Amore, matrimonio, adulterio. Viaggio nella storia del tabù della stabilità sessuale, oggi caduto in disuso

Arte perennat amor. Con l’arte si eterna l’amore. È il verso (III, 42) che meglio esplica l’emblematica ars amandi, tre libri in distici elegiaci sull’amore, a prima vista vere e proprie “istruzioni per l’uso” per corteggiare e far l’amore, sia per gli uomini che per le donne; a una seconda lettura più attenta, un’irreverente (ma con grazia) prima rivoluzione sociale: Ovidio nel (tradizionalista) principato augusteo, incita ad amare, senza disdegnare l’adulterio (di matrimoni spesso combinati), in nome della felicità. Quella del poeta è tuttavia solo una parentesi libertina, che spinge a valicare un tabù che resta comunque invalicabile, per la tradizione di cui è carco e secolarizzato.
L’unione amorosa-sessuale, divenuta stabile, funge a sua volta come tramite di stabilità per la società. Dal dì che nozze e tribunali ed are/ diero [=diedero] alle umane belve esser pietose, scriveva Foscolo (Sepolcri, 91-92), mentre individuava nei matrimoni, nella religione e nella giustizia i tre pilastri costituenti dello stato civile. Una triplice dialettica congiunta, in quanto l’uno correlato all’altro. La condizione scelta, unione coniugale o sacerdozio, parrebbe essersi secolarizzata come perpetua presentandosi, in caso contrario, come imperfetta.
Le Vergini Vestali
La condizione delle curatrici del Fuoco Sacro dello Stato, che doveva ardere in eterno (ancora una volta l’eternità) era quella di una verginità perpetua, mentre coloro che la trasgredivano, come racconta Tito Livio, venivano sepolte vive.
Nell’età regia (VIII – VI sec a C), tuttavia, gli archeologi presumono che la condizione della verginità delle Vestali fosse determinata dallo stato di poligamia del re-sacerdote, al contempo marito e sacerdote delle vergini sacerdotesse, che tali dovevano rimanere, per una dimensione spirituale e religiosa, oltre che politica.
Lucrezia
Condizione egualmente eternante per le spose romane, era invece quella della fedeltà. Come scrive sempre Livio, Lucrezia costretta ad accogliere nel proprio letto “le vestigia di un altro uomo”, si suicida agli occhi del marito Collatino, per rivendicare la propria fedeltà.
Nelle società ancestrali, il fuorviare dalla condizione scelta è sempre punito con la morte (la lapidazione nella Bibbia, la sepoltura da vivi, tortura anche quattrocentesca, nel mondo occidentale).
L’abbandono della propria condizione
L’abbandono della condizione scelta è sempre visto come qualcosa di negativo, specialmente se comporta un “degrado” spirituale. Nel Medioevo il convento era infatti la consuetudine per le vedove (Eleonora d’Aquitania, per esempio), ma ovviamente era impensabile il matrimonio per le monache. Vi sono due eccezioni: il caso storico-politico di Costanza d’Altavilla, che fu forzata a lasciare il convento poiché unica erede della dinastia di Svevia rimasta in vita capace di partorire un erede, il futuro Federico II e il caso storico ma con una sfumatura più leggendaria, di Piccarda Donati, forzata a uscire dal convento per sposare un facinoroso rampollo del Guelfi Neri, morta tuttavia prima di consumare le nozze.
La leggenda, accolta da Dante, fa dunque sì che Piccarda muoia prima di rompere definitivamente con quel suo proprio passato di monaca che tale sarebbe dovuto rimanere, ovvero la morte come pietosa conclusione giunta prima dell’abbandono della propria condizione, quest’ultimo visto, per l’appunto in chiave assolutamente negativa.
L’amore redime l’adulterio?
Raramente l’amore funge da redenzione per gli amanti adulteri. È il caso di Lancillotto e Ginevra, che tuttavia il ciclo bretone vuole rinneghino il matrimonio finale, per rispetto di Artù, lui divenendo eremita, lei monaca e di Tristano e Isotta, che Beroul vuole uniti, nella morte, da un roseto perpetuo. Se l’amore redime, sopraggiunge comunque la morte. È l’incapacità esistenziale dell’Eloisa di Rousseau e del Werther di Goethe.
Solo il Fato può rompere un tabù umano
Se il tabù è imposto dalla cupidigia umana, il Fato può romperlo. Ed in questo caso la fatale rottura è proficua. Amulio per non avere eredi costringe la nipote Rea Silva a divenire Vestale, ma il dio Marte la possiede ed ella genera Romolo e Remo, fondatori di Roma. Acrisio imprigiona la figlia Danae poiché non gli generi un nipote, che, secondo la predizione lo avrebbe ucciso, ma Zeus la raggiunge comunque sotto forma di pioggia dorata. E nasce il semidio Perseo.
L’amore (illecito) come rivendicazione
Per secoli l’amore furtivo è tuttavia stato visto come una riaffermazione di sé, come una rivendicazione del proprio essere, come un mezzo per riaffermare la propria esistenza. Ben lo rende Ovidio (Priamo e Tisbe nelle Metamorfosi), Shakespeare (Giulietta e Romeo ma anche l’amore incondizionato di Ofelia nell’Amleto), Alfieri (Il Filippo, nel quale Don Carlos e Isabella muoiono confessando al tiranno Filippo di amarsi), il ciclo bretone (Uther che accetta da Merlino di assumere le sembianze di Re Gorlois per giacere con la moglie di questi, Ygraine, e generare Artù). Storicamente, ben lo spiega il fenomeno delle innumerevoli donne che dal medioevo all’età moderna lasciavano tutto per seguire il proprio soldato in guerra e il frate-pittore nella Firenze di inizio XV secolo Filippo Lippi che, innamoratosene, rapì la monaca Lucrezia Buti che posava per lui come modella per la Madonna.
Si è secolarizzato generalmente l’amore illecito (che non necessariamente converge nella tragedia, pur talvolta termina nel lieto fine, e nel matrimonio) in quanto corrente divergente dai matrimoni, nella storia, generalmente combinati o che comunque non contemplavano l’amore.
L’unione come luogo di mistero, fiducia, inganno
L’unione sessuale diviene, nella storia e nella letteratura, un momento di svolta, in cui il tabù viene valicato in virtù della comprensione. Fiducia, che presto si trasforma in tragica fatalità (i danteschi Paolo e Francesca) indi in dannazione eterna; errore (Artù e la sorella Morgana, Edipo e la madre Giocasta) e inganno (Dalila e Sansone; Mirra e Ciniro (la quale sarà tuttavia resa da Alfieri “pura” morendo senza aver compiuto il fatto). In Erodoto, infine, (soprattutto il libro IV, il di ambientazione persiana) l’intimità è spesso uno stratagemma per inviare concubine-spie nei letti dei nemici, pronte a carpire informazioni). In esso dunque, svariati elementi (sia positivi che negativi) rendono tal momento un motore di svolta per la consequenzialità.
Che gusto c’è a varcare un confine in disuso?
Oggi tutto ciò non è più possibile.
Se Ovidio aveva invitato ad amare con passione ma con moderatezza (defuit ars vobis, vi mancò [l’arte di amare], dice con distacco agli amanti tragici (ars amandi III, 42) e aveva dato istruzioni su come sedurre l’oggetto del desiderio, tentando il tutto per tutto, in nome solo dell’amore, fine a stesso, oggi l’amore stesso e il piacere dei sensi non essendo più tabù sono stati depauperati del loro valore.
Il sesso infatti, oggi, non è più tabù (per la pornografia), né limite valoriale inteso come raggiungimento dell’amore (si è persa la dimensione filosofica della condivisione tra i due amanti), né, infine, una condizione: 1) sia in materia di tempo: i rapporti sono sempre più occasionali e non duraturi, 2) sia in materia di genere: il fluid gender ha rivoluzionato (estirpandolo) il concetto di identità sessuale e quindi di unione amorosa-sessuale come la sovra citata rivendicazione di sé. Si è persa la dialettica straussiana e, prima ancora pitagorica, delle identità di genere naturale e della fusione di esse. Si è persa, infine, la dialettica empedoclea dell’attrazione degli opposti vista come benefica unione e termine d’ordine.

L’abolizione del tabù sessuale e lo smarrimento
Il raggiungimento del sesso oggi è, specie tra i giovanissimi (ma non solo), un confine abolito. Pertanto non è più permesso valicare nulla, non c’è più gusto nella ricerca del valicare un tabù, ed il rischio, imposto dai media come regola d’oggigiorno (sorta dall’oggi al domani), è la fuorviante visione di un altro limite da valicare: quello del gender, spiegabile nell’inondazione (impensabile solo pochi anni fa) di film dalla conclusione lesbo-omosessuale che ci bombardano quotidianamente (Atomic Blonde, e Amori che non sanno stare al mondo sono i più freschi esempi di un cinema “di regime sociale”.)
L’abolizione di suddetto tabù non crea tuttavia né libertà né soddisfacimento, quanto, piuttosto, nelle nuove generazioni, (ma, ripeto, non solo) un senso di smarrimento.
Tale smarrimento è ben lontano da quello dal friedrichiano eroe romantico smarrito al cospetto della natura o dei marmi romani, poiché mentre quest’ultimo era un viatico per la meditazione di fronte alla grandezza del passato, questo non è che un mezzo per comprendere la pochezza del presente.

Chantal Fantuzzi