L’attrice è vincitrice del Premio ISPEC Cultura & Cinema . Una carriera già notevolmente ricca, progetti impegnati e “cosmopolitismo interiore”, Chiara Lostaglio si racconta a Ticinolive.

Davide Rossi, presidente ISPEC consegna il premio a Chiara Lostaglio

 

Ha appena vinto il Premio ISPEC Cultura 2017, consegnatole nella cerimonia al Rivellino di Locarno, diretto da Arminio Sciolli, poiché le è stata riconosciuta “la consapevole scelta di lavori dal forte impegno sociale, civile e politico, tanto in campo teatrale, quanto cinematografico” ci parlerebbe nello specifico di questi lavori che l’hanno impegnata?

Chiara Lostaglio, attrice, vincitrice del premio ISPEC Cultura

I lavori dall’impegno sociale, civile e politico toccano tematiche quali l’emigrazione come nel film “Mineurs” di Fulvio Wetzl: la toccante storia di uomini del sud Italia costretti ad emigrare in Belgio per lavorare nelle miniere raccontata dal punto di vista dei bambini; la performance “Stranieri” che, partendo dalla relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione al Congresso Americano del 12 ottobre del 1912, ricorda come gli italiani erano accolti negli Stati Uniti di quegli anni tracciando un parallelismo con l’ immigrazione in Europa dei tempi moderni; lo spettacolo “Il sogno americano” inerente la storia di riscatto del lucano Mike Rienzi partito povero da ragazzo alla volta di New York dove riesce a diventare un noto imprenditore impegnato anche nella ricerca sanitaria. Ed ancora lavori cinematografici sul bullismo proiettati nelle scuole e sulla violenza contro le donne nel film “Stige” di Amila Aliani. Il mio costante impegno sociale civile e politico riguarda anche le diverse iniziative che promuovo con il CineClub V. De Sica – Cinit attraverso la divulgazione di opere cinematografiche nelle scuole e nelle carceri.

Cosa prova nel vincere questo premio ISPEC?
Per me è un grande onore aver ricevuto questo prestigioso Premio attribuitomi da un’istituzione importante qual è l’ISPEC, promosso dalla costanza e coerenza del suo direttore Davide Rossi. Premio che mi lascia approdare nella Svizzera verde dopo averla vista con gli occhi di Nino Manfredi nel capolavoro di Franco Brusati “Pane e cioccolata” con lo sguardo dei meridionali del mondo, ed oggi degli ultimi della terra, cui va la nostra solidarietà da artisti impegnati per un mondo migliore ed eguale. Ho dedicato questo riconoscimento a quanti lavorano nel sistema culturale ed artistico in modo silente ed indipendente, portando la cultura nelle diverse forme anche laddove essa è ai margini.

Il premio continua descrivendola come emblema di “quelle giovani culture mediterranee che nel dialogo tra le culture e nella costruzione di spazi condivisi riconoscono non solo una forza espressiva dirompente, ma anche il necessario territorio comune per l’edificazione di un domani solidale.” Cosa porta delle sue origini della Basilicata, nel mondo?
Porto l’umiltà e la forza di una terra antica connotata da secolari migrazioni che è aperta all’accoglienza e a nuove esperienze: Matera Capitale europea della Cultura nel 2019 ne è una prova; come artista e promotrice mi piace ricordare quanto citava Davide Rossi sul lavoro del CineClub “V. De Sica”: di aver portato la Basilicata alla Mostra del Cinema di Venezia e Venezia in Basilicata, mediante le numerose rassegne di cinema d’autore (ben ventitre) con la presenza di registi, attori e critici. Il mio lavoro ha notevolmente contribuito a portare nella nostra realtà autori ed opere alquanto sconosciute provenienti da realtà fino ad allora poco percepite, che ho a mia volta anche riversato nelle mie esperienze di attrice ed autrice.

Chiara Lostaglio, attrice

Immagino viaggi molto, come attrice, impegnata anche all’estero. Come compendia tradizione con cosmopolitismo?
Il mio cosmopolitismo è anche interiore: le conoscenze, gli interscambi mi portano ad un continuo confronto con realtà altre, e pertanto la mia formazione con la tradizione sono in continua simbiosi, e la forza sta proprio in questo: un filo conduttore di questa ricerca è l’aver segnato la mia terra, la sua antica emarginazione con la volontà di emancipazione tipica dei paesi in via di sviluppo.

Quali emozioni ricorderà del Locarno Festival?
Il Festival di Locarno è un appuntamento europeo ormai di risonanza mondiale, che cresce a vista d’occhio, anche alla luce della mia esperienza maturata in oltre venti presenze alla Mostra del Cinema di Venezia. Locarno mi ha coinvolto per la freschezza e la innovazione, quale specchio dei tempi moderni. Il maestoso schermo di Piazza Grande perpetua e rinvigorisce una magia condivisa che mi evoca il “Nuovo cinema paradiso”.

Ha iniziato la sua carriera praticamente da adolescente. Quali sono le tappe più significative del suo percorso?
Fin da adolescente mi sono appassionata di cinema e teatro, un amore viscerale ed irrefrenabile. Mi ritrovo perfettamente con le parole di Majakovskij: Il Cinema (che estendo anche al teatro) è quasi una concezione del mondo, sono portatori di movimento, audacia, diffusione di idee.
Da subito nasce in me la voglia di affrontare questa professione e a 12 anni frequento il mio primo corso di recitazione.
La mia prima esperienza cinematografica la devo a Fulvio Wetzl che mi ha scelta per il film “Mineurs”, con protagonista Franco Nero. Lo stesso Wetzl mi richiamerà per altri progetti, mentre sarà poi la regista Amila Aliani a volermi come protagonista nel film “Stige”. Importante il rapporto professionale con il compianto Vittorio Squillante, straordinario uomo di cinema e con intellettuali come Carmen De Stasio e la regista e scrittrice iraniana Maryam Rahimi. A teatro sottolineo la collaborazione con la regista Giusi Zaccagnigni e gli eventi culturali che ho curato in prima persona dove metto in scena performance teatrali nelle quali affronto anche temi sociali.


Si ritiene più attrice di cinema o di teatro? Quale dei due mondi preferisce?
Sono due mondi meravigliosi e diversi tra loro, che amo indistintamente. Chi sceglie di intraprendere questo mestiere solitamente non predilige l’uno all’altro. Io scelgo di lavorare in entrambi i campi prendendo parte a progetti che mi possano arricchire professionalmente e umanamente.

Qual è, a parer suo, la differenza scenica più significativa della scena cinematografica, rispetto al teatro?
Nel cinema ci sono molte interruzioni e lunghi momenti di pausa durante le riprese che, spesso, ti portano trepidazione e ti distraggono dall’emotività necessaria per la scena, poi bisogna stare attenti a tanti particolari come i limiti di spazio e a non caricare troppo, in realtà la preparazione prima del set sul personaggio dovrebbe far in modo di averlo interiorizzato a tal punto da viverti la storia che stai raccontando in modo assolutamente naturale come anche a teatro nel quale però c’è più libertà di movimento e gestualità e ovviamente la bellezza di poter condividere quell’esperienza in modo diretto con il pubblico.
Entrambi i linguaggi sono estremamente coinvolgenti, in generale per me la recitazione è un atto vitale di coraggio verso se stessi e di amore verso il pubblico. E’ un’esecuzione di estrema verità e dedizione. Mi ritrovo nelle parole di Tarkovskij: “il Cinema (come il teatro in questo caso) non è solo una professione, ma è una morale che rispetto, per rispettarmi”.

Ha progetti in campo teatrale o cinematografico, per il futuro?
Ci sono dei progetti indipendenti che mi auguro fortemente possano realizzarsi. Ed anche corsi di cinema nelle scuole dell’obbligo in Basilicata.

Intervista di Chantal Fantuzzi