Considerazioni dopo il primo turno alle presidenziali francesi (titolo originale)

Il Partito Socialista francese ha subito la sorte del PASOK greco ed è uscito di scena, colpevole del suo ripiegamento guerrafondaio e neoliberista sotto il pessimo François Hollande: questo è un dato politico centrale. Il sorpasso di Jean-Luc Mélenchon (sostenuto dai comunisti, dai giovani e che ha saputo conquistare la fiducia della vecchia “banlieu rouge” parigina) che ha condotto giustamente una campagna abbastanza profilata contro l’UE e la NATO è un altro elemento estremamente rilevante.

Se il PS avesse sostenuto la sinistra, oggi Mélenchon sarebbe sicuramente al secondo turno, ma come sempre nei momenti di crisi la socialdemocrazia sbaglia e consegna il paese al grande capitale atlantico. Ora al ballottaggio ci sarà un neo-liberista, bellicista e ultra-europeista come Emmanuel Macron e una cosiddetta nazionalista come Marine Le Pen.

Dico “cosiddetta nazionalista” perché il suo non è il patriottismo della tradizione rivoluzionaria francese: oggi Le Pen non solo è una sostenitrice del sionismo israeliano (e degli interessi economici che ne derivano anche in Francia) ma ha pure sostenuto l’interventismo militare in Mali: benché Le Pen sia contro l’UE e intelligentemente strizzi l’occhio all’area euroasiatica (ponendosi giustamente contro le sanzioni alla Russia) non mi farei quindi troppe illusioni geopolitiche, perché presto – di fronte a un probabile fallimento economico e sociale di Macron – godrà del sostegno aperto di quella grande borghesia che ora diffida ancora di lei ma che la potrebbe chiamare a tempo debito per calmare il malcontento sociale.

Inutile dire che di fronte alla destra padronale e alla sinistra globalista che esalterà Macron, se i lavoratori e i ceti popolari finiranno per votare massicciamente Le Pen, non ci sarà né da stupirsi né da biasimarli. E’ imbarazzante quella parte di apparato della sinistra francese (socialdemocratica, eurocomunista, ecc.) che ieri sera, senza neanche attendere i risultati definitivi, aveva già fatto sapere di votare, al secondo turno, per il candidato delle banche, del militarismo e dell’UE contro la candidata xenofoba. Le loro “analisi” post-moderne, che di marxista non hanno ormai più nulla, temo che riusciranno solo a spingere ulteriori voti operai – che ancora guardavano al PCF o al PS – verso il Front National. Da questo punto di vista, la linea seria del troppo poco considerato Pôle de Renaissance Communiste en France (PRCF) di sostegno critico a Mélenchon merita un plauso.

Massimiliano Ay, segretario politico del Partito comunista