Nel 2002 vinse l’Oscar per l’interpretazione del protagonista de Il pianista di Roman Polanski. Aveva solo 29 anni. Versatile, poliedrico, enigmatico, a Adrien Brody Locarno70 ha consegnato ieri, 4 agosto, il Leopard Club Award 2017

Adrien Brody, Pardo70 (foto Corriere del Ticino)

Piazza Grande brilla, stelle nel cielo, riflettori in platea, una star sul red carpet. È Adrien Brody, che sale sul palco di Locarno70 con un aggraziato passo dinoccolato, con il suo volto enigmatico e magnetico (anche dal vivo) e la sua espressione intensa, triste, intrigante, che reca sempre in foto, lo accompagna anche sul red carpet. È naturale, ed è forse questa la sua peculiarità. Recita sì, ma più che altro fa del suo vivere una recitazione. O meglio, della recitazione un suo vivere.
Ed è forse proprio questa naturale versatilità ad averlo proiettato, già da giovanissimo, nel mondo del cinema internazionale.
Ha lavorato con registi come Francis Ford Coppola, Terence Malick, Woody Allen. “mi sento debitore nei confronti di ogni persona che mi ha dato la possibilità di crescere” dice “ho imparato così tanto.”
“è una strana sensazione” confessa al Pardo “ricevere un riconoscimento per un insieme di lavori e riflettere sul fatto che ho passato più di tre decenni a lavorare come attore.” Non ha paura del tempo che scorre veloce, che sul suo viso sembra tuttavia non passare. Ma ne è consapevole “quello che vedo più chiaramente, guardandomi indietro, è il percorso non rettilineo, ma che non finisce mai.”


Poi il ricordo di The Pianist. “lavorare con Roman è stato il percorso più impegnativo e gratificante che abbia vissuto da giovane.” E racconta come anche la disperazione sia un’arte, da apprendere, che lui è riuscito a coniugare all’arte, alla musica, estremo baluardo di vita nella tragedia dell’esistenza. “io stesso ho suonato il piano, e con la musica mi sono lasciato trasportare in un altro mondo, lontano dalle ingiurie della morte per fame. C’era così tanta storia, così tanta tragedia da onorare con fedeltà.”
CF