2017

Francesco De Maria  Buongiorno, Orio Galli. Vorrei fare con lei un ampio giro d’orizzonte su Lugano, toccando temi politici, culturali, sociali, economici. Se la sente?

Orio Galli  Perché no? Per principio non mi sono mai rifiutato di rispondere ad alcuna domanda , anche se scomoda. Anche perché preferirei un giorno essere maledetto per eccessi piuttosto che per omissioni.

Lei ama Lugano?

Come potrei non amare una città come questa, di enorme fascino? Ma nel contempo non poter anche criticarla: per certe sue scelte; per alcuni suoi comportamenti? Come mi sembra sia giusto fare anche con una donna che veramente si ama: una moglie, una compagna, un’amica, un’amante… Ma pure con qualsiasi persona che si sia lasciata rovinare durante la sua vita.

Nella seconda metà degli anni Cinquanta a Lugano ho svolto l’apprendistato di vetrinista nella vecchia Innovazione (allora casa Airoldi) di Piazza Dante, dove c’era il vecchio Pedrinis, e il palazzo con il porticato colonnato e la fontanella, al posto del quale sarebbe sorto il PKZ. Mario Agliati, del quale sarei diventato molti anni dopo amico, lo vedevo sovente con i tipici capelli a spazzola, fermo a discutere animatamente con qualcuno, nelle vie del centro.

A Lugano arrivavo tutti i giorni in treno da Mendrisio. È stato quello per me forse il periodo  più duro e difficile della vita. Ma  pure quello che mi ha probabilmente formato e segnato maggiormente sul piano umano. A quei tempi c’era ancora il “Venezia” dove per un certo periodo ho pranzato con un piatto di spaghetti, al burro o al pomodoro. Il ristorante che si trovava nell’antico chiostro di un ex convento era frequentato anche da Renato Regli, Giancarlo Zappa… Seduti ai tavolini del “Commercianti” vedevo ogni tanto Nadja Tiller o Ubaldo Lay (il Tenente Sheridan). In via Pessina incrociavo a volte Giovannino Guareschi con la borsa della spesa. Alla stazione ho incontrato un pomeriggio Totò (il principe De Curtis) mentre saliva le scale al braccio della giovane moglie.

A Lugano, a fine novembre, quelli dell’ Innovazione mi “prestavano” alla Città perché salissi sulla scala dei pompieri – io che ero piccolo e agile – ad appendere le palle in sagex sull’albero di Natale davanti al Municipio. Una volta, intorno a mezzanotte, mentre attendevo il treno per rientrare a casa mi trovai solo, sul marciapiedi, con Claudio Villa che rientrava a Roma in vagone letto, dopo uno spettacolo da lui tenuto al Padiglione Conza. Mi era sembrato un po’ scornato. Seppi il giorno dopo dai giornali che qualcuno l’aveva anche fischiato. Stavano nascendo – con i Beatles – nuovi generi  musicali.

Nel Parco del Castello di Trevano – tra  il ’59 e il ’60 –nell’ultimo anno di apprendistato andavo un giorno settimanale a scuola in alcune baracche militari. Ve le aveva fatte installare d’urgenza dal Cantone, per carenza di spazi scolastici, l’allora responsabile della formazione professionale ispettor Francesco Bertola. Per la cultura generale ci teneva lezione il prof. Paolo Bernasconi (“Paolin”) allora settantenne. Originario di Bedano, allora e già municipale di Lugano. Di lui,  e delle sue lezioni, soprattutto di vita, conservo un ricordo affettuoso.  Nelle pause di mezzogiorno entravo di soppiatto con alcuni compagni di scuola nel favoloso “Castello” infilandomi attraverso uno stretto pertugio. All’interno era rimasto ancora quasi tutto intatto…. Incredibile cosa abbia potuto allora vedere…

Un paio d’anni dopo il Governo cantonale fece sciaguratamente abbattere quella fiabesca dimora – uno dei palazzi più belli d’Europa – dopo aver riscattato l’immensa proprieta per la ridicola somma di duecentomila franchi. Il suo primo proprietario, barone Pavel von Derwies, negli anni Settanta dell’Ottocento aveva acquistato per centocinquantamila franchi di allora lo Spartaco del Vela dai certi nobili Litta di Milano! A Nizza, in un palazzo fatto costruire nello stesso periodo dallo stesso Derwies, i francesi oggi ci hanno messo un’Università! Qui – più che la “grandeur” – vuol dire avere il senso e il valore del passato. Quando ho visto le foto di quello che fu il vecchio Casinò di Lugano… mi è venuto un tuffo al cuore. Luganesi, avanti di questo passo…, che tanto avete il Cardiocentro!

Ho da poco scoperto che la costruzione del Castello di Trevano (e pure, almeno in parte, per quello a Nizza) fu diretta da un mio antenato, amico del Barone da quando con lo stesso lavorava per la corte degli zar: Francesco Botta, fratello di Marianna, mia bisnonna paterna sposatasi con un Galli di Besazio. E che allo Spartaco, finito poi a San Pietroburgo, fu riparata una mano ( prima che venisse riacquistato dalla Confederazione) dall’atelier di cinque Botta, tutti fratelli di mia bisnonna. Sono entrato recentemente in possesso, grazie a un amico appassionato di storia, di copia della fattura emessa a suo tempo per questo lavoro…

Recentemente qualcuno a Lugano ha lanciato l’idea di spostare la statua dello Spartaco del Vela da Palazzo Civico al LAC. Roba da scompisciarsi dalle risate… Certo, il Vela fu ai suoi tempi forse fin troppo mitizzato (per esempio da Romeo Manzoni). E anche lo Spartaco non è poi quel gran capolavoro che molti pensano. Rappresenta comunque dignitosamente una data epoca, anche per l’ottocentesco luogo che occupa, palazzo progettato dal piemontese Moraglia. Purtroppo mi sembra che alcune persone manchino oggi delle basi minime – altro che civica e storia ! – per fare scelte con cognizione di causa, che siano storicamente ed esteticamente corrette.

Da cinquant’anni – da quando mi sono sposato – vivo e lavoro in proprio a Caslano: uno dei luoghi più belli del luganese. E  forse del canton Ticino, se non di tutta la Svizzera. Dalla  “Perla del Ceresio” attraverso ditte, istituti, commerci allora presenti… ho ottenuto anch’io interessanti committenze di grafica pubblicitaria, soprattutto tra gli anni Settanta e Novanta. Ma ormai frequento Lugano sempre più raramente. Invecchiando preferisco sempre la tranquillità della campagna e delle montagne al trambusto del traffico cittadino  . In città  vado qualche volta, in settimana, dall’igienista. O il sabato mattina – quando le strade sono semivuote –per “fare il pieno” alla Biblioteca cantonale. Più raramente di domenica. Peccato che nei giorni festivi, oltre ai negozi, siano chiuse anche le gallerie d’arte private. Percorrendo oggi via Nassa mi sembra di attraversare un cimitero. Forse è per questo che qualcuno ha pensato di  smantellare buona parte camposanto a Cornaredo?

 È una città in ascesa? Una città in declino?

Lugano –  con il suo paesaggio: il lago, golfo, il Brè e il San Salvatore, il lungolago, il parco Ciani…– sarebbe una delle città (meglio chiamarla cittadina!) tra le più belle al mondo. «Bella e incredibile…» mi sembra dicesse qualcuno… “Addio Lugano bella”, cantavano invece gli anarchici. Lugano, bella soprattutto per suo paesaggio naturale unico. Assolutamente no invece – non bella – per molto di quella sua parte artificiale, sempre più esageratamente costruita, cementificata. E troppo spesso malamente. In modo banale, scontato, eppur con cara – costosissima ! –  edilizia. Altro che architettura! Uella, Architetti delle Accademie e Urbanisti dagli Alti Studi, dove mai vi siete cacciati?

Ma dove si intende arrivare? Anche perché la particolare orografia di questi luoghi non offre smisurate possibilità a certe espansionistiche mire di molti speculatori. Oltre alla cementificazione galoppante vorrei poi aggiungere che sopporto sempre meno anche il “Lugano–ego–centrismo”. Con certa sua arroganza. E certe fusioni che non fanno – oltre tutto – che creare maggiori confu–sioni. Altro che chiarezze semiologiche! Paradiso e Massagno, separati da Lugano; con la lontana Valcolla ne fa invece oggi parte da enclave. Misteri delle “aggregazioni”. Supponenze da prima donna che ogni tanto si manifestano nella  “la più grande città del cantone”. Anche perché, a ben guardare, di donne ce ne sarebbero in giro parecchie altre. E pure di bella presenza. E in più disposte magari  a concedersi con maggiore generosità. Senza poi mettere in conto le recenti rogne che si è beccata la città sul Ceresio. D’accordo, sfighe causate in parte anche da  mutamenti avvenuti a livello internazionale in campo politico–economico. E poi – volete mettere – la globalizzazione e la virtualizzazione? Disgrazie per i quali non si possono imputare troppe colpe alla città. Cambiamenti avvenuti dovunque. Previsti però dall’esimio prof. Carlo Pelanda con largo anticipo. Ricordate il  famoso “libro bianco” ? Opera nata anche dai suggerimenti della cantonaluganese “Marine”. Ricorda, Professor Francesco? Ma c’è ancora oggi qualcuno che possegga il dono della memoria?

 A Re Giorgio è succeduto Re Marco. Metta a confronto questi due uomini, questi due sindaci.

Far dei confronti tra due persone, in particolare se si tratta due Re (o Siri) provenienti da, almeno parzialmente, diverse casate – e ognuno dei quali con una spiccata, anche se molto diversa personalità – è faccenda piuttosto delicata. Il “divin” Giulio diceva che il potere logora chi non ce l’ha. Io aggiungerei che, osservando le cose – comunque, e purtroppo – il potere non si logora mai. Poi ci sono monarchi che usano lo scettro come un bastone, e regnanti che tengono un bastone per scettro… Questione di gusti: “de gustibus”*.

Se permette, a questo punto desidererei  segnalare, con il titolo DE–GUSTI–BUS, un mio librino di epigrammi (“galligrammi d’orio”) recentemente pubblicato dalle Edizioni Ulivo di Balerna. Firmato e numerato. E per di più a un costo irris…orio!

Per quanti anni Borradori, insediato nel 2013, regnerà sulla Perla del Ceresio?

Non potrebbe girare questa la domanda al mago Otelma? Spero di possedere ancora qualche palla ma – fortunatamente –  non di fragile vetro.

 Perché il PLR ha perduto Lugano?

Mi sembra – caro Professore – che con questo PLR anche lei si dimostri secondo i miei gusti un pochino troppo Luganocentrico. E, se non sbaglio, noto pure come lei sia un simpatiz–zante, se non proprio forse fedelissimo aderente, di questo “storico” partito. Un partito che ha avuto nel passato anche i suoi giusti meriti. Ma che per molti anni – forse troppi – ha detenuto la maggioranza nel governo –  con soprattutto le “chiavi” –  della città di cui stiamo parlando. Conservo comunque un simpatico ricordo di due  belle figure di sindaci del passato: Paride e Ferruccio Pelli. Che – per completezza di informazione – pur portando il medesimo cognome, erano tra loro solo lontanissimi parenti. Certo, si dirà, altri tempi. Purtroppo tempi durante i quali si son pure commessi  gravi errori. Alcuni dei quali purtroppo irriversibili. Ne ricordo qui uno solo: la costruzione del Palazzo dei Congressi nel parco di Villa Ciani.

Del Castello di Trevano oggi mostriamo le fotografie ai facoltosi russi che soggiornano a Lugano. Russi che però  – malgré tout – possiedono ancora una settecentesca San Pietroburgo quasi intatta da poter mostrare con  fierezza ai numerosissimi visitatori che giungono nel loro paese.

Per fortuna i cittadini di Lugano –  a volte più avveduti di certi politicanti – hanno  alcuni decenni fa affossato in votazione popolare  la  balzana idea di far giungere l’autostrada fin sul lungolago, sotto la stupenda wellingtonia che fronteggia Villa Malpensata.

Comunque,  più che i partiti – e non solo a Lugano, ma in tutto il mondo – mi sembra sia oggi la politica nel suo insieme a risultare perdente. Naturalmente la politica nel senso più alto e nobile del termine. Quella che i greci chiamavano polis. Una cosa che dovrebbe interessare ogni comune mortale,  già da quando si sveglia ogni mattino. E non solo di domenica, per andare a ritirare quello nella cassetta! Una politica che dovrebbe far nascere in ognuno di noi la passione, il coraggio, la voglia di fare;  magari anche con ardite ma intelligenti, lungimiranti scelte. Purtroppo in molti hanno rimosso il passato. Altro che civica e storia…! I giovani stanno perdendo la memoria affidandola tutta ai vari gadget del “virtuale” . Molti vivono oggi solo in un continuo, eterno, allucinante presente.

Chi ha raggiunto l’età della pensione – potendola contare in sonanti franchetti ogni fine mese – pensa solo al quieto vivere, cercando in primis di sistemare in qualche comoda nicchia statale o parastatale l’adorata e coccolata progenie. Mentre altri – la maggioranza –  non riescono più nemmeno a intravvedere un degno futuro per figli e nipoti. Colpa di molti fattori, si dirà. Certo… Come l’accelerazione esponenziale del tempo che passa. Con la perdita di un senso da poter dare alla propria vita. Anche le stagioni, che per secoli si sono succedute sempre allo stesso modo, con i medesimi ritmi per intere generazioni, conciliando l’uomo con la natura, dal suo inizio alla sua fine, si son messe oggi a far le bizze. Ma forse sto dicendo cose banali. O forse – caro Professore – troppo… liberali?

Dove risiede la forza della Lega? 1) Nel saper capire la “gente”  2) Nel saper attizzare l’invidia e il rancore  3) Nell’opporsi al “politicamente corretto” imperante? 4) Nello smascherare l’ipocrisia della sinistra e dei partiti borghesi?

Mi sia concessa una battutaccia: «La Lega chi?» . Ah, “la cultura politica…”, mi verrebbe da aggiungere.  Ma c’è forse ancora qualcuno che sa cosa sia oggi la cultura politica? O anche più semplicemente cosa sia la cultura, la vera cultura? Non quella però dei ghetti delle  “pagine culturali”… Quelle pagine lette quasi solo da chi le scrive.

Mi sembra che la cultura soffra oggi di due o tre malattie diffusissime ed estremamente contagiose. Addirittura endemiche se penso al nostro cantone: la “manifestitis”  l’”eventitis” e la “museitis”. Con un florilegio di celebrazioni e autocelebrazioni a far da contorno. Ma dove è finita la coscienza critica? Naturalmente non quella delle lotte tra guelfi e ghibellini. O delle tifoserie da curve nord e sud,   con gli scontri  durante i quali spesso e volentieri molti scalmanati se le menano di “santa ragione”. Magari solo per un disco che non scivola bene sul ghiaccio o per un pallone che si sgonfia sull’erba. D’accordo, già nell’Ottocento, conservatori e liberali si davano giù ogni tanto legnate da orbi. E non solo. Ma poi sono arrivati i socialisti… E ora dove ora sono finiti?

Se riandiamo però agli anni Trenta del secolo scorso, a leggerci per esempio i “Vagabondaggi” –  Contributi alla storiografia artistica ticinese – di Ugo Donati (ed. Arturo Salvioni, 1939), nonno dello Stefano che tien oggi bottega d’antiquariato in via Nassa, capiremo forse cosa è stata la critica nella prima metà del secolo scorsi. Critica di spessore, illuminata, e illuminante… E con le palle, ma non di vetro! Perché oggi– mi chiedo, e le chiedo, caro Professore – si è tutto così appiattito? Per fortuna molte donne han ripreso – dopo anni di assurde anoressiche diete  – a non più vergognarsi di possedere due belle, generose tette…

Lei ha creato vignette per il Mattino della Domenica. Si considera un leghista?

Per il “controcanto” (il canto del “contropotere”) sono sempre stato completamente  disponibile con chiunque mi abbia offerto – quando me lo ha offerto – un sufficiente spazio per poter esprimere le mie idee liberamente. Fermo restando che anch’io – per mantenere la famiglia – ho dovuto lavorare anche per il “sistema”.  E non solo… gratuitamente. Di vignette ne ho fatte anche moltissime altre, oltre a quelle per il Mattino. Per il Giornale del Popolo, Popolo e Libertà, laRegione, Libera Stampa, Area, Caffè della Domenica, Gazzetta Ticinese… Da quest’ultimo giornale – ormai da tempo defunto– attendo ancora quel misero compenso che mi era stato a suo tempo promesso…

Secondo alcuni la Lega ha torto su tutto. Dove ha ragione?

Guardi, il torto o la ragione non stanno mai – secondo me – solo da un’unica parte. Non tutto si presenta sempre così semplice, completamente bianco o nero. Si devono considerare maggiormente le sfumature. Non solo però quelle che oggi vanno per la maggiore . Ci sono le sfumature dei  ragionamenti, con le sottigliezze  del pensiero. Ricorda il “Dottor Sottile” ? Sfumature che sono a volte anche il risultato di complesse alchimie; composizioni ottenute con colori diversi, variabili; mescolati tra loro, anche senza Lega…nti. Non lo sa lei, che da giovane ha fatto anche studi di filosofia?

Se le fosse concesso di fare una sola caricatura di un municipale di Lugano, chi sceglierebbe?

Per principio tutti. Ogni viso ha una sua unicità espressiva: composta nel contempo da una umanità e da una bestialità. E poi, disegnare una faccia nuova, cercando di coglierne, penetrarne e metterne in mostra le caratteristiche psicologiche e somatiche, è  sempre un intrigante, stimolante esercizio. Anche perché con ogni viso devi iniziare dagli occhi, che sono lo “lo specchio dell’anima”.  D’altronde mi sembra che qualcuno abbia recentemente riscoperto e rivalutato alcune teorie, a suo tempo molto discusse, basate sulla fisiognomica. Teorie enunciate nell’Ottocento dall’antropologo e criminologo Cesare Lombroso.

Lei gira in macchina per la Città? Che cosa pensa del contestatissimo PVP, in atto da quasi 5 anni, che nessuno riesce a modificare?

Cerco di girare in macchina per Lugano il meno possibile, anche per non farmi ulteriormente girare altre cosucce… Se poi penso a quella “gimcana” tra Corso Pestalozzi, Via Pioda, Via Bossi (in mezzo allo strettissimo passaggio che si forma tra due colonne di auto parcheggiate ai lati),  Corso Elvezia e Viale Cattaneo : direzione est > nord > est > sud… e di nuovo > est…

C’è forse qualcuno che ha perso la bussola? Ma a Lugano, se non sbaglio, c’è sempre stato un debole per le gimcane. Ricordate quando fu creata quella dietro la stazione a Lugano–Besso?

Parliamo del Lac, il più recente e smagliante “idolo” luganese. Qual è la sua opinione sulla qualità architettonica del Lac, e del suo teatro in particolare?

Nello “smagliante” – se me lo concede – io vedo qualche grossa smagliatura (in dialetto “scurlera”). Cerchiamo di partire volando alto e prendendola alla larga. Cultura. Arte. Teatro. Letteratura. Architettura… Per la Musica mi sembra ci sia con il Manuele Bertoli – chi se ne intende già abbastanza, “et pour cause”….

Il cantone da qualche decennio dispone  di un’apposita Divisione della Cultura. Non ho ancora però capito cosa facciano a Bellinzona certi suoi funzionari. Ma forse son solo io che non ci vede bene…  Sull’Arte – mi riferisco in particolare alle arti plastico/visive – per le quali ritengo di avere una certa competenza, andrebbe fatto un lungo discorso per il quale qui non v’è il necessario, indispensabile spazio. E poi tedierei moltissime persone. Comunque sono sempre disponibile per qualsiasi confronto, con chiunque volesse invitarmi,  in qualsivoglia sede, a dibattere su questitemi. Sull’architettura poi… Ma abbiamo… Mario Botta! Non ci basta per tener botta? Arminio Sciolli ha addirittura invocato per il LAC – in una intervista rilasciata non molto tempo fa proprio a Ticinolive – il soccorso del nostro Super Mario del Mendrisiotto. Mi sembra d’aver udito un grido di dolore quando si è rivolto al Gran Maestro con un: “Mario, salvaci tu!”

Luogo bellissimo quello dove è sorto il LAC, senza alcun dubbio.  Non vorrei a questo punto sparare – come si dice  – sulla Croce Rossa.  O sulla Cultura, naturalmente senza Kappa. Però qualcosa, almeno a futura memoria, e  per un minimo di onestà intellettuale,  mi sembra vada pur detto.

Per esempio che le indicazioni che figuravano nel bando del concorso architettonico fossero ben diverse – e dalla giuria completamente disattese – rispetto a ciò che poi è sorto su questo magnifico sito. Uno spazio che è stato occupato, e non lasciato libero come veniva richiesto. Un luogo nel quale, quando ogni tanto ci passo davanti, io  vedo – anche senza pensare al ragionier Fantozzi – la prua della corazzata Potemkin. Naturalmente il suo modello, poggiato su due rossi sostegni.

A suo tempo la Città di Lugano aveva poi lanciato un concorso per il disegno del logo del LAC (ma perché non per il nome?). Io lo avrei chiamato PALART. Ora, il logo scelto alla fine per questo monumento alla cultura, si intravvede appena, sotto forma di un filiforme tubo al neon seminascosto dalla struttura metallica in alto alla grande vetrata. Logo che stranamente non figura però nell’insegna ufficiale sistemata sulla verde facciata della “corazzata”. Insegna di una grafica piatta e banale… da magazzino coi saldi. Si dirà: dettagli. Ma non è anche dai dettagli – e da un minimo di coerenza – che si riconosce dall’inizio alla fine la vera cultura?

Nella sala del teatro non ci sono ancora entrato: il tempo stringe, e anch’io sono costretto a operare delle scelte di vita. Mi vien riferito che questa sala abbia un’ottima acustica. Benissimo. Finalmente un grande spazio veramente adatto per teatro e concerti che a  Lugano da tempo mancava. Mi chiedo solo che fine farà quel bell’auditorium di Rino Tami alla RSI di Besso… Comunque sul LAC è mancato un dibattito preliminare  con un vero confronto di idee sulle scelte:  luogo, struttura, contenuti.. Qualche voce critica  all’inizio s’era levata ma è stata subito messa a tacere. Un classico. In seguito sono sorte  solo infinite bagarre per la gestione: lotte di potere. Lotte intestine, di stomaco, di fegato, di milza… Per l’assalto alle cadreghe. Anche a qualche pozzo di Santa Patrizia, e qualche Giovanna…d’Arco bruciata sul rogo.  Ma questa sarebbe cultura?  Ogni tanto Michele Fazioli scende in visita pastorale dai castelli della sua Bellinzona per respirare un po’ anche l’aria di alcuni concerti sul Ceresio. E dopo l’ascolto con l’orecchio dell’intenditore tesse a volte sostanziosi elogi con panegirici su almeno uno dei due quotidiani luganesi.

Lei ha visitato le mostre che, dal settembre 2015, si sono susseguite al LAC? Qual è il suo giudizio complessivo? Quale mostra le è piaciuta di più?

Non tutte, ma ne ho viste diverse. Alcune interessanti. Altre meno. Mi sembra però che manchi un concetto, un programma organico con della visioni per le esposizioni del futuro. Ci sarebbero cose interessanti e di grande qualità da far vedere, che pochi conoscono, anche a livello internazionale. E sicuramente con sostenibili costi. Qualche suggerimento? L’”Ecole de Paris”, il “Gruppo Cobra”… Con mostre che servirebbero a far capire ed apprezzare anche a un vasto pubblico la ricchezza di alcuni movimenti artistici nati nel secolo scorso.  E non solo quello che  è apparso in seguito, quando negli anni ’50, dopo l’”informale”, con la commistione dei generi della “pop art”  si è slittati dall’estetica nella filosofia. E con l’arte “concettuale” (sic.), l’arte “povera” (per i ricchi), e  le in–stalla–azioni (ma non per i contadini…) è stato quasi solo un susseguirsi di mode e di mercati…  Ma va tu a spiegargliela a “quelli della Lega”… Quella Lega che  «ogni tanto ci frega»… E a quelli del Mattino, che son rimasti lì, ai fallici camini per le prese d’aria, e al verde maculato delle lastre di marmo che rivestono le fiancate della “corazzata”…

Il Lac ha sua Telenovela, in concreto la nomina del Consiglio direttivo responsabile della gestione dell’Ente. Una telenovela della quale non abbiamo ancor visto l’ultima puntata. C’è più da ridere o da piangere?

Non ho mai guardato una telenovela. Anche perché mi basta, e mi avanza, la  sempre più complessa realtà del mondo concreto. Dopo tutto quello che ho già detto…–  come ultima spiaggia – mi rimane forse, come sola opzione, che il silenzio. O la goduriosa, orgiastica libidine che riesca a farmi vomitare pure le budella; per terminare con un pantagruelico, sghignazzate ma, soprattutto, liberat…orio:  immenso e travolgente rutto.

 Giovanna Masoni aveva (risp. ha) un diritto morale a entrare nel Consiglio, o addirittura a presiederlo?

<<Diritto? Morale?>>: non capisco. Probabilmente non frequento questa lingua. O scuole dove questa lingua viene oggi insegnata, e praticata.

I candidati Carrubba (Milano) e Koch (Lucerna), che saranno verosimilmente proposti dal Municipio quali membri del Direttivo (affiancando Badaracco, Foletti e Sganzini), sono una scelta impossibile da migliorare?

Capisco ancor meno. Di cosa si tratta, di  esperanto? A Locarno, quando era sindaco Diego Scacchi, durante un decennio Pièrre Casè ha allestito a Casa Rusca una serie di memorabili esposizioni. Casè, che da giovane ha svolto un apprendistato di vetrinista come il mio, mi sembra che come direttore del museo fosse impiegato solo a metà tempo e pure, credo, senza troppi “gruppi di lavoro” che lo attorniassero. Tempi così mutati…?

Come finirà questa tormentata vicenda?

Girare per favore la domanda nuovamente al mago Otelma, che possiede la sfera…

A breve termine si dovrà nominare il successore del direttore Franciolli. C’è a suo avviso un candidato ticinese papabile e all’altezza? Quale potrebbe essere il miglior candidato svizzero? Quale il miglior candidato “internazionale”?

Cosa diceva la buonanima di Gino Bartali…? Mi chiedo solo se il candidato per questa funzione/finzione  dovrà essere… càndido, oppur… candìto.

Il Campo Marzio è un polo fondamentale che la Città si appresta (almeno, si spera!) a edificare. Come allestirebbe lei questo progetto? Con quali contenuti, con quali priorità? A quale architetto l’affiderebbe?

Quando si parla di “polo” mi viene sempre in mente qualche “pollo”. Comunque sul futuro del Campo Marzio mi sembra si ripresenti di nuovo l’ipoteca di un Luganocentrismo. E tutto ciò che con essa – anche di negativo – ne potrebbe derivare. Come minimo un’intensa cementificazione – ci risiamo ! – di quest’area molto pregiata. Con il risultato finale di un ennesimo super ingolfamento del già magnifico golfo. Si pensi solo all’errore recentemente commesso nel non aver fatto proseguire la circonvallazione a nord di Lugano – dalla galleria di Manno – per Gandria. Per l’accesso il Campo Marzio c’è forse qualcuno che prevede la calata dal cielo dei marziani?

Ma non ci è stato più volte ripetuto, da esimi architetti e dotti urbanisti, che ormai il Ticino è un agglomerato unico? O forse qualcuno ha inteso per – agglomerato –  uno di quelli  che si fabbricano con i tondini, e dove nel cemento si inseriscono–  per l’armato – pure i “tontini”? Oppure la Valle dei Capannoni e i Piani degli Shopping ?

Per… restare in zona: lei avrebbe abbattuto gli ippocastani del viale Castagnola?

Meglio una pianta abbattuta da una persona…,  che una persona abbattuta da una pianta. Non crede, caro professor Francesco, che anche il Suo omonimo santo la penserebbe oggi, in situazioni simili, anche lui così?

All’inizio dell’intervista le ho domandato: lei ama Lugano? Adesso le chiedo: 1) che cos’ha fatto lei per Lugano? 2) Che cos’ha fatto Lugano per lei?

1) Qualche immagine visiva di una perlomeno discreta qualità ritengo di averla creata anch’io, sull’arco di cinquant’anni carriera professionale, per questa “adorabile c…ittà”.

2) Se poi da una bella donna non ci si dovrebbe mai aspettare nulla, figuriamoci da una città…

Esclusiva di Ticinolive