Pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso dell’Autore

Non so Non so quanti di coloro che mi leggono sappiano chi sia Guido Ceronetti.
Potrebbero comunque sempre consultare un’enciclopedia cartacea o, meglio ancora, entrare con internet in Wikipedia, dove troverebbero un sacco informazioni sul «nostro». Informazioni oltretutto complete e aggiornate sul: «Poeta, filosofo, scrittore, traduttore, giornalista e drammaturgo italiano». Anche se, conviene dirlo subito, Ceronetti non possiede un computer, e scrive per lo più ancora a mano. Così come non appartiene a qualsivoglia confraternita o parrocchia, e nemmeno ha mai fatto parte di qualche baronia universitaria, da vero spirito libero e indipendente; anche se a volte – ma solo forse apparentemente – contradditorio. Certo, l’uomo non è di facili commerci o di sottili sotterfugi, né tantomeno di addomesticamenti. Probabilmente anche per questo – pur avendo svolto anche lui a volte la parte del giullare, del burattinaio, o del suonatore di strada – non ha mai ricevuto il premio Nobel per il quale era stato a suo tempo candidato.

 

Comunque il prossimo 24 agosto Ceronetti compirà novant’anni; il che non credo – pur se viviamo nel 2017 – possa essere considerata per un essere umano ricorrenza di poco conto. So però anche, per conoscenza diretta dovuta a una pluriennale sincera e fraterna amicizia con quale mi onora e mi gratifica, che Guido non è uomo da mediatiche celebrazioni, né tantomeno persona che si entusiasma per festeggiamenti da anniversari di qualsiasi tipo. Ma tant’è, i miei auguri voglio qui farglieli lo stesso. Anche perché a questa veneranda età Ceronetti è arrivato con lucidissima e robustissima mente, pur se sovrastante un fragile corpo. («Il silenzio del corpo», 1979).
Il primo mio incontro con Ceronetti è avvenuto comunque attraverso la sua scrittura: «Viaggio in Italia» del 1983, e il suo completamento con «Albergo Italia del 1985, tutti e due pubblicati da Einaudi. Libri godibilissimi, e ancor oggi di grande, drammatica attualità: assolutamente da leggere.

Ceronetti è persona sobria (solo qualche goccio di buon vino a tavola) e frugalissima: mangia poco, poche cose, ma soprattutto niente carne. Per cui risulta (risultava) difficile, quelle rare volte che arrivava nel Ticino, averlo (in particolare per mia moglie) seppur graditissimo ospite, in casa a cena. Da qualche anno purtroppo la sua precaria salute non gli permette più di lasciare Cetona per venire a Lugano dove, presso l’Archivio Prezzolini, sono depositate tutte le sue carte.

L’ultima volta che ci siamo incontrati è stato in un caldo pomeriggio di fine luglio del 2012. Mi ha telefonato da Mendrisio dove trascorreva all’Albergo Milano un periodo di convalescenza dopo essere stato operato dal suo «carissimo amico» dottor Giorgio Noseda. Mi sono precipitato nel già «Magnifico Borgo». Era lì pronto che mi aspettava con impazienza. L’ho fatto entrare in macchina non senza qualche difficoltà, accompagnato dalla sua badante. Siamo saliti sulla «Montagna» per sfuggire un po’ alla calura del piano. Giunti a Besazio l’ho portato a Sant Antonino a osservare lo stupendo panorama che si gode da quel poggio in direzione della Pianura padana. Gli ho raccontato di quando da piccolo, dal balcone coi nonni, guardavo di notte «le stelle cadenti» dei bombardamenti su Milano. Per qualche minuto se n’è stato silenzioso alla frescura, seduto di sghembo su una panchina, anche lui contorto come la quercia che lo sovrastava. Ho approfittato poi per fargli fare una capatina nel piccolo contiguo «vecchio cimitero» dove, oltre ad alcune ottocentesche lapidi, la terra del «camposanto» conserva il DNA di alcuni miei antenati. («Sulle questioni ultime, bisogna soffrire e far soffrire con le parole» G.C.).

Ridiscendendo verso Mendrisio mi sono fermato alla «Vecchia Posta», la casa patrizia dei «miei» Galli. Sotto il portico che dà sul giardino c’era mia sorella con alcuni famigliari. Ci hanno fatto sedere e offerto qualcosa da bere. Mio cognato ha scattato alcune fotografie. Ma Ceronetti era inquieto. Poi ho capito. Non osava chiedere a mia sorella se aveva un paio d’«uova fresche del contadino». Annamaria è andata in cucina ed è ritornata con delle uova facendo, con questo piccolo regalo, la massima felicità di Guido. Le uova erano sicuramente fresche, ma nessuno ha avuto il coraggio di dirgli che a Besazio di contadini non ce ne sono più, e da diversi anni. Se poi vediamo quello che sta succedendo oggi a molte galline, e alle loro uova.

Mi accorgo solo ora di aver dimenticato di dire che Ceronetti è pure un profeta; anche se i profeti hanno purtroppo quasi sempre avuto vita dura. Ma non per questo, fortunatamente, pure corta. Auguri vivissimi, quindi, caro Guido.
Orio Galli