Luglio, 1789. L’estate a Parigi è torrida, e la calura sembra incendiare gli animi dei cittadini, già ribollenti d’odio. Il governatore della Bastiglia, marchese di Launay, è consapevole di trovarsi, assieme ai suoi 82 invalidi (=uomini della guarnigione) in una situazione assai pericolosa. Decide allora di chiamare rinforzi per sedare un eventuale ed assai probabile assalto.

Primo equivoco. Domenica 12 luglio re Luigi XVI ha deposto il ministro delle finanze Jacques Necker, per il suo ambiguo comportamento nei confronti dei sovversivi. Il popolo intende la destituzione come una minaccia nei suoi confronti. “Cittadini, non c’è tempo da perdere! La dimissione di Necker è l’avvisaglia di una nuova notte di san Bartolomeo dei patrioti!” asserisce Camille Desmoulins, l’avvocato giacobino.

Secondo equivoco. Launay ha paura, rafforza la fortezza, ponendo ferraglia sulle torri da gettare addosso agli eventuali assedianti, aprendo nuove feritoie, riparando ponti levatoi. Gli abitanti del quartiere Saint-Antoine fraintendono: il regno, pensano, si sta preparando ad un attacco contro il popolo.

Terzo equivoco. La mattina del 14 luglio i delegati del comitato permanente dell’Hôtel de la Ville entrano nella Bastiglia, per contrattare con Launay. Tra essi c’è Pierre Auguste Hulin, colui che ha marciato a capo della folla, incitandola ad assalire la fortezza, che sarà poi eletto sindaco di Parigi e diverrà generale di Bonaparte. Fuori la folla dei rivoluzionari s’ingrossa e si scalda. Non vedendo tornare subito i delegati, il popolo crede che siano stati tenuti in ostaggio. In realtà Launay accetta di far spostare i cannoni, ma l’operazione richiede tempo e il popolo, vedendoli muoversi, crede che si voglia sparare sulla folla.

da destra: (1) Il Marchese di Launay, comandante della Bastiglia, (2) raffigurazione della presa della fortezza (3) il marchese di Launay decapitato

Quarto equivoco. Forse il più grottesco. I generali dall’alto tentano di placare il popolo ormai inferocito, ma non potendo farsi sentire per il gran chiasso, fanno gesti col cappello. Il popolo lo intende come un invito ad entrare, ed assale i due ponti levatoi. Due uomini riescono a calarsi all’interno, spezzando le corde e creando via libera ai rivoluzionari inferociti, muniti di asce e picche.

Quinto equivoco. La guarnigione è costretta a far fuoco, il popolo grida al tradimento. Launay, dice la folla, ha tradito i delegati. Ormai l’assalto è stato dato, e una folla traboccante d’odio non la ferma più nessuno.

I difensori della Bastiglia vengono arrestati e condotti sotto scorta all’Hotel de la Ville. Hulin tenta invano di difendere Launay, ma il popolo è assetato di sangue. La folla assale i prigionieri, prende Launay e lo massacra. Crivellato di colpi di spada e baionetta, viene finito con un colpo di pistola. La testa gli viene recisa con un coltellino, e, appesa a una picca, inaugura l’infinita processione di teste tagliate che caratterizzerà la Rivoluzione Francese. Altre teste, oltre a quelle del marchese, di guardie svizzere e di invalidi, sfileranno alla macabra processione serale. Il sangue nerobluastro ormai coagulato si confonderà con le coccarde tricolori dei rivoluzionari.

I presunti prigionieri politici racchiusi all’interno della Bastiglia si riveleranno essere solo sette, quattro falsari, due malati mentali (che saranno poi rinchiusi nuovamente in manicomio), un libertino. Nessuna traccia delle fantasiose torture cui i prigionieri sarebbero stati sottoposti.

Torture immaginarie, che saranno sfruttate dai giacobini per giustificare, in qualche modo, l’odio irrefrenabile del popolo.

La Bastiglia, presa, fu rasa al suolo, divenendo emblema del crollo di un regime, di un’epoca. Era stato il frutto delle circostanze, determinato dalla volontà di cercare le armi, di un susseguirsi di equivoci, di una folla capace solo di odiare, per poi creare un nuovo mondo, una nuova Europa. Come sostiene lo storico Winock, la presa Bastiglia fu un fatto piuttosto accidentale.

Quel che è certo è che inaugurò una stagione di quasi cinque anni di violenza.

Il pur “tribuno del popolo” Babeuf, scrivendo alla moglie, commenterà la scena del 23luglio, tanto simile a quella di pochi giorni prima, con altre teste di generali issate sulle picche. “Tutto ciò, mia povera moglie, avrà un terribile seguito. Non siamo che agli inizi.”

Chantal Fantuzzi