Da Opinione Liberale, per gentile concessione. L’articolo non impegna la Redazione. Ticinolive sostiene la linea del Comitato d’iniziativa, del quale l’Editore stesso è membro.

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L’insegnamento della civica, che sembrava sulla via di una soluzione di compromesso, ha subito un nuovo rallentamento per le nuove richieste degli iniziativisti. Sul tema vi proponiamo le considerazioni di Gilberto Bossi

Lunedì 24 aprile, la Commissione scolastica del Gran Consiglio ticinese è tornata ad occuparsi dell’introduzione della civica nelle scuole. Sembrava che tutti fossero d’accordo su come mettere in atto l’iniziativa popolare generica «Educhiamo i giovani alla cittadinanza (diritti e doveri)» riuscita nel 2013. Invece no: non è ancora stato trovato un accordo con i promotori (primo firmatario Alberto Siccardi).

La soluzione elaborata dalla Commissione prevedeva all’interno della materia «Storia» due ore al mese dedicate alla civica, con nota finale, a partire dalla scuole medie, una proposta che avrebbe consentito di non aumentare le ore di studio nella griglia scolastica e dunque nemmeno i costi. Qualche giorno fa, però, un nuovo rallentamento… (tanto per cambiare). Le prime avvisaglie, per la verità, si erano già manifestate nei giorni precedenti: basta leggere quanto pubblicato su alcuni quotidiani e su un domenicale (la Regione, 21 aprile, a firma di Paolo Ascierto; la Regione, 22 aprile, a firma di Alberto Siccardi; Corriere del Ticino, 22 aprile, a firma di Michelle Cappelletti; Il Mattino della domenica, 23 aprile, a firma di Iris Canonica).

Michele Guerra – portavoce della Commissione parlamentare – intervistato lunedì 24 aprile dalla RSI, nel corso della trasmissione Il Quotidiano, ha testualmente dichiarato: «… gli iniziativisi sono tornati alla carica rivendicando il diritto a poter avere una materia a sé stante anche all’interno del Liceo. Qualora noi dovessimo introdurre questa materia a sé stante, il rischio sarebbe quello di aumentare da una parte i costi e dall’altra le ore all’interno della griglia oraria. Di conseguenza, la commissione si prenderà dieci giorni per valutare tra la proposta unanime commissionale, che garantisce l’insegnamento della civica due ore al mese anche al Liceo, senza aumentare i costi e la griglia oraria, e la proposta degli iniziativisti che tutto sommato rischia di applicare l’iniziativa con un grado minore rispetto alla soluzione commissionale».

Diciamo subito che la problematica non è nuova (vedi interrogazione 13 ottobre 1997 da parte dell’allora deputato in Gran Consiglio Abbondio Adobati e relativa risposta del Consiglio di Stato del 26 gennaio 1999, e ancora l’iniziativa popolare dei Giovani liberali radicali della primavera 2000 che raccolse 11’252 firme). Non se ne fece nulla di concreto, seguendo una logica ai vari livelli scolastici… fino alla recente (per modo di dire) nuova iniziativa popolare, sottoscritta anche da chi scrive. Orbene, mi sembra che oggigiorno regni, quantomeno, una gran confusione. Spero, sinceramente, che non sia una questione «partitica»: sarebbe una pessima lezione di civica.

I motivi che mi hanno spinto a prendere la penna in mano sono essenzialmente due. Il primo è un riferimento a quanto sopraccitato: troppo spesso ho ascoltato o letto posizioni contrastanti relativi alla tematica, segno evidente di una certa confusione, sebbene parte integrante di dibattito liberale e democratico. Il secondo è la convinzione che manchi, da parte di molti parlamentari, la necessaria conoscenza di giudizio. Sono un ex docente di scuola elementare che in passato (anni Novanta e primi Duemila) ha sperimentato l’insegnamento della civica in quarta e quinta di scuola elementare, utilizzando come guida il testo «Il mio Comune – Primo incontro con la civica» del compianto Eros Ratti. Dico subito che la civica non dev’essere nozionismo-insegnamento (da insegnare, imprimere nella mente, nel caso specifico trasmette, comunicare delle conoscenze) fine a sé stesso, ma va integrata nelle diverse materie: storia, geografia, italiano, geometria, matematica…, dapprima come una sorte di gioco (serio, naturalmente) per poi arrivare a recepire spontaneamente il ruolo delle istituzioni e di tutto ciò che ruota attorno ad esse (le cosiddette conoscenze). Un processo, di conseguenza, di educazione, cioè «il complesso delle attività tendenti a sviluppare nell’uomo determinate facoltà intellettuali, attitudini e qualità morali…» (Vocabolario Zingarelli).

In considerazione di quanto sovraesposto, il mio è un sì convinto all’educazione e un no, altrettanto convinto, all’insegnamento di una materia a sé stante nella griglia oraria, men che meno di una valutazione (nota).

Gilberto Bossi, Caneggio