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Perché la Germania sta adottando una politica così smaccatamente filo-immigrazionista (“I muri non risolvono i problemi dell’immigrazione”, ha detto ancora recentemente la Merkel durante la sua visita in Messico)? Ci sono una serie di calcoli utilitaristici più o meno miopi, certo, ma forse c’è di più. Per capirlo, bisogna leggere l’intervista rilasciata allo Zeit dal ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble. Secondo il deus ex machina della macchina economica tedesca, “i musulmani in Germania sono per noi un arricchimento della nostra pluralità. Guardi un po’ i turchi della terza generazione, soprattutto le donne! Questo è proprio un enorme potenziale di innovazione!”. Ma sin qui siamo ancora alla retorica stantia sull’immigrato come risorsa. Ci sarebbe molto da obiettare, ovviamente. È peraltro curiosa la confusione tra popolo e religione: sono le diverse etnie o le diverse religioni che “arricchiscono” la Germania?

C’è, però, un passaggio ulteriore. Dice ancora Schäuble: “L’isolamento è qualcosa che ci distruggerebbe, che ci farebbe degenerare nella consanguineità”. Il termine usato è Inzucht, che significa “endogamia”, “rapporti tra consanguinei”. Il che, rapportato a una nazione di 81 milioni di abitanti, sembra essere un timore a dir poco grottesco. Non si tratta di un paesino isolato che ha bisogno di “sangue nuovo”, ma del più numeroso popolo europeo. A meno che, in questo caso, il “sangue nuovo” non occorra per squisite ragioni ideologiche. Schäuble, in altre parole, vuole importare sempre più immigrati per dar luogo a un meticciato programmato, che “liberi” il popolo tedesco dalla sua residua identità e possa, umiliandone l’antropologia, acquietare l’eterno senso di colpa di quella nazione relativamente a tutto ciò che riguarda etnia, razza e cultura.

Giorgio Nigra