Da www.blognews24ore.com

Un articolo dal portale Réseau International

La crisi ucraina sarà una prova di verità per la nuova amministrazione americana ? Come un rivelatore chimico, sembra mettere a nudo le intenzioni di Donald Trump. Dopo le dimissioni del consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn, accusato di aver avuto scambi inopportuni con la Russia, Washington ha chiarito le sue relazioni con Mosca.
“Il presidente Trump ha precisato di aspettarsi che il governo russo smorzi la violenza in Ucraina e restituisca la Crimea – ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, il 14 febbraio.

Seguendo i passi del suo predecessore, Donald Trump esige dunque che la Russia restituisca la Crimea all’Ucraina. Si dice determinato a prolungare le sanzioni economiche sino a quando questa esigenza non sarà stata soddisfatta. Non sorprende da parte di un dirigente occidentale, ma la formulazione è comunque strana. Fa intendere che questa penisola a maggioranza popolata da russi è stata rapita da un bruto avido di conquiste. Suggerisce che la sua popolazione sia stata portata via in un’operazione sistematicamente qualificata come una “annessione ” da parte degli occidentali.

Ciò che colpisce in questo discorso, è che fa il gioco della Crimea. Come se la popolazione di questo paese non sia capace di decidere il proprio destino. Poco importa se il 96.77 % dell’elettorato della Crimea abbia votato a favore dell’integrazione nella Russia. Poco importa che abbiano fatto questa scelta, a seguito delle provocazioni dei putschisti di Kiev, in occasione di un referendum che non ha incontrato nessuna critica fondata circa il suo carattere democratico. Per gli occidentali è tutto un imbroglio.

Le cancellerie occidentali hanno invocato il principio dell’intangibilità delle frontiere internazionali. Il 27 marzo 2014, l’assemblea generale dell’ONU ha votato una risoluzione che afferma l’integrità dell’Ucraina e nega qualunque validità del referendum di auto-determinazione organizzato dal Parlamento della Crimea. Il voto non è stato unanime. La risoluzione ha ottenuto 100 voti sui 193 Stati membri. 11 paesi hanno votato contro, 58 si sono astenuti e 24 non hanno partecipato al voto.

La causa immediata dell’annessione della Crimea alla Russia è la politica anti-russa dei nazionalisti ucraini. Abolendo la legge che faceva del russo una seconda lingua ufficiale, chi ha preso il potere a Kiev nel 2014 ha umiliato la popolazione russofona, spingendola nelle braccia di Mosca. Vladimir Putin non ha fatto altro che raccogliere il frutto di questa crisi deliberatamente provocata dagli ultras di Kiev, incoraggiati dai neo-cons di Washington.

Da questa crisi il Cremlino è uscito due volte vincitore. Ha accolto in un clima di effusione patriottica il ritorno alla Madre Patria dei suoi figli di Crimea. E, più prosaicamente, ha ottenuto la messa in sicurezza della base navale di Sebastopol, sulla quale Kiev faceva pesare una minaccia strategica. I giochi sono fatti. L’amministrazione americana può alzare i toni e i nazionalisti ucraini possono moltiplicare le provocazioni, Mosca non arretrerà di un passo. Con la ribellione nel Donbass, la Crimea costituisce il principale focolare della crisi ucraina. Fornisce all’Occidente, vassallo di Washington, il pretesto di una nuova guerra fredda, ma la Crimea è russa e lo rimarrà.