2017

Riconosciuto a livello internazionale per le sue opere, il celebre artista statunitense Robert Indiana sarà il protagonista, questa primavera (dal 9 aprile al 13 agosto 2017), di una grande mostra alla Pinacoteca Comunale Casa Rusca di Locarno.

L’esposizione fa seguito alle ampie retrospettive promosse al MoMA, al Whitney Museum di New York e in altri grandi musei americani ed europei, ultimo dei quali in ordine di tempo, il Museo di Stato russo di San Pietroburgo, dove una sua mostra è stata organizzata la scorsa estate. Numerose tra le più significative opere di Indiana di quest’ultima rassegna saranno presentate, unitamente ad altri dipinti e sculture raramente esposti, a Locarno.

La straordinaria fama di Indiana è inoltre indubbiamente legata alla sua scultura “LOVE”, icona inconfondibile della Pop Art, che si può ammirare in importanti luoghi pubblici di tutto il mondo, dalla Sixth Avenue a New York ai giardini del Museum of Art a New Orleans, fino alla piazza principale di Taipei.

La mostra di Locarno, nell’ambito della quale il pubblico potrà ammirare le principali opere pittoriche e scultoree dell’artista americano, realizzate a partire dalla fine degli anni ’50, è frutto di una proficua collaborazione con la Galerie Gmurzynska di Zurigo e si configura come la prima personale di Indiana in un museo svizzero.

“Ci sono più segni che alberi in America. Ci sono più segni che foglie. Per questo penso a me stesso come a un pittore del paesaggio americano”. Così dichiarava Robert Indiana in un’intervista al New York Times. L’artista, nato a New Castle nel 1928 come Robert Clark (il nome d’arte deriva dal suo stato di origine), è riconosciuto come una delle voci leader della Pop Art, insieme a Andy Warhol, Roy Lichtenstein, Claes Oldenburg, Tom Wesselmann e James Rosenquist.
Indiana, tuttavia, si distingue dai colleghi per la peculiarità della sua arte, con riferimenti alle proprie radici culturali e pittoriche e in cui fonde idea, parola e immagine in forme da lui stesso definite “verbali-visuali”. Il suo pensiero artistico è al tempo stesso visivo e verbale: consapevole del fatto che il linguaggio gioca un ruolo nel processo del pensiero e questo include la sua identificazione con qualcosa di visivo, nelle sue opere l’artista fa emergere le immagini dalle parole e, viceversa, le parole dalle immagini.

Indiana è uno scrittore che dipinge e ciò lo rende unico. Il suo interesse principale è la comunicazione delle idee attraverso un linguaggio in cui l’uso del testo, dei segni e dei numeri spinge l’osservatore ad un dialogo. L’artista utilizza le sue immagini-testo come stimoli per l’immaginazione: lo spettatore è pertanto invitato a creare una connessione tra il significato di una parola e la propria associazione personale.

Robert Indiana utilizza segni che sono diffusi e universalmente noti, con l’intento di proporre un’arte immediata e d’impatto, che possa essere alla portata di tutti, mescolata però con un profondo significato esistenziale. Ogni opera è infatti pervasa da una vasta gamma di riferimenti autobiografici, culturali, storici. Si può pertanto affermare che nella sua arte s’incontrano una grande semplificazione formale e un’elevata complessità intellettuale.

L’artista propone uno stile grafico dove domina il colore e dove si ritrovano ampiamente i segni della pubblicità, conquistando nell’immediato l’attenzione dell’osservatore. Un elemento rilevante del lavoro di Robert Indiana è inoltre la tipografia. Opere come Decade Autoportrait 1968 presentano infatti sovrapposizioni di segni diversi, che accentuano l’espressione delle sue idee visive, nutrite anche dal confronto diretto con esponenti del movimento minimalista come Ellsworth Kelly, Agnes Martin e Jack Youngerman, che ha contribuito allo stile geometrico delle sue opere.

La mostra a Casa Rusca indaga, attraverso circa sessanta opere, la produzione dell’artista a partire dalla fine degli anni Cinquanta, quando si trasferisce nella Grande Mela in un loft nella zona portuale di Coenties Slip, dove l’incontro con i citati rappresentanti del movimento minimalista lo porta a una svolta stilistica, raccogliendo tutto il fascino di una pittura dalla vena geometrica, pulita, “hard-edge”.
Accanto ai primi dipinti di natura astratta, il percorso espositivo presenta gli assemblaggi denominati “herms” realizzati con del materiale usurato (alberi di navi, assi di legno, metallo e ruote arrugginite), le colonne percorse da brevi iscrizioni, le sculture (la famosissima “LOVE”), fino alle recenti creazioni in cui i temi della sua ricerca sono tradotti in ideogrammi.

Indiana è infatti conosciuto soprattutto come “l’uomo che inventò LOVE”, una parola che lo segue dal 1966, quando il primo “LOVE” lo catapultò agli onori e alla fama. Icona universale, la celebre opera “LOVE” fu realizzata per la prima volta nel 1965 – su commissione del MoMA – come cartolina di auguri di Natale, prima di diventare scultura in alluminio policromo. “LOVE” è stata inoltre simbolo del movimento pacifista degli anni ’60 e delle successive generazioni.

Alla sua opera più riconoscibile fa da contraltare la scultura “AMOR” (1998), con la medesima struttura a coppie di lettere sovrapposte. La transizione di “LOVE” da dipinto a stampa a scultura culmina nel monumentale “LOVE WALL” (1966), presente in mostra. In esso si osserva il ricorso alla ripetizione speculare delle immagini utilizzata spesso dall’artista quale espediente per richiamare la sua “visione binoculare”: raddoppiando l’immagine suggerisce due opposti punti di vista e/o una visione interiore e una esteriore.

In assoluto fra le immagini più sfruttate e replicate al mondo, “LOVE” è entrata nella cultura di massa, è stata ed è tuttora riprodotta nelle pubblicità, sulle copertine di libri e dischi, in riviste, poster, sui capi d’abbigliamento e di arredamento, e così via. La sua esplosiva popolarità, ai tempi in cui fu creata, cambiò la percezione di tutti su Indiana e sul suo lavoro.