Così visse Öetzi, l’uomo dei Ghiacci

Un film dalle fosche tinte preistoriche, e dalle riprese aeree mozzafiato, in cui il protagonista – un intenso Franco Nero, un capo villaggio il cui piccolo mondo viene distrutto dalla razzia di tre predatori, risale il percorso della sua personale rinascita, in cerca di vendetta.

Ogni scena richiama al mistero della vita e della morte, caverne di ghiaccio dalla quale uscire è come venire alla luce, cordoni ombelicali e corde di tessuto che salvano il morente dalla morte che comunque incombe, sempre e inesorabile.

Uno sposalizio tragicamente perfetto tra uomo e natura-madre, senza tralasciare un controverso complesso di Edipo con quest’ultima, poiché l’uomo sposa colei a cui è il figlio, colei che ha in potere di dargli la vita e di donargli la morte, colei che è capace di aprirsi improvvisamente sotto di lui, e spalancarsi in un cratere di ghiaccio, colei che è capace di donare una capra gravida che possa allattare un neonato.

La maternità si delinea a tratti leggeri e drammatici, dalla morte di parto della madre del neonato, all’adozione istintiva e impetuosa della moglie del capo villaggio (Susanne Wuest), alla dolce bramosia della figlia di un altro capo.

La morte si fonde con la maternità, la violenza con la dolcezza, e la natura, in bilico tra perdizione e salvezza, sia matrigna che madre, si staglia nella sua prorompente e terrificante possenza, accogliendo solo chi è in grado di integrarsi con essa.

La corsa del regista Felix Randau  è dinamica, veloce, potente: i temi toccati spaziano dalla religione, all’insicurezza m. odernissima e umana sulla protezione divina, all’ancestrale tensione tra gli uomini all’uccidersi tra loro, al desiderio di vendetta, al primo pensiero di risparmio e perdono. CF

Oetzi, trovato negli anni ’90. A lui si ispira la figura del protagonista di ICEMAN