloso ventre molle. Il crollo dell’Italia, terza potenza economica dell’euro, non potrebbe venir assorbito come quello della Grecia, grave di per se ma tutto sommato di modesto impatto. Un Paese con un debito pubblico di 2.150 miliardi (superiore a quello della Germania o della Francia), con un sistema bancario gravato da 350 miliardi di euro di crediti in sofferenza e che si valuta detenga il 20% del debito pubblico, con una stabilità politica dubbia e che si appoggia a parlamentari il cui cambio di casacca nel corso della legislatura fa impallidire il trasformismo giolittiano, con due partiti, Cinque Stelle (il maggiore del Paese) e Lega, chiaramente anti-EU e favorevoli all’uscita dall’euro.

Auguriamoci che l’implosione incontrollata non si verifichi. Le incognite potrebbero essere angosciose per tutti. Soluzioni parziali come quella di un euro per i Paesi del Nord ed uno (molto svalutato) per quelli del Sud che permetta loro, anche se non per la via maestra, di ricuperare concorrenzialità sono pure ipotizzate. Parimenti quella di un’uscita dall’euro della Germania.

Ricostruire una struttura europea facendo tesoro ed evitando gli errori del passato. Molte sono le proposte in questo senso. Quasi tutte pongono l’accento sulle varietà, quale ricchezza della storia e della cultura dell’Europa, varietà mortificate dallo zelo armonizzatore di Bruxelles.

La possibilità per le diverse Nazioni di unirsi o meno in gruppi per interessi puntuali. La possibilità di recessione. Il rispetto di chi vuol procedere più svelto e chi più lentamente, la rinuncia all’asfissia che impedisce la concorrenza dei sistemi, l’abbandono di mostruosità burocratiche imposte dall’alto sono alcune tra le idee discusse. Nel XXI secolo la realtà geopolitica impone la collaborazione tra Stati europei in diversi campi ma evitando di creare in modo surrettizio una nazione europea centralizzatrice che i cittadini non vogliono. Ci si dovrebbe diffondere a lungo se si volessero citare gli errori del passato da evitare.

Sarebbe la soluzione da preferire, ma dubito che avrà successo, perché politica, politicanti, burocrati di Bruxelles (e quelli delle singole nazioni) non oseranno mai ammettere i pesanti errori del passato che hanno fatto perdere diversi decenni. Oltretutto con il rischio di mettere in gioco le strutture del loro potere.

La decadenza: se dovessi scommettere direi che è ciò che ci aspetta. Le decadenze possono durare a lungo, quella dell’Impero Romano durò addirittura secoli. Avremo una specie di Sacro Romano Impero. Con una Bruxelles che conta sempre meno nei confronti delle capitali dei singoli Stati, ma che può venir abilmente sfruttata per i giochi politici di gruppi di nazioni contro altre, usata come freno in taluni casi o come pretesto per misure impopolari in patria.

Una situazione di confusione e cacofonia, esemplarmente dimostrata, ma non solo, dall’attuale politica sull’immigrazione. Lunghe sedute notturne per decidere come non decidere e tanti altri segni dell’impotenza che accompagna la decadenza.

La resistenza al cambiamento sarà fiera, non solo da parte di tutti i burocrati di Bruxelles (con trattamenti salariali e prestazioni sociali molto superiori di quelli che avrebbero in patria), ma anche da tutti i politici (solo i parlamentari sono 700, alcuni spediti nell’UE quale premio di consolazione), come pure dai 30.000 lobbisti attivi a Bruxelles che fanno ottimi affari, influenzando una burocrazia preparata ma molto meno controllabile di quella nazionale. Con i lobbisti i grossi gruppi di potere economico e sindacale che trovano più facile e conveniente convincere un solo burocrate e la commissione che quelli di 28 Paesi. Il tutto accompagnato dagli aspetti deleteri del degrado come la storia ci insegna.

Unica a non accorgersi della decadenza è la maggioranza del Consiglio federale svizzero. Ma come soleva ripetere il compianto consigliere federale Delamuraz: «Les suisses se lèvent tôt mais se réveillent tard».

Tito Tettamanti