2017  “Rossobrunismo è la sintesi diabolica dei due estremi che hanno versato lacrime e sangue nel Novecento: Comunismo e Fascismo. Per le grammatiche del pensiero unico, sovrastruttura egemonica che giustifica i rapporti di forza del blocco monopolare americanocentrico iperclassista post ’89, Rossobruno è chiunque proponga la possibilità di controllo dell’economia di mercato, oggi assolutizzata, o chiunque solo prospetti la possibilità alternative di “essere”, rispetto al capitalismo.”

Professor Diego Fusaro, lei parla di Rossobrunismo come sintesi del dissenso dal capitalismo e dal mondialismo. Come definirebbe, dunque, il Rossobrunismo?

Rossobrunismo è la classificazione di ogni possibilità di resistere al mondialismo, mentre l’unica resistenza possibile può scaturire solo da una dinamica di deglobalizzazione, difesa nazionale e risovranizzazione dell’economia.
Rossobruno è chiunque che, consapevole che l’antagonismo odierno si basi sulla verticale contrapposizione tra servi e signori e non su vane divisioni orizzontali, oggi rigetti destra e sinistra. Pertanto, viene bollato come gli estremi di esse. Oggi chiunque propugni un’economia di mercato sovrana, viene automaticamente chiamato Rossobruno. La classe dirigente è tale non soltanto in termini economici e sociali, ma anche e soprattutto nella concezione simbolica del linguaggio. Previa una neolingua del modernismo postmoderno, il pensiero unico politicamente corretto, viene demonizzata ogni possibilità del “Pensare altrimenti”, di dissentire dal pensiero unico. Ci convincono così a orientarci come masse che legittimano il loro dominio. Dissentire da ciò è il reato di Rossobrunismo.

Rossobruno è pertanto colui che dissente dall’imposizione mondialista?
E’ colui che critica il capitale, che vuole una riorganizzazione in termini di sovranità si pone in contrasto al capitalismo, e pone le basi per una collaborazione sovranazionale, il che non significa l’appiattimento della globalizzazione, dimentica dell’identità nazionale, quanto piuttosto un rapporto tra nazioni in termini di equilibrio, autodeterminazione e orgoglio identitario.

Perché l’egemonia bancaria tedesca non teme mai di ricadere nell’accusa di “nazismo economico”?
Perché oggi le uniche critiche valenti sono quelle che non hanno a che fare con l’economia di mercato. Critiche indubbiamente giuste, alle quali tuttavia manca quella volta a intaccare l’oppressione dell’economia vigente.

Orgoglio nazionale, senza nazionalismo. E’ possibile? 
Occorre distinguere tra nazione e nazionalismo; il nazionalismo è patologia degenerativa dell’idea di nazione, in quanto mirante alla negazione delle altre nazioni stesse. Proponendo la rilettura di Gramsci, occorre ripartire dalla Nazione, in un’idea di quest’ultima rispettosa delle altre, senza sterili contrapposizioni; al contrario, in un’ottica di valorizzazione dell’orgoglio della propria. A questo proposito, come Associazione, abbiamo rilanciato una nuova Rivista online, volta a valorizzare l’identità storica e a costruire il futuro prossimo della Nazione, ripartendo dalla cultura, per combattere il mondialismo. Interesse Nazionale, per l’appunto.

Intervista di Chantal Fantuzzi