Concorso internazionale

DID YOU WONDER WHO FIRED THE GUN?, di Travis Wilkerson

Dal PardoCatalogo: Stati Uniti  ·  2017  ·  DCP  ·  Colore e bianco e nero  ·  90′  ·  v.o. inglese

« Alabama, 1946. S.E. Branch, un razzista del sud degli Stati Uniti, e il bisnonno del regista, Travis Wilkerson, uccisero Bill Spann, un nero. Dell’assassinio si bisbiglia nella tradizione familiare e Wilkerson decide di svelare il mistero, ma incontra molte resistenze, distruzione di prove, nessuno che voglia parlarne. Viene accusato di voler gettare la famiglia nella vergogna, rimestando vecchie storie che nessuno vuole più sentire. Ben presto anche la sua vita sarà in pericolo. »

Travis Wilkerson è quello che definiremmo « un genietto ». Stimolato e senz’altro influenzato nella sua vita da un episodio di razzismo del suo bisnonno, ha creato un film-documento che è una sintesi di qualità espressive, musiche del film comprese, eccellentissime. Dimenticate i docu-film  di Michael Moore, anche se il modo di costruire interviste, immagini e impressioni del regista- intervistatore potrebbero vagamente richiamare a quel regista. No, qui, è molto più intimo e personale, e completo. Intimità e personalità e completezza di saperi artistici che viene mostrata nella sua interezza, spartendola tranquillamente con gli spettatori, come fossero amici suoi. Un discorso, un documentario, una musica coinvolgente e rivelatrice di una maturità, sensibilità, passione di un regista bianco che sembra nero. Ma non dà giudizi sulla società attuale, sulla violenza della polizia verso i neri, sulla tutt’ora tendenza a categorizzarli quali cittadini di serie B. No, lui documenta con gli occhi del presente, il passato del bisnonno, gli anni, non molto lontani (circa una sessantina) nei quali, quasi sempre, l’uccisione di un nero o lo stupro di una donna nera, non avevano conseguenze legali. Se a farlo era un bianco. È bello ripercorrere con Mr. Travis Wilkerson, regista e autore, questa visione cruda e reale (seppur incredibile) su una società che stentava ad andare verso quella che, da Martin Luther King in avanti, sta finalmente analizzandosi e cerca di guarire da quella « pazzia » in bianco contro nero. E, spesso, guardando il film, immagino il regista come fosse anche lui un uomo nero. Una immedesimazione, un modo di condividere, di spartire, di esserlo. E, infatti, le reazioni alle sue domande, alla sua inchiesta, sembrano quelle dei bianchi verso una persona nera. Lui che è bianco, quando affronta desiderio di giustizia e verità per i neri, viene trattato da nero. Da gente bianca come lui.

Questo film-documento, se potete, non  perdetevelo.

 

Concorso internazionale,

LA TELENOVELA ERRANTE, di Raúl Ruiz, Valéria Sarmiento

Dal PardoCatalogo: Cile  ·  1990 / 2017  ·  DCP  ·  Colore  ·  80′  ·  v.o. spagnolo

«Il film è imperniato sul concetto di telenovela e strutturato sul presupposto che la realtà cilena non esiste, ma è un collage di soap. Ci sono quattro province audiovisive e si teme la guerra fra fazioni. I problemi politici ed economici sono immersi in una gelatina di fiction e divisi in episodi serali. L’intera realtà cilena è inquadrata dal punto di vista della telenovela, che fa da filtro rivelatore della realtà stessa». (Raúl Ruiz)

Era l’anno 1990 e il regista R. Ruiz invita alcuni esponenti di punta della scena culturale cilena per realizzare una produzione cinematografica e un workshop di interpretazione. E fu un insieme di tecnici, attori, giornalisti, scrittori e spettatori. Così, in 6 giorni di riprese nacque questo film. Che poi andò perso e ritrovato, praticamente intatto, dopo la morte del regista avvenuta nel 2011.

Così, 26 anni dopo essere stato girato, è sembrato imperativo completarlo e mostrare così questo visionario progetto che mantiene vivido il rapporto stretto con il contesto di quei tempi.

Un film fatto come se la realtà cilena non esista ma che sia formata da un insieme di recite di soap opere a puntate.

Ed è « destabilizzante » vederlo. Dialoghi e situazioni che appaiono fluidissimi e apparentemente formati da parole e avvenimenti usuali. Ma, invece, completamente e piacevomente inattesi, sorprendenti, destrutturati, decontestualizzati, imprevedibili, spesso esiliranti. Sempre in modo simpaticamente intelligente.

Imprevedibile, insolito, nuovo, originale, particolare, raro, singolare. Intelligente e sarcastico. Si, sono questi gli aggettivi per questo film. Da vedere perchè è anche bello.

Desio Rivera