Come è già stato ampiamente scritto (ma repetita iuvant) le sorti dell’RFO sono appese a un filo sottile. Il Comitato cerca affannosamente di raccogliere le firme mancanti (e bisognerà anche vidimarle entro lunedì 29 maggio!).

Ticinolive – che sostiene senza riserve l’iniziativa – dà il suo modesto contributo riproponendo un lucido articolo di Lorenzo Quadri, che in certi casi non ha ragione ma in tanti altri ce l’ha.

Un fallimento – oggi concretamente possibile – sarebbe uno smacco enorme per il Megacomitato dei 36 (quadrato perfetto) e per la Destra. Perché, sia chiaro, questa è un’iniziativa di Destra.

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Manca poco, molto poco, allo scadere del termine di raccolta firme per l’iniziativa popolare costituzionale che chiede l’introduzione del referendum finanziario obbligatorio (RFO) anche in Ticino. Giovedì scorso una delegazione dei promotori ha consegnato alla cancelleria dello Stato le firme al momento a disposizione. Occorre dunque darsi da fare nei prossimi giorni, onde evitare di mancare l’obiettivo per poco.

Il RFO, che già esiste in 18 cantoni svizzeri, quindi non si tratta di scoprire l’acqua calda, permette ai cittadini di disporre di un controllo effettivo sulla spesa pubblica. In sostanza, ogni nuova spesa importante, al di sopra di un dato limite – l’iniziativa al proposito è formulata in modo volutamente generico – dovrà essere sottoposta al voto popolare. Questo non significherà tuttavia un proliferare degli appuntamenti con le urne: le votazioni si terranno infatti in concomitanza con le date già fissate per le consultazioni federali. Come detto: il RFO è già realtà nella stragrande maggioranza dei Cantoni svizzeri. I quali, ma guarda un po’, hanno le finanze messe meglio delle nostre. Quindi non si tratta di fare salti nel buio o di inventarsi cose nuove che non esistono da nessuna parte, ma solo di introdurre, anche da noi, una “buona pratica” consolidata.

Tema ostico
A livello divulgativo, tuttavia, il tema appare “tecnico” e arido. Dunque poco sexy. Ciò che aumenta la difficoltà nella raccolta delle sottoscrizioni. E rafforza implicitamente la bontà della proposta. Infatti ricorrere al referendum facoltativo per sottoporre al voto popolare ogni spesa pubblica importante è un’operazione proibitiva. Specie con l’avvento del voto per corrispondenza, che ha fatto crollare l’affluenza ai seggi e dunque la possibilità di raccogliere firme di cittadini aventi diritto di voto nel comune: ogni medaglia ha il suo rovescio.

Ostilità facile da spiegare
Il RFO è osteggiato dalla partitocrazia, la quale ha già affossato nel febbraio 2015 in Gran Consiglio un’iniziativa parlamentare in questo senso. L’ostilità della partitocrazia si spiega facilmente. Se introdotto, il RFO renderebbe assai più difficoltosa una politica che ormai non è neppure più quella del “tassa e spendi” bensì dello “spendi e tassa”. Ovvero: prima lo Stato elargisce a piene mani i soldi pubblici e poi, quando si accorge di trovarsi nelle ristrettezze, mette le mani nelle tasche del contribuente con aggravi fiscali e nuovi balzelli. Oppure con lo sciagurato moltiplicatore cantonale con freno all’indebitamento: ovvero il giocattolo inventato dalla $inistra ed introdotto dall’ex ministra PLR del “margine di manovra nullo” Laura Sadis che serve ad aumentare automaticamente le imposte.

Il Sì a tutto
Da decenni in questo sempre meno ridente Cantone si parla di contenimento della spesa pubblica, che invece continua a galoppare fuori controllo. Perché galoppa? Perché per i partiti ed i politici smaniosi di mantenere poltrone e cadreghini è molto più facile assecondare le varie richieste – e quindi spendere sempre di più – piuttosto che respingerle. Dire di sì è sempre più semplice ed appagante che dire di no. Specie quando a chiedere è qualche lobby potente. Di quelle che “spostano i voti” alle elezioni.

Per concretizzare
Un esempio concreto: lo sperpero di 3.5 milioni di Fr per Expo2015 è stato sventato solo grazie al referendum lanciato dalla Lega. Ma non si può pretendere da chi sostiene il rigore nell’utilizzo dei soldi del contribuente il lancio di un referendum contro ogni grossa spesa ingiustificata. Tanto più che oggi c’è un solo modo per far riuscire le iniziative popolari ed i referendum: ossia pagare chi raccoglie le firme. Ricorrere ai diritti popolari comporta dei costi importanti. Il problema non riguarda la $inistra: essa può contare sui suoi sindacati che mandano i loro dipendenti a raccogliere le firme invece che a lavorare. Altro esempio: da uno studio confidenziale che il PPD ha commissionato al politologo Oscar Mazzoleni sul proprio declino è emersa la seguente indicazione: il partito perde consensi perché non è più in grado di promettere posti di lavoro pubblici in cambio di voti. Questo non vale solo per il PPD. I partiti storici hanno gonfiato l’amministrazione pubblica come una rana per piazzare i propri galoppini con parentado annesso. Ciò ha conseguenze pesanti per la spesa cantonale. Stesso discorso per i mandati agli amici degli amici. E per le opere pubbliche faraoniche a vantaggio di pochi ma a spese di tutti. L’elenco potrebbe continuare.

“Merende” più difficili
Ecco perché i partiti storici stanno facendo di tutto e di più per boicottare il RFO. Perché toglierebbe margine di manovra a tristi e costosi giochetti clientelari in cambio di voti alle elezioni. Ed infatti la partitocrazia ha impartito l’ordine di marcia ai soldatini. Non è certo un caso se la stampa di regime, a partire dalla RSI, giovedì mattina ha snobbato alla grande la consegna delle firme del RFO.

E non è nemmeno un caso se le associazioni economiche, quelle che si riempiono la bocca con i risparmi nella spesa pubblica, adesso sono più mute di tombe: sono controllate dal PLR ferocemente contrario al RFO (lo affossò in parlamento due anni e qualche mese fa).

Questo ostracismo dimostra che il RFO romperebbe il giocattolino della partitocrazia: favori con i soldi del contribuente in cambio di schede alle elezioni. Per cui, avanti con le firme!

Lorenzo Quadri