“Molti di quelli che all’inizio criticavano Assad oggi pregano per lui. Affinché vinca, liberando la Siria dall’Isis. Costi quel che costi. Anche al prezzo di bombe sulle proprie case.”
Inizia così la presentazione del documentario di Luca Steinmann, giornalista per Stampa Esteri Milano, che ritornato da poco dalla Siria (e anche dalla Turchia, ma questa è (quasi) un’altra storia) portando al pubblico il documentario da lui stesso girato (la cui presentazione prevede anche altri tappe, lo presenterà la prossima settimana in Ungheria a Budapest), mostrando una realtà spesso ignota (e ignorata) dai più.

In trincea – Foto di Luca Steinmann

Racconta di crisi, di guerra, di morte. Ma soprattutto di voglia di rinascita, sacrifici in nome della libertà, vita.

qui il trailer del documentario di Luca Steinmann

Mostra Palmira, sfregiata dall’ISIS: possenti colonne spezzate a metà, imbrattate dalle scritte inneggianti allo stato islamico. L’anfiteatro, ancora vasto e imponente, con parti di scalini e colonnato infrante dalla furia degli integralisti. Poi il volto della cittadella, sconosciuto ai più, a coloro che pensano a Palmira unicamente come la rosa del deserto archeologica. Invece no, il tempo era trascorso anche lì, la modernità fioriva: case editrici s’alternavano ai supermercati. Oggi non sono che un grumolo di macerie dai vetri infranti.

Poi Damasco, “immaginate una città come Milano” dice “dove la gente si incontri in Piazza Duomo e continui la vita di sempre, mentre nei pressi di San Donato si senta il fragore delle bombe.” È incredibile come la vita resista, mentre la guerra persiste nel serpeggiare.
Le bandiere della Siria sono ovunque, sventolano, oppure sono dipinte su case, baracche e bidoni. Nero, bianco, rosso, e le due stelle verdi. Quasi a voler sottolineare che contro l’ISIS si resiste, ad oltranza.

Luca Steinmann con Davide Rossi, alla presentazione presso ISPEC

Ma anche quando tutto sarà finito, la gente continuerà ad aver paura. I focolai di resistenza dell’ISIS possono essere ovunque. Steinmann riporta la testimonianza di una ragazza cristiana “la vittoria della guerra non significa una ricucitura del sistema sociale. Anche nelle zone riconquistate c’è pericolo di attentati, come dimostra Damasco. I terroristi vogliono dimostrare che la pace e la tranquillità sono lontane, anche se vincerà il governo.”
Le persone, nel filmato, hanno lo sguardo intenso, velato dal dolore, eppure forte di resistenza. Le donne mostrano alla telecamera i loro bambini, alcuni piccolissimi, altri già grandicelli, che giocano a pallone. Alcuni, sono tristissimi. A neanche otto anni, hanno visto morire esplosi in un attentato dell’ISIS i loro coetanei.

Vicino ad Aleppo erano stati attirati con un altoparlante da un’auto che distribuiva loro caramelle. Una volta che i bambini avevano attorniato l’automobile, questa era esplosa.

Un ragazzo ha una gamba amputata. Militava nei ribelli anti Assad. Adesso è in un campo profughi di Jrshella, custodito proprio da Assad. È uno dei pochi uomini sopravvissuti, gli altri profughi sono tutte donne e bambini. È fuggito da Damasco, ed è protetto da colui contro cui aveva combattuto. “Tu sei stato perdonato dal governo” è la domanda che sorge (Steinmann riporta le parole della guida) “ma tu stesso potrai mai perdonare te stesso?”

CF