Che cosa NON è Paolo Camillo? Paolo Camillo non è breve. Inoltre: Paolo Camillo NON è facilmente infinocchiabile. Leggete qui sotto (ma non mollate!)

Una nostra attenta ed autorevole lettrice mi ha scritto: “I pezzi di Ticinolive sono troppo lunghi!” I miei articoli, a dire il vero, in generale no. Talvolta non arrivo a 10 righe.

Celio (breve), Minotti (diluviale). Ticket no, ticket sì. De Maria (tanto per distinguersi) pensa che il ticket non sia la cosa più importante del mondo. Essenziale è che non si elegga qualcuno contro il volere della maggioranza dei Ticinesi, per esaltare un preteso “orgoglio cantonale”. Sarebbe come spararsi in un piede.

Far felice Levrat? Ma che vada al diavolo! (come ha ben detto, in modo più sfumato, il presidente Caprara).

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Mi permetto di intervenire nella discussione sulla candidatura ticinese alla successione di Didier Burkhaltèr in Consiglio federale, per contraddire garbatamente quanto asserito dall’amico Franco Celio nel suo recente intervento su questo portale. Ma rispondere a Franco è solo un pretesto per dire alcune cose che mi ruzzano nella testa da qualche settimana, da quando cioè Didier Burkhaltèr ha annunciato le dimissioni. Secondo me, da parecchie parti sono state dette delle inesattezze, sono state fatte delle illazioni non dimostrate e – ma questo in politica è quasi inevitabile – sono state esternate molte dichiarazioni ipocrite, il cui scopo non era di esprimere il pensiero dell’interessato, ma di nasconderlo.

Partiamo dall’inizio e facciamo una premessa: per il sottoscritto un candidato ticinese non è auspicabile “a qualsiasi prezzo”, ovvero non qualsiasi ticinese va bene per farci contenti. Un ticinese di cui non condividessi in buona parte le opinioni politiche di fondo (sottolineo a scanso di equivoci: le opinioni politiche fondamentali, poco importa l’appartenenza partitica), non ne auspicherei l’elezione in Consiglio federale. Un ticinese (o una ticinese) che giocasse contro l’interesse dei ticinesi, e che si fosse distinto/a per “remare contro” gli orientamenti della maggioranza del popolo ticinese (vedi: dumping salariale dei frontalieri, in genere rapporti con l’Italia, applicazione dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa, ecc.), personalmente non sapremmo che farcene di averlo/a su uno degli scranni dei presunti “sette saggi” (o “sette bambéla” secondo la un po’ irrispettosa dizione del “Mattino”)! Un ticinese (o una ticinese) che già come consigliere di Stato avesse fatto pervicacemente “resistenza passiva” contro provvedimenti voluti dalla maggioranza della popolazione ticinese, o che magari avesse tramato con il Seco per mettere alla berlina le rivendicazioni ticinesi; un ticinese (o una ticinese) che un giorno sì e l’altro pure non mancasse mai di ripetere come sia stato sciocco il popolo svizzero (e soprattutto a grande maggioranza quello ticinese) a votare a favore dell’iniziativa del 9 febbraio e di “Prima i nostri” e di come siano stati avventati il CdS e il Gran Consiglio a emettere misure come il blocco dei ristorni o la richiesta del casellario giudiziario per i richiedenti lavoro frontalieri, ebbene, tale candidato o candidata ticinese per conto mio non entrerebbe in linea di conto per nessun motivo. Perché? Ma perché l’elezione in C.F. di un rappresentante non in sintonia con il parere prevalente nel nostro Cantone, sarebbe altamente inopportuna. Quando mai un cittadino che abbisogna di un avvocato si rivolge per la sua causa al proprio nemico, a colui con il quale magari si è scontrato spesso nel passato per vicissitudini personali e del quale è francamente in disaccordo su quasi tutto?? Un cittadino privato non lo farebbe mai, quand’anche il rappresentante in questione fosse indiscutibilmente preparato. E perché quindi lo dovrebbe fare un popolo (o degli eletti) di un Cantone come il nostro, che deve sempre essere attento a far valere le sue peculiarità e le sue ragioni nel consesso confederato? Piuttosto di avere un rappresentante che non sia in “idem sentire” con la maggioranza del nostro Cantone, meglio avere – come dicono a Roma – un “Papa straniero”!

E con ciò penso indirettamente di avere risposto a tutte “le belle anime” (e agli ipocriti) che auspicano una candidatura femminile o un ticket Cassis-Sadis. Essi dicono “donna” ma pensano “europeista” e “gradita dalla sinistra e conciliante con la sinistra”. Detto questo, intendiamoci, non pretendiamo che il candidato PLR ticinese (dato che PLR deve essere nella fattispecie) sia stato tra i “supporters” dell’elezione di Blocher in Consiglio federale, che non abbia mai avuto nella sua biografia (neanche in gioventù) la “macchia” di essere stato pro-europeista, o che magari sia membro dell’Azione per una Svizzera neutrale e indipendente. Chiediamo che sia solo un candidato che difenda in primo luogo gli interessi svizzeri (e non quelli di Bruxelles), che abbia l’intelligenza e la “testa sulle spalle” e che sia provvisto di un sano pragmatismo e rispetto della volontà popolare tali da farlo capace di smussare le sue idee per adeguarsi occasionalmente a quelle della maggioranza del corpo elettorale. Ignazio Cassis e Christian Vitta, per stare ai nomi che più sono circolati, in tal senso potrebbero anche starci; Sadis come detto sopra assai meno, o niente affatto.

Un altro aspetto importante sono le competenze. Vogliamo un ticinese “coûte que coûte” pur di avere un ticinese (e capisco che avere un ticinese può sempre essere utile per cercare di portare avanti certi postulati regionali concreti, come – per dirne uno – la prosecuzione di AlpTransit verso sud: abbiamo ben visto tutti quale importanza ha
giocato il fatto di avere in C.F. la “quasi ticinese” Doris Leuthard per fare andare in porto il raddoppio del Gottardo autostradale…..)? O vogliamo il migliore ticinese possibile, il più preparato, il più intelligente e il più “ferrato” politicamente e amministrativamente, quella personalità che potrebbe dare veramente un contributo prezioso ed essere un “plus” per la Svizzera nel suo insieme? Nel primo caso la scelta può essere relativamente ampia, nel secondo caso si deve invece fare qualche riflessione più approfondita e rinfrescare la nostra memoria. Come ha detto Fulvio Pelli qualche settimana fa in un’intervista alla “Regione”: proviamo a passare in rassegna i ticinesi che risiedono fuori Cantone e che avrebbero le qualifiche del caso…..E allora un nome dovrebbe essere considerato: quello di Mauro Dell’Ambrogio, che sicuramente sarebbe il più preparato e polivalente (polivalente nel senso che oltre alla conoscenza e alla pratica della politica, ha pure una conoscenza approfondita della macchina amministrativa e del funzionamento concreto delle leggi, come tutti gli eccellenti alti funzionari). Mauro dell’Ambrogio – a Franco Celio che gli ha chiesto se non intendesse candidarsi – avrebbe risposto che reputa che il Parlamento federale non sia disposto in questo momento a eleggere in Governo un funzionario, accampando inoltre di stare ormai pensando al pensionamento….Che il parlamento non voglia un funzionario, può anche darsi, ma il parlamento in tal caso si sbaglierebbe! Considerare i funzionari un genere ed escluderli di principio sarebbe errato. Ci sono eccellenti e meno eccellenti funzionari.

A scanso di equivoci, la questione della competenza e della adeguata preparazione non si pone solo per i candidati ticinesi! La spiccata competenza dovrebbe essere la “conditio sine qua non” per essere eletto nel Governo svizzero, anche per le caratteristiche precipue della forma di governo elvetica. Nelle grandi nazioni del mondo, dove c’è un capo del partito di maggioranza e/o del governo o un presidente della repubblica eletto a suffragio universale che dirigono il Governo, tutto sommato è ininfluente che il ministro della Difesa o quello degli Esteri o quello della Giustizia o dell’Energia siano delle nullità; in Svizzera non è così: i consiglieri federali hanno da noi un potere enorme, un potere di fare del buono o un potere di fare danni (o anche un potere di non contare nulla per incapacità), e questo perché si tratta di un Governo collegiale, dove un ministro nonè responsabile solo del suo ministero, ma pure co-responsabile di tutte le decisioni del Governo, anche di quelle dei Dipartimenti dei suoi colleghi. Perciò sarebbe importante eleggere in Consiglio federale le persone più capaci e competenti, che uniscano al carisma politico anche il formato intellettuale e una preparazione e un’esperienza professionale al di sopra della norma. Ho detto “sarebbe importante eleggere….”, ma purtroppo come tutti sanno di solito non avviene. Per quali motivi? Non voglio iniziare questo discorso, perché altrimenti domani mattina il mio articolo non sarebbe ancora finito….Ci basti dire che, tanto per fare un esempio, pure il ministro che andiamo a sostituire non era un “fulmine di guerra” o un “genio della diplomazia”. Per arrivare alla sua altezza, tutti i candidati ticinesi ipotizzati finora (e anche quelli che non ce l’hanno fatta negli scorsi anni, di tutti i partiti – nessuno escluso -) sarebbero buoni. Ma noi vorremmo qualcosina di più…..

E veniamo a un aspetto tecnico-procedurale della/e candidatura/e ticinese/i. E rispondo alla tesi di Franco Celio (e di parecchi altri che hanno scritto sul tema) secondo cui la candidatura unica da parte del PLRT raffforzerebbe le chances di elezione del prescelto, mentre la presentazione di due o tre candidati indebolirebbe le possibilità di elezione di un ticinese. Secondo me ciò non è affatto vero. C’è anche un precedente storico che confuta questa illazione: quando nell’autunno 1966 (e non nel 1970 come scritto da P.F.Barchi su “LaRegione”) a seguito delle dimissioni del vodese Paul Chaudet venne eletto Nello Celio, il PLRT aveva presentato al partito nazionale ben tre candidati (Nello Celio, Ferruccio Bolla e Brenno Galli). Ciò non impedì appunto alla frazione PLR e all’Assemblea federale di eleggere Nello Celio, che era più conosciuto e apprezzato in Svizzera tedesca per vari motivi (E si noti che in quel momento restò in Governo un
solo Romando!).

Ma lasciamo pur stare questo precedente di più di 50 anni fa. Restiamo all’oggi: Le relativamente buone chances di Cassis non dipendono dal fatto di essere il candidato unico del PLRT o del Ticino (a parte chedi tutto il Ticino non lo è affatto, perché gli altri partiti ticinesi – e in specie i socialisti – hanno già criticato la scelta del candidato unico da parte del PLRT), ma dipendono dal fatto che è conosciuto a Palazzo federale dove opera da 10 anni e ultimamente come capogruppo. I parlamentari sono persone e come tali tendono a preferire uno di loro, uno che conoscono e che magari gli ha già fatto un sorriso o con cui occasionalmente si sono trovati d’accordo su questo o quel tema, eccetera. Sulle chances di Cassis il fatto di essere candidato unico del PLRT oppure solo uno dei due candidati, dovrebbe essere praticamente ininfluente. Se ha i numeri, ce la fa comunque. Se però i numeri non dovesse averli, per esempio per una campagna orchestrata contro di lui per via della sua vicinanza con le Casse Malati, il fatto di essere il solo candidato ticinese potrebbe avere come conseguenza che il Ticino dovrà aspettare il prossimo turno….

Se per contro il PLRT presentasse due candidati (o anche tre), questo paradossalmente potrebbe rafforzare le chances di elezione di unticinese. Perché, nel caso dovesse risultare che Cassis non ce la facesse, ci sarebbe un candidato di riserva. Sia nel caso che la frazione PLR avesse messo due ticinesi nel ticket (che sarebbe l’opzione preferibile per le chances di un ticinese), sia nel caso che avesse messo Cassis assieme a un romando. Non dimentichiamo infatti che la maggioranza dei parlamentari sono svizzero-tedeschi, e buona parte di essi, posti di fronte al dilemma tra un ticinese e un romando, potrebbero preferire un ticinese. E se non fosse Cassis in prima battuta, potrebbe anche benissimo venir ripescato un secondo ticinese, soprattutto se il romando nel ticket non avesse un profilo convincente. Questo però a una condizione: che il ticinese ripescato in seconda battuta abbia il gradimento della frazione PLR e del PLRT e quest’ultimo l’avesse già inserito nella rosa o nel ticket delle candidature preliminari provenienti dalle sezioni cantonali. Il suo nome dovrebbe cioè già essere circolato, altrimenti l’Assemblea federale non si arrischierebbe a eleggere un liberale di cui non si
sia certi che sia gradito alla sua frazione (e di cui la sua frazione non sia certa che sia gradito al partito cantonale di provenienza).

E adesso, per terminare, voglio togliermi un sassolino dalla scarpa. Ci sono tanti ipocriti, o come diciamo in Ticino, tanti “uregiàtt”, nel senso che questo termine ha ormai da molto tempo assunto, cioé non quello di aderente PPD ma quello di persona o politicante insincero e ipocrita. L’ipocrisia non è sempre necessariamente un “peccato mortale”, talvolta si è ipocriti solo per “rispetto umano” (nel senso che a questo termine dava la dottrina cattolica pre-Vaticano Secondo, un senso a scanso di equivoci negativo e non positivo come il lettore odierno impregnato di falso “politically correct” potrebbe essere indotto a pensare); per esempio perché non si osa dire in faccia a un amico o a un’amica che no, non la si vuole né la si può sostenere! E allora si inventano scuse: che il candidato deve essere unico per rafforzare le chances del Ticino (e siccome Cassis è il più conosciuto a Berna il candidato dev’esser lui), e che sennò si arrischia di far restare a piedi il Ticino ancora per un giro, e altre “bagole” di vario tipo…. buone per gli allocchi e i pesci-sole.

Paolo Camillo Minotti