Sulla prestigiosa rivista «The Lancet» le linee guida per diagnosticare precocemente l’insufficienza renale nei bambini. Fra gli autori, il neonatologo Marco Somaschini, della Clinica Sant’Anna di Sorengo.

L’ultimo numero di The Lancet (8 marzo 2017), una delle più prestigiose riviste mediche del mondo, pubblica le linee guida per riconoscere, fin dai primi mesi di vita, l’insufficienza renale nei bambini e i rischi di altre patologie collegate, come l’ipertensione. Queste indicazioni (le prime, in tale ambito) sono state messe a punto da un gruppo di 31 esperti di 9 paesi, fra i quali Marco Somaschini, neonatologo della Clinica Sant’Anna di Sorengo.

«È importantissimo cogliere con tempestività i segnali di un funzionamento non ottimale dei reni – dice Somaschini – anche se spesso questi «indizi» sono difficili da decifrare. Solo con una diagnosi molto precoce è possibile, poi, arginare i problemi nell’età adulta. È ormai dimostrato che molte delle malattie sviluppate da adulti (escludendo quelle di origine infettiva) trovano la loro origine nella vita fetale».

Quali sono i segnali di una possibile insufficienza renale, spesso trascurata da medici e genitori, e scoperta solo quando è in una fase avanzata? Le linee guida messe a punto dai ricercatori internazionali (coordinati da Giuseppe Remuzzi, primario nefrologo e Direttore dell’Istituto di Ricerche Mario Negri di Bergamo) puntano l’attenzione, innanzitutto, sul peso alla nascita. «I piccoli che nascono sottopeso, cioè con un peso inferiore ai 2 chili e mezzo, per qualunque ragione, vanno tenuti sotto particolare attenzione – spiega Somaschini. Gli studi avviati da Barry M. Brenner, dell’Università di Harvard, negli Stati Uniti, hanno permesso di dimostrare che questi neonati possiedono un numero ridotto di nefroni (le unità funzionali dei reni) e dunque sottopongono queste «strutture», necessariamente, a un super-lavoro, che può sfociare in problemi, appunto, come l’insufficienza renale. Ma anche i bimbi nati gravemente prematuri hanno un numero di nefroni più basso della norma e corrono rischi simili». Un’attenzione particolare, infine, va riservata ai figli di donne con diabete, obesità o che hanno sofferto di pre-eclampsia (gestosi), cioè di un anomalo innalzamento della pressione durante la gravidanza.

Cosa devono fare i medici, in questi casi? È importante che tengano sotto controllo la pressione sanguigna dei bambini – suggerisce il gruppo internazionale di ricercatori – ed eseguano con regolarità, anche l’esame delle urine. Ma non basta: bisogna ridurre l’uso di farmaci potenzialmente tossici per i reni (come certi tipi di antibiotici o di antinfiammatori) e calibrare in modo equilibrato la dieta, favorendo l’allattamento al seno.

«Ragionando più a monte – aggiunge Somaschini – è importante che i medici e gli aspiranti genitori facciano di tutto perché i bimbi, nei limiti del possibile, non nascano sottopeso. In particolare, l’alimentazione delle mamme è fondamentale. Questo problema è soprattutto rilevante nei paesi in via di sviluppo, a causa delle carenze di cibo dovute alla povertà. Ma anche dalle nostre parti capita di vedere stili di vita e abitudini alimentari non corretti. Purtroppo non è raro vedere donne che seguono diete non equilibrate sia prima che durante la gravidanza o che fanno uso di sostanze nocive come alcool o tabacco. E i piccoli che portano in grembo potranno avere conseguenze negative in futuro».