Iris Canonica e Alberto Siccardi

Intanto gli avversari sbeffeggiano le istituzioni e tentano, invano, di ironizzare

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Eccellente articolo della battagliera Iris Canonica, a quattro settimane esatte dal voto. Iris o non Iris, Alberto o non Alberto, Ghiro o non Ghiro, Francesco o non Francesco… è certo… che la lotta sarà durissima!

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Siamo in dirittura d’arrivo! Il prossimo 24 settembre, i cittadini ticinesi si esprimeranno finalmente sulla modifica di legge per introdurre e rafforzare l’insegnamento della Civica nelle scuole medie e in quelle medie superiori del nostro Cantone. Lanciata nel 2013, l’iniziativa popolare legislativa “Educhiamo i giovani alla cittadinanza” ha raccolto in 8 giorni più di 10’000 firme, a conferma di quanto la conoscenza delle nostre istituzioni e il funzionamento della nostra democrazia siano particolarmente sentiti nella popolazione. Per la verità, tutto ciò non dovrebbe stupire in un Paese a democrazia diretta o semidiretta, come il nostro, che gode di fondamentali diritti popolari, quali l’iniziativa e il referendum, praticamente un unicum nelle democrazie occidentali. Chiamato a determinare lo sviluppo del nostro futuro e delle nostre istituzioni, il cittadino che conosce ed è consapevole dei propri diritti e doveri è anche un cittadino più libero e per questo l’educazione alla cittadinanza rappresenta un tassello rilevante nelle formazione scolastica – e non solo – di tutti noi. “Sapere è potere”, diceva un noto filosofo qualche secolo fa.

Le manovre del DECS

In questi quattro anni, l’iter istituzionale di questa iniziativa ha incontrato diversi ostacoli e manovre di sbarramento che abbiamo già avuto modo di elencare nel dettaglio su queste colonne. A cominciare dall’irricevibilità paventata a suo tempo dal DECS (Dipartimento Educazione Cultura e Sport), un’ipotesi seccamente smentita da una perizia commissionata dal comitato promotore pro-Civica e in seguito anche dallo stesso Gran Consiglio, che ha invece facilmente avallato la ricevibilità dell’iniziativa. Per poi proseguire con un’artificiale e incomprensibile contrapposizione, indicata sempre dal DECS, fra l’insegnamento della Civica e quello dell’ipotetica e inesistente “storia delle religioni”, che comunque, come si può facilmente capire, con la Civica c’entra come i cavoli a merenda. Lasciamo anche perdere le stizzite reazioni di alcuni docenti (non di molti, fortunatamente), risentiti che qualcuno – cioè più di 10’000 cittadini – si sia permesso di occuparsi di scuola e di insegnamento, quasi fosseun delitto di lesa maestà!

Il compromesso

Approdato alla commissione scolastica del Gran Consiglio, l’esame dell’iniziativa, dopo lunghe discussioni, ha finalmente trovato nella primavera di quest’anno uno sbocco positivo, nel rapporto redatto da Michele Guerra, poi votato a larga maggioranza dal Parlamento, che propone una soluzione di compromesso sottoscrivibile e approvata dagli iniziativisti, anche se non pienamente conforme, per i limiti imposti da disposizioni federali, alle richieste iniziali. Anche per questa ragione, l’iniziativa non è stata ritirata, poiché è giusto che sia il cittadino ad esprimere la propria volontà. Ma soprattutto il ritiro è stato scartato perché il voto popolare rafforza e vincola maggiormente una richiesta e una modifica di legge che, se accettate, il Legislatore non potrà facilmente modificare, a dipendenza dell’aria che tira in Parlamento e degli interessi del momento, con la scusa, magari, che tanto l’iniziativa non è più in essere. Capita l’antifona?

Memori di quanto successe ai giovani liberali radicali, GLRT (che nel 2000 presentarono un’iniziativa popolare analoga alla nostra, poi ritirata sulla base anche delle promesse fatte dal dipartimento preposto), non vorremmo insomma – e lo dico come membro del comitato promotore – che la storia, non quella da insegnare, si ripetesse. Perché, purtroppo, l’inserimento dell’insegnamento della Civica in quello della storia non ha dato i frutti sperati, come confermato da molti e pure dall’ormai noto rapporto della SUPSI (Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana).

Il comitato contrario

Sulle critiche mosse dai nostri oppositori avrò semmai modo di esprimermi in futuro, ma una cosa voglio segnalare a chi mi legge. Per domani, lunedì 28 agosto, il comitato contrario alla modifica della legge sulla scuola, approvata dal Gran Consiglio e messa in votazione popolare, ha organizzato una conferenza stampa per spiegare le ragioni del NO alla “Legge Siccardi”. La mossa dei due docenti di storia (Massimo Chiaruttini e Maurizio Binaghi) che firmano la convocazione, chiamando una legge approvata dal Gran Consiglio con il nome del primo firmatario dell’iniziativa (che non siede in Parlamento e che quindi non ha partecipato alla stesura della proposta di legge), ha chiaramente diversi intenti. Di sicuro quello di sbeffeggiare le istituzioni (proprio la parte di coloro che sarebbero chiamati anche ad insegnarne i contenuti) e di fare della crassa ironia (ma costoro manco sanno cosa sia) contro chi ha prodotto la legge in votazione. Perché a questi signori dà così fastidio che un imprenditore di successo, non nato in Svizzera, ma che crede profondamente nel federalismo e nei diritti popolari elvetici, sia stato il principale promotore di un’iniziativa che ha trovato tanto consenso? E magari si riempiono pure la bocca di condanne del populismo… Per fortuna che al ginnasio e al liceo ho avuto docenti di storia di altro spessore, che di sicuro conoscevano il funzionamento e il valore delle istituzioni.

IRIS CANONICA