E’ venuto a mancare ieri l’alpinista svizzero di 41 anni Ueli Steck, mentre cercava di raggiungere il suo nuovo primato scalando l’Everest. Il suo corpo è stato trovato da una squadra di soccorritori sotto la parete ovest del Nuptse. Non ci sono notizie certe sulla dinamica dell’incidente ma l’ipotesi più accreditata, sostenuta anche da alcuni testimoni, è che Steck sia scivolato e caduto da un’altezza di mille metri. L’alpinista era da solo e probabilmente stava compiendo una rotazione di acclimatamento prima di intraprende la traversata Everest-Lhotse, mai realizzata prima e considerata la grande sfida dell’alpinismo.

Reso famoso dalla sua ascesa sulla parete sud dell’Annapurna nell’ottobre 2013, Ueli Steck era stato soprannominato Swiss Machine e aveva battuto numerosi record dimostrando di avere uno stile unico di ascensione in velocità che gli è valso il Piolet d’Or, un prestigioso premio degli scalatori d’alta quota. Le sue imprese erano talmente incredibili che hanno sollevato dei dubbi nel mondo dell’alpinismo in mancanza di prove come foto di vetta e tracce di gps. Ma Steck aveva dichiarato: “Basta che sappia io ciò che ho fatto”.

Dopo l’ennesima impresa qualche anno fa aveva ammesso: “Ho rischiato troppo, sono andato oltre il limite, non voglio che accada più”. Il grande alpinista è deceduto infatti durante una regolare salita di allenamento. Pochi giorni fa aveva scritto sulla sua pagina Facebook: “Amo tutto ciò, è un grande posto questo. Credo nell’acclimatazione attiva, è il modo più efficace per trascorrere le notti in quota”.