Una Visione Progettuale per la formazione delle nuove classi dirigenti , intervista al Presidente Rizzi

Si è conclusa brillantemente la Spring School targata IASSP – Istituto di Alti Studi Strategici e Politici per la Leadership, tenutasi dal 10 al 15 aprile a Gargnano del Garda presso il prestigioso Palazzo Feltrinelli, emblema di architettura della belle époque che si riflette sul lago d’argento, che ha visto susseguirsi incontri intensi e di importanza internazionale. Alla Scuola di Alta Formazione Politica, presieduta dal Professor Ivan Rizzi e coordinata dal Professor Davide Cadeddu che ha come proposito l’ambizioso progetto di costruire una nuova Classe Dirigente Politico – Amministrativa, hanno partecipato discenti dirigenti e imprenditoriali, laureati, neolaureati e laureandi – tutti ammessi previa un accurato colloquio di selezione –  che hanno potuto assistere e interagire a lezioni tenute dalle più importanti personalità internazionali: da Lelio Gavazza, regional managing director di Bulgari a Olga Iarussi, CEO South Europe Triumph, dal filosofo saggista e Professore del San Raffaele Diego Fusaro al cinquecentista Gianclaudio Civale, dalla Soprintendente Archeologica della Città metropolitana di Milano Antonella Ranaldi al direttore del Vittoriale degli Italiani Giordano Bruno Guerri, da Sergio Vento, ambasciatore a Washington e Rappresentante Permanente presso le Nazioni Unite a Marco Giaconi, direttore del Centro militare di studi strategici,   ; e poi Antonino De Francesco Direttore del Dipartimento di studi storici, Università degli Studi di Milano, Alberto Martinelli Professore Emerito dell’Università degli Studi di Milano, Irene Piazzoni Ricercatrice presso l’Università degli Studi di Milano, il giornalista Dario Fabbri, l’imprenditore Eugenio Preatoni, Marco Soresina Docente presso l’Università degli Studi di Milano, Marco Biasi giurista e docente presso l’Università degli Studi di Milano, Diego Palano Managing Director di Facile.it Insurance, Pierluigi Sgarabotto Managing Director Duravit , Andrea Gamberini dell’Università degli Studi di Milano, Damiano Palano dell’ Università Cattolica del Sacro Cuore, con laboratori coordinati dai dott. Lorenza Morello e Alessandro Monchietto.
Giornate intense, al termine delle quali le cene divenivano simposi di discussioni appassionate e prolungate, sino alle notturne passeggiate sul lungo lago.

La Redazione di Ticinolive ha intervistato il Presidente dello IASSP, il Professor Ivan Rizzi, riguardo la visione progettuale offerta dallo IASSP ai giovani talenti.

Come pensa che i giovani discenti possano inserirsi in un’ottica di cambiamento concreto e sociale? In che modo essi potrebbero ricostruire il futuro?

Docenti IASSP. Da sinistra Lorenza Morello, il Presidente Ivan Rizzi, il professor Davide Cadeddu, l’Ambasciatore Sergio Vento, il direttore del Centro Militare Marco Giaconi
Il Prof. Ivan Rizzi Presidente IASSP (secondo, da destra) alla presentazione progetto IASSP alla Camera dei Deputati

Si tratta di riconoscere se stessi nel processo eterno dell’identificazione.Bisogna presumere quel che si potrebbe o dovrebbe essere, cercare l’intuizione di ciò che è possibile in rapporto al reale: cosa pensi di diventare, anche in barba alle tue condizioni date? Se vivi in provincia devi ritagliarti un tuo spazio (che ecceda quell’habitat), se vivi in città, devi difenderti dalla condizione alienante. Identificazione, decifrazione categorica della propria condizione sociale. In che modo? L’unica strada è costruire una propria individualità che parta dalla contingenza e si apra agli altri, agli altri saperi, agli altri punti di vista. Un riscatto personale, un’affermazione individuale, infine, il rapporto con la società. Il percorso non dev’essere individuale ma sociale. Occorre fare in modo che la prospettiva singolare possa coincidere con quella della società, che il processo s’inserisca con il tipo di riproduzione della società stessa. Se l’inquietudine governa le anime che trasformano le cose, la dimensione progettuale di  sé sta nel superamento di ciò che c’è. L’avventura non dev’essere isolata, bensì si deve agire in una prospettiva morale, cioè politica, verificare se l’inquietudine interiore possa esser sentita anche dagli altri (così come la visione del bello dev’essere condivisa per imporla verosimile) perciò possa avere anche una legittimità politica.

Da sinistra Ing. Tiziano Li Piani, dottorando IASSP, Marco Giaconi, docente IASSP, Marco Franco Segretario Generale IASSP, On. Angelo Tofalo, deputato M5S e componente COPASIR, alla presentazione alla camera dei Deputati progetto IASSP

Sarebbe possibile, oggi, costruire una nuova élite (e una nuova leadership politica) che coniughi cultura, consapevolezza e onestà?
Una nuova élite è oggi fondamentale, si presenta come un passo decisivo per uscire dall’ideologia degli “abiti stretti” novecenteschi che hanno tradito i loro stessi ideali. Basti pensare all’accusa infamante più ricorrente al giorno d’oggi ovvero quella di “fascista”, mentre il fascismo non esiste, né ha più ragion d’essere. Un’accusa pertanto vuota va a creare una casta ideologica che stabilisce chi possa esprimersi e chi invece sia costretto al silenzio; una casta nella quale domina il Mainstream del “tu, fascista” contro al “noi, antifascisti”; una scorciatoia del pensiero, insomma, poiché non viene analizzata la violenza antisociale del ‘900, una formula, dunque, funzionale ad accusare chi la pensa diversamente da quel che si vorrebbe. Viene, infine, a crearsi una retorica, appunto quella del “politically correct”, una neoideologia.
Un’ élite deve avere contenuti e qualità. Quali? La speranza è quella del nuovo secolo, intuita da André Malraux, delle élite morali, ovvero la nascita di un Umanesimo morale. Occorre sperare ancora nella possibilità di una “persona completa” che risenta ancora “il fascino estetico della moralità.” Un’ élite può costruire una struttura cognitiva di pensiero progettuale su basi etiche. L’etica non è automaticamente una nozione della democrazia, è un concetto vuoto, un passepartout, oggi bisognerebbe più che mai parlare di demopraxia, in una rilettura di una prassi, per l’appunto, della democrazia. Pareto intellettuale selettivo parlava di una ricostruzione della società diffidando dalle masse, Le Bon dichiarava legittima la diffidenza nei confronti del popolo. Oggi però il pericolo è l’opposto: è una élite finanziaria che si è insediata come una nuova aristocrazia apolide intimamente antiumanista.
E’ ancora possibile parlare oggi di valori, in una società minimalista dominata dal nichilismo?
Il confronto è tra un’economia efficientista e un umanesimo innovativo. Heidegger nei suoi studi sull’umanesimo critica la presunzione dell’arroganza intellettuale e sostiene che essa debba esser tenuta a freno da una pietas morale per il mondo, una pietas terrena, una forma di rapporto col passato. Personalmente sono uscito dalla Religio, proprio per seguire la pietas morale, perseguendo, l’etica. L’etica trascendentale potrebbe oggi definirsi come il rapporto tra l’Etica terrestre (Spinoza) e la ragione che deve fare i conti con il mistero dell’essere, con la nostra incompiutezza e finitudine. Quest’ultima non è una terrorismo di ”essere per la morte” quanto piuttosto un rapporto lucidamente consapevole col tempo: la donazione con cui “tu” esisti, spiega come l’essere donati alla vita non sia come l’essere pensati, poiché la fattività, l’indignazione rendono spiegabile la tua presenza nel mondo. ma tu sei qualcosa che non si è fatto da sé. Il mistero dell’essere si esplica nei rapporti con gli altri. La luce oscura invisibile della consapevolezza del Mistero è come l’essere senza fondo, un pavimento che non c’è, e quest’assenza di solidità dell’essere mostra paradossalmente la sacralità dell’esistenza. Siamo noi gli indecifrabili. Il mistero è impenetrabile e deve accompagnare una riflessione morale.

Katekon di Bisanzio – Benjamin Constant, 1876, l’entrata di Maometto II a Costantinopoli

Nel Suo discorso conclusivo ha citato Herder, in relazione al cosiddetto “differenzialismo”. Occorre pertanto essere diversi, identitari, in una parola continuare ad essere se stessi, di contro al livellamento della globalizzazione?
Kant, va dimenticato e rivalutato di Herder. Una cosa è l’idea universale senza tempo, nella prospettiva dell’eterno, un’altra è che noi non viviamo nel tempo ma nel frattempo, dentro le differenze, differenze e proprietà culturali, storiche, morali. Per quanto riguarda l’evento, bisogna lasciarsi attraversare lasciare, che entri nella vita. Dobbiamo pensare all’avvenire, dobbiamo pensare alla nostra vita come una catena di incontri, annunciazioni, eventi appunto, eventi che vengono da fuori. Ciò che viene dall’esterno è imprevedibile è tempo non ancora vissuto, impensato.
Il differenzialismo è una tematica fondamentale per capire una definizione di sé. L’islam, per esempio, vive un tempo altro, diverso dal tempo occidentale. È proprio questa la bellezza e il dramma dell’umanità, l’incontro tra di tempi diversi nello stesso tempo. Dobbiamo fare tuttavia i conti con quest’afflizione, accettare queste le grandi differenze.
Il differenzialismo è una tematica fondamentale per capire. L’ordine storicistico di definizione di sé. L’Islam, per esempio, è diverso e spostato nel tempo. È proprio questa la bellezza e il dramma dell’umanità, l’incontro tra popoli diversi, in tempi diversi. Dobbiamo fare tuttavia i conti con quest’afflizione, accettare queste grandi differenze.

Differenze che la globalizzazione mira tuttavia a livellare…

Il progetto (il piano A del mondo) è in mano all’élite finanziaria del mondo, che fa sì che il conveniente divenga necessario all’umanità. Macron, per esempio, sembra fatto in vitro da un’ élite finanziaria. Se un leader costruito in vitro ( e penso al film “Manciuria candidate”) ha anche una memoria costruita in vitro, significa che l’umanesimo che si nasconde dietro la democrazia è stato vinto. Il mainstream politico distrugge ogni tipo di dialettica. Compito nostro è difendere la nostra dialettica. La civilizzazione si sedimenta in strati di idee, parole, convinzioni. Noi siamo quello che abbiamo vissuto. Siamo occidentali poiché abbiamo letto Omero le Sacre scritture, Dante e Shakespeare, parte fondante del nostro ancestrale vissuto antropologico. Sapere la frase di Byron “ma perché tutto questo sangue, per essere cantato?” è sapere di noi. L’idea del kate di on, della forza di una Bisanzio che resiste, è un progetto di futuro. La nostra destinazione è la responsabilità, è la nostra dignità etica e intellettuale.
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“L’uccisione del reale” di conto alla “vendetta dei fatti”. Quale esempi a proposito?
Le fake news, per esempio, contro i fatti reali. Abbiamo appena attraversato il 25 aprile e dimenticato l’8 settembre. Il 25 aprile di settandue anni fa sì che tutta l’Italia fascista divenne antifascista, il 25 aprile di oggi festeggia la menzogna che infranse la nostra dimensione cognitiva. Dobbiamo affidarci a quello che i tedeschi, loro che hanno umiliato l’intera umanità, hanno saputo fare meglio di noi: entrare nella memoria storica e guardare in faccia il dolore. La vendetta dei fatti è oggi un’Italia artificiosa, antifascista su una base di una indecenza morale.
Il 25 aprile è pertanto la festa della liberazione dei vincitori. Anche la cantata “Bella ciao” tradisce l’ambiguità di un’Italia intimamente ideologica. ”Una mattina mi son svegliato…”, e fino a ieri dov’eri?
I fatti dimostrano che noi stessi stiamo tradendo la nostra dimensione storica nel proporci agli altri come italiani, occorre pertanto, in materia di fatti, fare i conti con l’ambiguità che significa fare i conti con la storia, con la verità.
La resistenza oggi è quella della nostra cultura, il suo meglio è quello della nostra fattività, la gloria della nostra Ricostruzione post bellica, è il compito che ci sta aspettando di nuovo.

Discenti IASSP alla presenza dell’Ambasciatore Sergio Vento (primo a destra), Presidente Ivan Rizzi (al centro), Professor Davide Cadeddu (terzo da sinistra, seconda fila).

Intervista a cura di Chantal Fantuzzi